1. Acceso
2. Batticuore
3. Fuoco
4. Ponente
5. La bella stagione
6. Ancora di me
7. Lo stesso
8. Distanza
9. Capiscimi
10. Le prime stelle della sera
Passato e presente, scrittura e musica: quattro elementi essenziali che rappresentano tutto il mondo di Antonio Gramentieri, alias Don Antonio. È riduttivo chiamarlo cantautore: Antonio nasce chitarrista – suo il progetto Sacri Cuori – sfoga la sua urgenza narrativa nella scrittura e da qualche tempo canta, con uno stile personale e molto efficace. Al 2017 risale il suo unico lavoro solista. Lo ha messo a punto al termine di un uragano di collaborazioni consumate tra Italia (Nada e Pan del Diavolo), Stati Uniti (Marc Ribot), Australia (Hugo Race) e Centro America (Alejandro Escovado).
Ad aprile, il suo mese di nascita, arriva (in tutti i sensi) “La bella stagione”, un progetto che comprende un libro di racconti con annesso disco di cinque tracce e un full length che esce per Santeria/Audioglobe. I due lavori, cartaceo e sonoro, sono strettamente collegati tra loro perché, come ha detto l’autore in sede di presentazione, la necessità di scrivere è diventata canzone solo se la composizione lo ha deciso autonomamente. Altrimenti è mutata in racconto.
Don Antonio torna quindi sulla scena, in un momento per certi versi simile a quello vissuto quattro anni fa. C’è stato un periodo molto intenso, fatto soprattutto di una serie interminabile di live sessions ai quattro angoli della terra. Poi una lunga e forzata riflessione, dovuta stavolta alla solitudine che per tutto il mondo è stata l’elemento cardine del 2020. Con l’anno nuovo – e la fine dell’inverno – “La bella stagione” vuol dire discontinuità. Volendo rubare ancora una frase all’autore, “La bella stagione” mette addosso quella sensazione di rottura con il passato. Una rottura talmente netta che impone a Don Antonio di scrivere e cantare per la prima volta un disco interamente in italiano. Ed eccolo qua il significato intrinseco del progetto nella sua interezza: ricordare il passato e rendersi conto di quanto influenzi il presente.
Se con il libro si vivono in prima fila i ricordi dei recenti concerti, con il disco si parte per un viaggio a tappe, che una alla volta tocca tutte le influenze e gli stili che hanno formato la carriera artistica di Garmentieri. Acceso e Ancora di me, tanto per cominciare, profumano di cantautorato antico, quello minimale e genuino dei primordi. A seguire, Batticuore è un mid-tempo che racconta il percorso parallelo seguito da un musicista e una ballerina. Dolce, intimo e avvolgente è invece il blues di Fuoco. Da un genere senza tempo a uno incastonato in un preciso periodo storico: è l’italo-disco anni ’80, che assume venature alla Garbo, ma meno cupe, in Ponente, viaggia su binari new wave in Lo stesso e si scioglie nel divertimento della sbarazzina Capiscimi.
Il salto in avanti è acronico con la title track, che sarebbe stato un pezzo perfetto per il Rino Gaetano anni ’90. Distanza, una dolce ballad, è forse il momento più ispirato del disco, che chiude con la lunga Le prime stelle della sera, un riuscito mix di blues, spoken words, pianoforte e archi.
“La bella stagione” è innanzitutto un disco ben confezionato. Le idee ci sono e sono messe in fila in modo ordinato e compatto. Poi non stanca come certa musica di oggi: non è urlato e nemmeno fa uso improprio di toni esasperati per attirare l’ascolto. Da ultimo, è tutto da scoprire, perché ermeticamente intimo. Ascoltando il disco, ciascuno può al tempo stesso cercare di interpretare gli stati d’animo presenti nel mondo di Don Antonio e dare un volto ai propri.