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Matthew E. White & Lonnie Holley – Broken Mirror: A Selfie Reflection

2021 - Spacebomb Records
jazz / worldbeat / experimental rock

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Tracklist

1. This Here Jungle Of Moderness/Composition 14
2. Broken Mirror (A Selfie Reflection)/Composition 9
3. I Cried Space Dust/Composition 12
4. I’m Not Tripping/Composition 8
5. Get Up! Come Walk With Me/Composition 7


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Due personaggi che potrebbero sembrare distanti l’uno dall’altro, uniscono le forze per quello che potrebbe diventare il disco dell’anno. Matthew E. White non ha nemmeno 40 anni e si è fatto una reputazione come esponente dell’indie americano; l’indie vero, per intenderci, quello che ha la propria etichetta discografica per i cui tipi, naturalmente, esce questa prova. Lonnie Holley, ha superato i 70 ed è cresciuto come artista plastico d’avanguardia, prima di arrivare, da meno di dieci anni alla musica.

La storia va che White ha presentato a Holley il lavoro fatto con la sua band; musica sorprendente un po’ retrò, un po’ futuristica, che incrocia il worldbeat dei Talking Heads, con la sperimentazione dei Can e il jazz rock di Miles Davis. Holley ha trovato le cose giuste da cantarci sopra e soprattutto il modo giusto di cantarle. This Here Jungle Of Moderness/Composition 14 da subito la cifra del disco con un ritmo nervoso: “Grande città tutto intorno a me” apre Holley tra gorgheggi e balbettii per cantare di “Questa giungla di modernità / Di progresso / Di tempi che cambiano”.

Broken Mirror: A Selfie Reflection parla, nemmeno troppo originalmente, di come passiamo il nostro tempo a guardarci in uno specchio rotto, ossia lo schermo del device da cui state leggendo questa recensione. Ma “il tuo computer non piangera’ per te”, ci folgora Holley e, per tenercelo bene a mente, possiamo anche comprare su Bandcamp un cappello con la frase. La title track avrebbe potuto comparire su qualche disco di David Byrne e Brian Eno, con quel groove possente che crea la cornice per tastiere kraut-rock e fusion. I Cried Space Dust/Composition 12 si svolge su un letto di percussioni frenetiche e le tastiere questa volta sono soul, mentre Holley gorgheggia parole come se la sua vita dipendesse da questo. I’m not Trippin/Composition 8 comincia come se fossero i robot dei Kraftwerk. “Ogni goccia della mia energia/ fa di me un uomo migliore” non è però un verso da robot ma di qualcuno che “talvolta fa cose solo per divertimento”; qualcuno che sente l’esigenza urgente di restare umano. “Digitalmente, Digitalmente, Digitalmente / Sarò il meglio che posso essere”; in un modo o nell’altro, l’artista non si arrende a una realtà ridotta nei confini di un device elettronico, chiusi in casa in un mondo pandemico.

Non scarseggia certo l’intensità a questi due meridionali (White dalla Virginia, Holley dall’Alabama). Alla fine, con Get Up! Come Walk with Me/Composition 7 sembrano volere abbassarla una tacca, con un inizio relativamente sommesso; ma il tessuto sonoro si va infittendo nel corso degli 8:43 per un finale gradualmente apoteotico e riflessivo.

In definitiva, “Broken Mirror: A Selfie Reflection” è un animale bastardo, frutto di tanti incroci. Cattura fin dal primo ascolto con quei suoi ritmi scombinati e ripetitivi, quel cantato pieno d’anima e quei suoni da spazio profondo e cresce in te ad ogni ascolto. Troppo presto per dire se hanno fatto il disco dell’anno. Sicuramente però, hanno fatto un disco che e’ destinato a durare nei nostri ascolti.

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