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Venus In Disgrace – Dancefloor Nostalgia

2021 - Lost Generation Records
darkwave / synth pop

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Tracklist

1. Hedda Gabler (feat. Gianluca Divirgilio)
2. Dim Light
3. White Desire
4. Watching Down The Spiral
5. Strasbourg 1518
6. The Wind Through The Arcades
7. Summer On A Solitary Beach (feat. Simone Salvatori, Francesco Conte)
8. Dancefloor Nostalgia
9. Delacroix (feat. Bez Yorke)
10. Where Glittery Reflections From A Disco-Ball Fade 


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Non accenna a fermarsi l’onda lunga del ritorno dei sacri/profani Eighties, un decennio del quale, fino a circa quattro lustri fa, si cercava di cancellare ogni traccia di passaggio dai propri stereo ma che oggi – e oserei dire finalmente e in alcuni casi felicemente – vengono presi ad esempio per nuove realtà.

I Venus In Disgrace non sono proprio newbie dato che la loro prima vampata finì incisa su cassetta sul finire del Secolo Breve, ma solo oggi, a ben ventidue anni da quell’anno, Fabio Babini e Max Varani si danno appuntamento su quello che potremmo definire il loro esordio discografico a tutti gli effetti, e vanno a recuperare i loro ascolti datati Ottanta lavorandoli sapientemente fino a creare ciò che si può ascoltare su “Dancefloor Nostalgia”. Non che in Italia manchino i riferimenti a quella decade, anzi: Bluvertigo, Soerba, Klimt 1918 sono solo alcune delle band che non hanno mai fatto mistero di amare quello che altri tentavano di superare con fin troppa cocciutaggine. Il duo si unisce a questa nutrita schiera retrò e lo fa con una certa classe, condensando il proprio pensiero nel titolo.

La danza e i luoghi in ci si esprimeva in quel particolare linguaggio del corpo sono legati a doppio filo con le pulsazioni synth e a determinati ricordi. Battiato non aveva forse iniziato suonando nelle balere, prima di diventare il Maestro? Non cito a caso il leggendario compositore siciliano. Babini e Varani disseminano il disco di richiami alla Trilogia, in testa, ovviamente, la bellissima cover di Summer On A Solitary Beach (vale la pena ricordare che ad ottobre “La voce del padrone” fa quarant’anni), con Simone Salvatori e Francesco Conte degli Spiritual Front sugli scudi, voce e chitarra che intersecano la via sintetica, e quel “mare, mare, mare, voglio annegare, portami lontano a naufragare” diventa passo ancor più lugubre, come in un ballo amaro che riporta l’orologio fisso all’81. Altre briciole battiatesche si possono trovare in Strasbourg 1518, scheggia di piano che si trasforma in forsennato synthpop e nella linea vocale di Dim Light.

Tutto l’album si muove conturbante tra luci al neon e candele, sostenuto da ritmiche plastificate, in una sinfonia di melodie agrodolci (la title track su tutte), spazialità oscure dal lirismo vibrante e robotica (Delacroix), potenti tagli di lucore nero (Hedda Gabler) e momenti di liminale orrore al buio (Watching Down The Spiral), e infine confluisce in un mare di ricordi che non lasciano spazio per il futuro. Quando derivare non è un danno bensì un guadagno.

In poche parole: musica da ballare da soli al buio.

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