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“Out Of Step” dei Minor Threat, cosa vuol dire essere fuori dal coro

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“Out of Step” prende la forma di un rumoroso e aggressivo lampo che ci attraversa a velocità inaudita. Breve e intenso come un pugno nello stomaco, ha la grazia di farci sentire vivi rendendo reale la gelida possibilità che la nostra vita sia in bilico, ogni giorno, e che basterebbe un piccolo inciampo perché tutto evapori in una nuvola rossa.

È un insieme di cose: è il primo e unico album dei Minor Threat, è uno degli album hardcore più influenti mai pubblicati, è la continuazione di un lavoro politico/musicale ben preciso. È l’appropriazione di uno spazio libero, uno dei momenti fondanti del DIY, è punk per come Ian McKaye e soci intendevano fosse il punk a Washington D.C.. È l’espressione di sentimenti come l’angoscia, la frustrazione, ma anche il primo passo verso uno stile che sarebbe venuto alla luce definitivamente nei lavori delle band successive della Dischord Records. Ed è un selvaggio rumble in the (modern) jungle di ventidue minuti che mostra a tutti cosa sarebbe diventato l’hardcore punk al suo meglio.

Alla fine degli anni settanta, a Washington D.C., tra i molti interessi di Ian McKaye ci sono la musica e lo skateboarding. Il secondo lo approccia come una vera e propria disciplina dedicandocisi con anima e corpo. Fare musica lo attira, ma la città non ha una scena rock ed è troppo giovane per trasferirsi a New York come fanno le band in cerca di una possibilità. Prende tempo, ma quando il punk arriva ne viene travolto… con i dischi presi in prestito dalla sorella maggiore e dagli amici, i Bad Brains nelle orecchie e nei denti, si addentra in un nuovo universo, diventa punk e straight edge e fonda i The Teen Idles che a distanza di un anno, meno giovani solo di poco, usano i 600$ guadagnati con i concerti per creare la propria casa discografica e incidere un disco che documentasse quanto fatto. È il primo gradino di quello che verrà: i Minor Threat, ovvero Ian MacKaye alla voce, Jeff Nelson alla batteria (già The Teen Idles), Brian Baker al basso e Lyle Preslar alla chitarra. Al loro primo concerto, nel 1980, seguono i primi due 7 pollici e il loro primo album, quello che dimostrerà l’evoluzione della specie. Brian Baker passa alla seconda chitarra, mentre Steve Hansgen entra al basso: sono pronti per “Out of Step”.

Pur senza un suono distintivo come i Dead Kennedys e musicalmente meno originale dei Black Flag, “Out of Step” è un disco viscerale ed elettrizzante, esattamente oggi come il giorno in cui è stato pubblicato. Se le canzoni deiprimi due EP esplodevano fin dall’inizio tra ritmi vertiginosi, testi distorti e urla, con “Out Of Step” la band cresce sia dal punto di vista lirico sia da quello tecnico. In brani come Betray e Little Friend nonostante i riff potenti che si incuneano nelle nostre teste, notiamo una maggiore attenzione alle melodie e profondità musicale. Think Again (con un giro di basso di Steve Hansgen very groovy), Look Back and Laugh e Cashing In si spingono in un territorio ancora non esplorato, dai tempi (leggermente) più lenti. Cashing In, in particolare, è una sorta di prefigurazione del tipo di musica che più avanti avrebbero creato i Fugazi, oltre a essere interessante per lo spiccato (e insolito?) senso dell’umorismo, con un testo che racconta come la band si sarebbe arricchita con i soldi dei fan.

Gli altri brani sono più vicini al classico modello Minor Threat, veloci thrashers che i fan conoscono e amano; It Follows, Sob Story, No Reason, sono arrabbiati e senza fronzoli, pieni di frenetici tamburi e linee di basso che prendono lo stomaco. L’album contiene anche una nuova versione di Out Of Step che, diversamente da quella pubblicata nell’EP “In My Eyes”, presenta un bridge parlato che rende il messaggio più chiaro e aumenta l’intensità della canzone. Già, i testi… Sebbene in gran parte incomprensibili, le parole di MacKaye sono ciò che innalza il gruppo al di sopra degli altri. Come fosse un libro, il disco è composto da capitoli che raccontano di amicizie frustrate e di tribolazioni ansiose. Di situazioni nelle quali ci si trova in uno stato psicologico che provoca furia o angoscia, stato indotto da una cultura industriale e conformista. È uno choc che vuole risvegliarci la coscienza, rendendoci liberi e consapevoli delle nostre potenzialità.

“Out Of Step” è un momento importante perché dal momento della sua pubblicazione è una delle linee cardine lungo la quale si muoverà il genere. Ha il merito di cristallizzare al proprio interno una serie di intuizioni fondamentali, su tutte la libertà declinata in molteplici lezioni. Quella di espressione, quella economica, quella dell’autoaffermazione al di fuori di un percorso già segnato. Esiste per dimostrare che la musica non è l’insieme delle pratiche economiche che le ruotano intorno, ma un momento di condivisione tra chi suona e chi ascolta, la creazione di  un sistema unico nel quale una parte trasferisce significato all’altra.

Il disco può piacere o meno, per qualcuno sarà troppo breve per essere significativo, altri ancora lo idolatreranno come manifestazione magica di un dio pagano, ma quello che è importante mettere a fuoco è che è stato un profondo atto di coraggio da parte di un gruppo di giovani uomini. È il segno di voler essere disperatamente al di fuori dell’equazione, della necessità di fuggire dall’ordinario e dal precostituito. È la protesta di chi si sente costretto ad aderire a una griglia, è il grido vitale di chi prova soddisfazione dall’essere differenti: di essere fuori dal coro.

I Minor Threat si sciolsero nel 1983 a causa di disaccordi musicali, non prima però di aver influenzato in modo profondo non solo la successiva generazione di band straight edge, ma tutto il genere hardcore odierno. Ian MacKaye, assurto a icona nella cultura punk/hardcore e del DIY, ha creato i Fugazi e ha continuato a gestire con successo la Dischord Records insieme a Jeff Nelson. Lyle Preslar ha suonato nei Samhain di Glenn Danzig e nei The Meatmen, il bassista Steve Hansgen è passato dai Government Issue, agli Youth Brigade mentre e Middle Aged Brigade, Brian Baker si è unito a Dag Nasty, Junkyard e Bad Religion. E noi siamo ancora tutti qui, persi nell’ebrezza di sentirci fuori dal gregge.

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