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Interviste

Musica e (tante) parole da “La bella stagione”: Intervista a Don Antonio

In occasione dell’uscita del nuovo album “La bella stagione” (clicca qui per la nostra recensione) abbiamo pensato di fare una chiacchierata con Antonio Gramentieri, alias Don Antonio, per saperne di più sulla genesi del suo nuovo lavoro.

Dalla musica strumentale a un intero album cantato in italiano, il passaggio obbligato è stato mettere la scrittura al centro del tuo mondo. Quale percorso hai fatto durante la composizione de “La bella stagione”?

Credo che il comune denominatore di tutto quello che ho fatto sia volere catturare uno stato d’animo, e restituirlo. Fino ad oggi la musica strumentale era stato un medium ideale per il tipo di sensazione che mi interessava esplorare, ovvero disegnare una sorta di folklore di un luogo geografico immaginario, sospeso nel tempo e nello spazio. Questa volta c’erano storie, ed erano le mie storie. Popolate di umani. Servivano anche le parole, e serviva metterci la faccia.

In questo percorso è inevitabile una menzione al libro omonimo. Al di là del genere e del fatto che parla delle tue esperienze live, in futuro potrebbe capitarti di scrivere ad esempio un romanzo?

Sono un buon lettore, ma la mia forma preferita è sempre stata il racconto breve. Credo che la sintesi, la forza di evocare senza dover descrivere nel dettaglio, sia la cosa che mi emoziona di più in tutte le forme d’arte.

Nada, Pan del Diavolo, Hugo Race, Marc Ribot, Alejandro Escovado… l’elemento in comune di decine di artisti sparsi per il globo è di aver collaborato con te. Con quale criterio scegli l’artista da affiancare?

Ribot l’ho chiamato io, perché è un artista che stimo moltissimo. Gli altri, che pure stimo, hanno chiamato me. Quindi hanno scelto loro, e credo abbiano cercato un’idea di suono e di visione di suono che prescindesse dall’essere un chitarrista dignitoso. Un guardare la musica da un angolo artistico e “visuale” prima ancora che sonoro. A me in generale piacciono molto le belle canzoni, semplici.

La bella stagione” è il tuo secondo disco solista. In termini di emozioni, sensazioni, pensieri, quali sono i punti di contatto e invece quali le differenze tra quattro anni fa e oggi?

Siamo in due mondi diversi, per tutti gli ovvi motivi. Ma a parte le contingenze, direi che Don Antonio-uno era ancora una esplorazione del mio folklore immaginario, che già stava comunque avvicinandosi a casa. Dopo dischi fatti a Los Angeles, in Australia, in Arizona, questo disco era in Sicilia. Poi arriva “La bella stagione” è decisamente un disco che ha la mia casa e la mia terra, il mio mondo, al centro esatto.

Secondo te, la bella stagione del 2021, a differenza di quella passata, può significare un punto di svolta rispetto al periodo che stiamo vivendo?

Credo che per eliminare le scorie nella testa delle persone e tutto il negativo che questo periodo ha portato a galla, servirà molto più tempo che per controllare un virus che, come tutti i virus della storia, fa il suo mestiere, e ci riporta a quello che siamo: uomini e donne mortali, sulla terra in prestito, appena per il tempo di un battito d’ali.

Sicuramente in questi mesi ti sarai imbattuto in qualche modo nel movimento dei “bauli in piazza”. Come ti poni rispetto a questa iniziativa e alle relative manifestazioni?

Non mi pongo. Ho evitato qualsiasi rivendicazione “di classe” o “di settore”. Reclamare sostegni per settori specifici divide, e sposta dal centro del problema. Il centro del problema è coniugare problemi specifici con diritti universali, fra cui quello al lavoro, o quello dell’educazione, sanciti dalla Costituzione, e che è folle e pericolosissimo sospendere a tempo indeterminato.

Nel disco è riconoscibile il tuo percorso musicale. C’è un genere o un movimento che ti contraddistingue maggiormente?

Sì. La musica bella.

Mi dici perché ti commuovi ogni volta che ascolti Keep On Moving di Dan Stuart?

Perché esprime con due parole la gloria e la dannazione di ritrovarsi sulla strada a suonare, ma ancora più in generale del fare una cosa poco produttiva e con poco costrutto, e pochissimo futuro, ma che è l’unica che ti sembra sensato fare.

In futuro vedremo un nuovo lavoro a nome Don Antonio?

Future is unwritten, tocca a noi scriverlo. Se avrò qualcosa da dire e qualcuno vorrà ascoltarlo, o leggerlo, spero proprio di sì.

E i Sacri Cuori? Quando torneranno?

Con quel gruppo di persone, mai. Abbiamo già dato il nostro meglio insieme, e non avrebbe senso dare meno del meglio. Come nome di progetto, visto che è esistito prima di qualsiasi formazione più o meno stabile, non lo escludo. Se un giorno mi sentissi meno di scrivere per Don Antonio e più per un gruppo, forse quelli sarebbero di nuovo Sacri Cuori.

In definitiva, la prima è andata (e pure bene). Non resta che tornare presto live, così la stagione tornerà bella per davvero…

Ci conto, grazie mille.

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