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Bachi Da Pietra – Reset

2021 - Garrincha
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Tracklist

1. Di che razza siamo noi
2. Umani o quasi
3. Bestemmio l’universo
4. Pesce veloce del Baltico
5. Fumo
6. Meriterete
7. Insect reset
8. Il rock è morto
9. Comincia adesso
10. Ciao Pubblico


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Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Credo che per tentare l’approccio ad un disco come “Reset” sia utile fare due cose: conoscere a grandi linee il percorso artistico dalla band e prendersi qualche secondo per osservare la copertina, che racconta più di quanto non sembri ad un primo sguardo disattento.

Qualche cenno storico necessario: l’ultima apparizione discografica dei Bachi da Pietra risale al 2015, anno in cui usciva “Necroide“.
Necroide” rappresentava allo stesso tempo il distillato più puro della cattiveria sonora dei Bachi e la chiusura di un cerchio, inaugurato dieci anni prima dalla pubblicazione di “Tornare nella terra“. Se si riesce a visualizzare graficamente il percorso dei Bachi da Pietra sarà più facile inquadrare il contesto amniotico di “Reset“, perché la discografia stessa si racconta, esteticamente e non. L’insetto è uscito dalla Terra evocando un blues tombale sussurrato, tremendo, sublime, gonfiando successivamente il petto in quel vortice di poesia blues metal chiamato “Quintale“.

Avendo la possibilità fantascientifica di osservare le varie fasi della metamorfosi, possiamo notare il cambiamento di corazza, i vari carapaci dell’insetto, entità bastarda e imprendibile, che cristallizza e concretizza le sue stesse spoglie sotto forma di album, come testimonianza del suo passaggio sulla terra, per evolvere e strisciare verso lidi sonori sempre imprevedibili. Si lascia il carapace vecchio per forgiare quello nuovo, diverso. Arrivando infine a “Necroide“, forse l’apice massimo della poetica della combo Succi/Dorella, si è chiuso un ciclo di trasformazione, sigillando il tutto con un disco volutamente iperbolico e geniale, uno di quei dischi che verranno celebrati sempre troppo tardi. Ok, ma ora?

Diamo uno sguardo alla copertina: il protagonista del disegno è al centro di una scena neutra, senza alcun dettaglio come appiglio, che trafigge se stesso. Il nome Bachi da Pietra troneggia sulla scena, come ad indicare il Reset, l’uccisione di se stessi, come occasione di rinascita ed ennesima incarnazione/configurazione sonora. I Bachi sono qui, sarà diverso, certamente. Ma non lo è ogni volta in fondo? L’ingresso in formazione di Marcello Batelli è sicuramente stato motivo di grande stimolo creativo, l’allargamento di lineup rappresenta un allargamento di orizzonte sonoro, perfettamente inserito nel contesto di una band che è sempre stata a due.
Le linee di basso si intrecciano con naturalezza (in un contesto rodato da tre lustri e con questa personalità non è cosa da poco) nelle dinamiche sonore dei Bachi, che da qui in poi saranno un trio e mai come in questa occasione saranno versatili ed eterogenei.

Già dalla prima traccia Di che razza siamo noi si viene rapiti dall’assalto cristallino con cui Succi ci aggredisce con domande retoriche al titanio, mostrando con fierezza il nuovo vestito del Baco, risorto ancora una volta dalle proprie ceneri. Il disco è stilisticamente ed emotivamente uno strano saliscendi, che parte con una botta noir blues (qualsiasi cosa voglia dire) portando la tensione al massimo con la sofferta Umani o quasi, brano in cui trionfa la sincerità, sempre dolorosa, di un Giovanni Succi mai così diretto e di uno scheletro ritmico estremamente calibrato per acuire la sensazione di rapimento teatrale.

L’esperienza del Succi narratore/cantautore viene fuori prepotente nel brano Bestemmio l’universo, che porta all’interno del disco anche quella goliardia un po’ beffarda che ghigna diabolica e sorniona. Il miracolo del disco, quello che divide le acque interne è sicuramente Meriterete, singolo già rilasciato in precedenza che si prende la responsabilità più grande: quella di incarnare il cambiamento e farne manifesto. Il brano è straordinariamente orecchiabile e testimonia più che mai la sapienza dei Bachi nel saper digerire, sintetizzare e dirigere le esperienze creative di tutti i componenti, per un brano che ti entra così violentemente in testa da essere preteso ad ogni concerto da qui all’eternità. Un inno beffardo alla farsa della storia, ma pur sempre un inno.

La seconda parte dell’album, aperta dalla tirata Insect Reset vira verso un rovescio della medaglia fumoso, diabolicamente sarcastico, nero. Per poi risorgere ancora con il colpo di genio di Ciao Pubblico, brano-spettro con rap allucinato e ossessionante rivolto verso il pubblico, virtuale e non.

Reset” è un album che mantiene quello che promette, è un disco che richiede tempo per essere assimilato, ma non così tanto. “Reset” è un disco che ripaga, alla grande, che regala quella strana soddisfazione old-fashioned che c’è nell’imparare una canzone a memoria. E le impari. Perché sono belle, ecco tutto. Ogni nuova uscita dei Bachi da Pietra è un grande evento, ma questa volta è speciale, la colonia si è allargata. Il virus del male non l’abbiamo ancora debellato, ma un “Reset” non capita tutti i giorni.

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