1. Isabella Z.M.
2. Adele B.
3. Vincenzo O.
4. Arcangelo L.
5. Carolina D.
6. Cristina M.
7. Concetta G.
8. Arturo A.
“La città del disordine. Storie di vita dal manicomio San Lazzaro” non è solo un album, va da sé. È un modo per rafforzare la memoria, in un mondo in cui l’anelito alla perfezione è prodromo dell’esclusione. Esclusione di tutto ciò che è considerato “diverso”. Esclusione di quel che non sta al passo con la velocità supersonica del tutto. Ricordare, invece, è importante.
Georgia Cantoni dei Musei Civici di Reggio Emilia, dei quali fa parte il Museo di Storia della Psichiatria, è curatrice del progetto, e pensa che Nicola Manzan sia perfetto per rendere le storie che hanno preso vita all’interno delle mura dell’ospedale psichiatrico San Lazzaro, storie comuni che comuni non sono, ricordi che, impressi sulle cartelle cliniche di ogni paziente, lasciano una traccia di come la psichiatria sia cresciuta ed evoluta, di come le persone si raffrontavano (e forse raffrontano ancor oggi) con un mondo ancora ampiamente sconosciuto.
Ogni persona è un mondo, ogni mondo ha la sua narrazione, ogni narrazione una patologia. Ogni patologia un suono. Ogni suono una realtà. Piano elettrico, organo, archi e synth si fondono in rapporto alle parole che, vergate da Chiara Bombardieri della Biblioteca scientifica Carlo Livi, si fanno immagini vivide. La paranoia persecutiva ed erotica di Isabella Z. M. si fa fuga e rapida incursione sacrale in una marcia nuziale innestata nello spazio, Arcangelo L., un commerciante di cappelli di Formigine dalla condotta morale non integerrima, passa da attimi blasfemi e violenti a deliri mistici, e qui l’impianto sacro dell’organo si fonde ad un piano violento e ansiogeno, carico di amarezza, la stessa che investe Arturo A., che dopo uno scherzo di cattivo gusto si appresta ad affrontare l’inferno dell’apatia e della demenza primitiva, gli archi pizzicati e dolci si piegano ben presto alle arie sbuffate dall’organo, come una morsa al cuore, una morsa che devasta nel rumore distruttivo ed elettrico che riveste la vicenda di Concetta G., 11 anni, la cui vita tra le mura degli ospedali è dura e impossibile, si fa suono dell’inconsapevolezza di un’esistenza dolorosa.
Completare l’ascolto dell’album è un atto dovuto ad un mondo che ignora esistenze ai margini, per smettere di farlo dobbiamo cominciare da qui. Che la musica sia un veicolo potente è fuor di dubbio. E allora suoniamo e ascoltiamo quello che il passato ha da raccontarci.