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Squid – Bright Green Field

2021 - Warp
math rock / post punk / kraut rock

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Tracklist

1. Resolution Square
2. G.S.K.
3. Narrator (feat. Martha Skye Murphy)
4. Boy Racers
5. Paddling
6. Documentary Filmmaker
7. 2010
8. The Flyover
9. Peel St.
10. Global Groove
11. Pamphlets


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Quella di quest’anno è proprio una “2021: Odissea nel math rock”. Il genere, delizia di fine Ottanta e Novanta ha un riflusso e torna, anzi, forse arriva per la prima volta sotto i riflettori – sempre ammesso che così si possano definire – e lo fa trascinato dall’hype scatenato dal fenomeno Black Country New Road, ad avviso di chi scrive esagerato e mal riposto data la natura di semi-cover band del gruppo in questione. Ma, come non di rado accade, c’è chi apre la strada e chi si infila nel pertugio creatosi e certe volte si può persino dire “per fortuna”. Mi è capitato di pensarlo con i Really From e ora anche con gli Squid.

Lasciamo la Boston del gruppo appena citato per tornare in Terra d’Albione, dunque, evidente epicentro di gran ritorno della musica non allineata, anche se ormai alternativo è un termine da buttare nello scarico, dato che il gusto generalista e quello sotterraneo vanno mischiandosi con grosso rammarico del sottoscritto. Qui, dalle parte di Brighton, il quintetto muove i primi passi nel 2016 e dopo una manciata di EP decide di lanciarsi nella bagarre e se di revival ormai viviamo, stiamo al gioco e vediamo che succede in ‘sta partita. Giusto dire che non ho preso parte all’entusiasmo creato negli ultimi due anni da Idles e Fontaines D.C, due gruppi che non sopporto proprio, e nemmeno dei Viagra Boys, quindi che a sentire il primo singolo degli Squid mi si siano drizzate le antenne è stata una sorpresa pure per me.

Nel loro essere ben cesellati i cinque portano in dote una dose di sguaiatezza e, in qualche misura, brutalità che mi fanno leccare i baffi, e tanto di questo sentimento è veicolato dalla voce del cantante/batterista Ollie Judge, che più di una volta si lascia portar via dalla voglia di sgolarsi e io ci metto un bel più. Aspettarsi che “Bright Green Field” non paghi un dazio cospicuo a gruppi come Gang Of Four, Karate, Codeine, This Heat e Wire sarebbe pretendere troppo, ma ascoltandolo non mi sono ritrovato a stopparlo per rimettere su i padri putativi, quindi altro più. Il suono perfezionato dal produttore Dan Carey è fin troppo sfavillante, ma ciò che il mercato richiede, il mercato ha, e questo è l’unico meno che piazzo da queste parti perché il disco è tutto tranne che vendibile o lineare, men che meno radiofonico.

Gli Squid non lesinano sulla follia, e ce ne mettono sonore dosi quando le tastiere di Arthur Leadbetter si fanno cosmico-kraute (Neu! citati come numi tutelari) e vanno a bruciare il sentiero di brani dal sapore post-punkeggiante fin classico, squadernando la narrazione, come l’assurda Boy Racers, lo sgangherato delirio costruito attorno a Pamphlets e Peel St., un vero pezzo da manicomio, che altro non sono che otto minuti di stilettate sghembe e grida a denti stretti in un crescendo folle, le vampate electro devoiane su cui nasce Paddling, ben oltre il limite del delirio, danzando sui contrappunti della chitarra suonata da Louis Borlase e Anton Pearson, che prima colpisce duro e poi surfeggia nello sciallo più idiosincrasico possibile, ma che fanno pure parecchio male quando sono chiamate a far detonare un brano inizialmente leggiadro e sognante come 2010, che in prima battuta pare uscito dagli incubi collaterali di un certo Greenwood, ma che non lesina sul dare pure dei sinceri pugni in faccia.

Anche da queste parti fanno capolino i fiati, immancabili in ogni lavoro la cui cifra sia questa, e così Laurie Nankivell si ritrova ad accompagnare, ottoni alla mano, qui il disagio atonale di Documentary Filmmaker in una discesa agrodolce, là dalle parti di G.S.K. a farsi sornioni danzatori di stomp ben calibrati fino alla disperata e tirata lamata math Global Groove.

A definirli eclettici gli si farebbe un torto, perché la ragnatela di suoni che intessono gli Squid è forse ben oltre l’eclettismo e basta, è frutto di un cortocircuito elettrico a dir poco enorme che fa esplodere il quadro ed ecco che senza un minimo di hype ci servono sul piatto un disco da pelo e contropelo.

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