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Sufjan Stevens – Convocations

2021 - Asthmatic Kitty
folk / ambient / elettronica

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Tracklist

1-10. Meditation I - X
11-20. Lamentation I - X
21-30. Revelation I - X
31-40. Celebration I - X
41-49. Incantation I - IX


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Chi è davvero Sufjan Stevens? E’ difficile dare una risposta a questa domanda senza articolare un discorso che rischia di diventare ridondante e non esaustivo. E’ inafferrabile, indefinibile, multiforme pur servendosi di strutture sonore incredibilmente semplici. Di sicuro, Sufjan è uno degli artisti più sorprendenti e influenti degli ultimi 20 anni, ma con una buona approssimazione statistica si può tranquillamente affermare che ipotetiche classifiche decennali includono ai primi posti almeno un suo disco per decennio.

L’esempio vivente – e non casuale – di queste affermazioni è “Carrie & Lowell”, che tutti abbiamo ancora nelle orecchie e che dopo diversi anni suona più giovane ad ogni ascolto. Lì Sufjan parlava alla sua mamma, morta proprio nel periodo in cui i due stavano provando a ricostruire un rapporto tormentato. “The Ascension”, uscito l’anno scorso, ha rappresentato il passaggio tra il racconto intimo e il parlare del mondo. Pochi giorni dopo l’uscita del disco, anche il suo padre biologico è venuto a mancare, un evento che ha dato l’ennesima spinta creativa al songwriter di Detroit.

Dopo pochi mesi di certosino e solitario lavoro, messo a punto come al solito nella sua (e del suo patrigno Lowell Brams) Asthmatic Kitty, vede la luce “Convocations”, l’unione dei due concetti – il personale e l’universale – espressi nei precedenti lavori. Non si risparmia Sufjan, non è da lui: quindi scrive una lunga messa da requiem per suo padre. Un rito che dura due ore e mezza, scandite da 49 tracce divise in 5 volumi.

Non c’è un lavoro di scrittura, scrematura e selezione delle tracce migliori. Non c’è la sostituzione di un suono con un altro che si incastra meglio in questo o quel contesto. Dopo un’attenta esplorazione emotiva, Sufjan apre il vaso di pandora e trasmette tutte le emozioni – sue ma comuni a tutti – vissute quando si affronta un lutto.

La perdita di una persona cara, di questi tempi, coincide con milioni di perdite ogni giorno nel mondo, un tragico teatro dove il genere umano è spettatore inerme: la vita di chi rimane porta con sé i tratti indelebili di cosa significhi sopravvivere a una pandemia, una lunga lotta che stiamo combattendo con tutti i mezzi a nostra disposizione. “Convocations” è perdita, dolore, mancanza, ma anche gioia nel ricordo e meraviglia per esserci ancora, nonostante tutto. In fondo, è questo il messaggio che Sufjan vuole dare all’umanità.

I 5 volumi rappresentano altrettanti cicli interiori, Sufjan richiama gli artisti che lo hanno ispirato facendo riferimenti ben precisi. C’è Morton Subotnick, il padre fondatore dell’elettronica moderna. C’è Marianne Amacher, capace di fornire esperienze totalizzanti attraverso la multimedialità. C’è Christian Fennesz, l’inventore della glitch music. C’è Wolfgang Voigt, che attraverso il progetto Gas ha spinto l’elettronica verso nuove frontiere. Infine c’è Brian Eno, il cui nome è sinonimo di ambient.

“Convocations” è un crescendo sequenziale di emozioni. Ogni ciclo è diviso in dieci brani, ad eccezione dell’ultimo che ne ha nove. Tutti i brani portano il titolo del ciclo e la numerazione romana incrementale. Si parte con l’introspezione di Meditation, che viene ribaltata nell’esternazione disperata di Lamentation. Con Revelation si cerca l’interazione, al termine della quale arriva Celebration, il momento della consapevolezza.

Anche se non in senso strettamente musicale, “Convocations” avvicina concettualmente Sufjan a due totem dell’indie americano moderno. Parlando di reazione a una perdita attraverso un racconto musicale, la mente non può che volare a Electro-Shock Blues di Eels. E parlando di un artista nato e cresciuto fuori dal circuito delle major e degli annessi sfavillanti happening, l’associazione logica porta subito a quel genio visionario che fu Daniel Johnston.

L’ultimo ciclo si intitola Incantation: è la fine del percorso, il trionfo della bellezza della vita che va oltre la perdita. L’incantesimo è osservare la terra con le sue molteplici forme, le distese d’acqua, il cielo che insieme è luce e oscurità, tutti elementi distintivi della carriera di Sufjan. Un Sufjan che parla di morte, ma che attraverso la sua musica lascia che tutto prenda vita.

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