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CHAI – WINK

2021 - Sub Pop
pop

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Tracklist

1. Donuts Mind If I Do
2. Maybe Chocolate Chips (feat. Ric Wilson)
3. ACTION
4. END
5. PING PONG! (feat. YMCK)
6. Nobody Knows We Are Fun
7. It's Vitamin C
8. IN PINK (feat. Mndsgn)
9. KARAAGE
8. Miracle
9. Wish Upon A Star
10. Salty


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La tentazione di riportare paro paro ciò che il collega Ienco disse in sede di recensione di “PUNK”, predecessore di questo nuovo album delle CHAI, è fortissima. Le quattro di Nagoya mettono anche me in serissima difficoltà, non solo, mi chiedo come non siano ancora diventate un fenomeno interplanetario devastante, nel vero senso dell’idea di fenomeno interplanetario devastante, quindi strafamose in ogni dannato Paese in giro per il globo. Qui siamo sempre timidi, per non dire ben poco curiosi, inchiavardati nel nostro pop, che al momento dell’uscita suona già vecchio di qualche anno e dopo qualche mese scompare nel nulla, ma torniamo in Giappone, e di filata.

Prima di farlo, però, facciamo un salto negli uffici della Sub Pop. Che Jonathan Poneman abbia fiuto per i fenomeni non è che storia nota, anzi, Storia nota, la maiuscola è doverosa. Sentendo i precedenti album della band deve aver visto lungo, e pure parecchio. Quindi le scrittura per “WINK”, e se pensate che il subpopsound avrebbe ampliato quella componente “punk” (anche qui le virgolette sono doverosissime) del suo precedessore state sbagliando di grosso. Le CHAI sono pronte a diventare un gigantesco kaiju pop, per piazzarci uno stereotipo tanto al chilo. Ienco vide nella cantante MANA l’anello di congiunzione ideale tra Yasuko Onuki e Pikachu, oggi al paragone con la cantante dei Melt Banana si sostituisce indubbiamente Maki Nomiya, voce dei Pizzicato Five. Ma gli elementi in comune con lo storico duo di Tokyo sono molti di più, che la semplice voce.

Il sound lo-figgiante che ibrida con la spinta squillante del resto è ingombrante su END, che al classico shibuya-kei frappone chilotoni di rap slabbrato. Fissazioni ad 8-bit finiscono fuse alla virulenta dance primi anni Zero che agghinda PING PONG!, rendendola hit distruttiva, capace di incollarsi nelle orecchie come se fosse esplosa una bomba di zucchero filato nella stanza. Ancor più catchy l’opener Donuts Mind If I Do, Wish Upon A Star (quasi canzoncina infantile senza quasi) e l’ipersensualità di Nobody Knows We Are Fun, che la band definisce “un mix divertito di fastidio e ribellione al fatto che i ragazzi non ci notano mentre cerchiamo di essere carine e sexy!” Autoironia e pop imbevute di disagio sociale tipico giapponese, e il gioco è fatto.

Il disco si srotola in “assenza” di strumenti tradizionali, nascosti in quello che pare un uso smodato di sample che sample non sono, in un turbine di sintetismi di classe, iperproduzione scintillante, coretti, voglia di girlband fine ’90 (IN PINK è imbarazzo a livelli massimi), pezzi panterati r’n’b, sinuosi e totalmente assurdi come KARAAGE e It’s Vitamin C superati a destra da funkazzeggio spudoratamente Ottanta, che investe nella saltellante Miracle.

Non mi stupirei affatto se “WINK” vendesse un milionedimiliardi di copie, se solo i dischi si vendessero come una volta. Chi lo dice adesso a St. Vincent che il disco pop dell’anno non è di certo il suo?

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