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Panopticon – …And Again Into The Light

2021 - Bindrune Recordings
black metal / folk

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Tracklist

1. ...And Again Into The Light
2. Dead Loons
3. Rope Burn Exit
4. A Snowless Winter
5. Moth Eaten Soul
6. As Golden Laughter Echoes
7. The Embers At Dawn
8. Know Hope


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Va detto subito: il mio amore indefesso per Panopticon e per i suoi lavori sempre al limite dei mondi lo devo al Pagano di Torino che mi convinse a comprare il suo debutto omonimo (che a latere della costina aveva stampigliato un bel “Anarcho-Pagan Black Metal”) una manciata d’anni fa. Chi sa, sa. Ma torniamo a noi, che nel marasma insensato di uscite che si abbatte sulle nostre teste webzinare di questi ultimi anni qualcosa si perde e a momenti anche “…And Again Into The Light”.

Gli album di Austin Lunn, nessuno escluso, su di me hanno lo stesso effetto dei libri di Offutt e Faulkner, una doccia di gelo dell’entroterra statunitense, che parla di quelle realtà oscure e liminali fatte di umanità abbandonata, disgusto per ciò che li circonda e al contempo amore infinito per la terra che calpestano, un legame inscindibile e forte come la pietra. Lunn ha giusto due anni più di me, e lo scopro leggendo le linear notes dell’album, ma con alle spalle un vissuto di tormento del quale si scusa confezionando un lavoro tra i suoi migliori, sebbene la materia lavorata sia la stessa sin da quel lontano 2008 in cui vide la luce la prima volta.

Il black metal di Panopticon è un’ascensore emotivo, in grado di mischiare melodie pagane fatte di archi avvolgenti e chitarre devastanti, trafitte da batterie oltremodo furiose. Il crescendo della sua discografia raggiunge qui apici di epicità intransigente, mordono il cuore, mischiando legno ed elettricità, sconfitta e rivalsa che si traducono in un’ordalia sentimentale che fa male. La coda di Rope Burn Exit, la title track e il suo folk degli Appalachi gelidamente caldo, le fibrillazioni post che accompagnano la straziante A Snowless Winter, Moth Eaten Soul col suo assalto frontale ultra black che si inchioda in un’aria mediorientale scoccata dagli archi, ma tanto metal e pesante da sembrare di fattura devintownsendiana e la rarefazione bluegrass della demolente The Embers At Dawn che sboccia in un fiore vocale che si stazione a metà strada tra Yorke e Rygg grazie anche all’intensità di Erik Moggridge sono parte del tutto, di un racconto di luce e abissi e rendono “…And Again Into The Light” l’ennesimo centro perfetto. L’arco di Lunn è evidentemente infallibile.

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