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Essere hard rock, radiofriendly e alternativi: “Purple” degli Stone Temple Pilots

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1994, il drammatico suicidio di Kurt Cobain sconvolge per sempre il mondo della musica. C’è un prima e c’è un dopo Kurt, si dice che il grunge stesso sia emerso e sia tornato nei suoi toni underground proprio in seguito alla fine dei Nirvana. Volendo dare credito o no a questa ipotesi, altri gruppi si sono avvicendati successivamente nell’ambiente, forse con storie e risultati diversi dalla grande stella cometa che furono il trio di Seattle, ma una nuova linfa vitale di artisti riuscì ad avvolgere il mondo del rock e l’attenzione del grande pubblico.

Il 7 giugno di quello stesso anno infatti, appena due mesi dopo quel fatidico 5 aprile, i novelli, ma già talentuosi, Stone Temple Pilots pubblicarono “Purple”, il seguito molto atteso di “Core”, l’album con il quale si erano presentati al mondo l’anno prima. Il fortunatissimo calcio d’inizio segnato dalla band aveva alimentato grandi elogi e, contestualmente, numerose critiche volte a screditare i cinque musicisti californiani; Scott Weiland (voce), Eric Kretz (batteria), Dean DeLeo (chitarra), Robert DeLeo (basso), i quali erano additati ed etichettati come cloni anonimi dell’emisfero grunge più vicino all’hard rock, Pearl Jam e Alice In Chains in testa.
In questo caso, a dispetto dell’idea romantica (sempre piacevolmente presente nell’idea di noi fruitori musicali) secondo la quale uno spirito anticonformista e costantemente ribelle guiderebbe la composizione dei nostri artisti preferiti alla vigilia dell’ennesima fatica discografica, possiamo considerare che il peso della critica, dell’elogio, delle vendite ma anche il bisogno di differenziarsi ha avuto un’enorme peso sulla direzione presa dalla band per il loro secondo album.

È con queste premesse infatti che il gruppo cercò di far convivere l’anima sperimentale di nuove canzoni, l’obiettivo di ritagliarsi un proprio spazio musicale, le loro origini grunge/hard rock e il bisogno commerciale di nuove hit con le quali scalare le classifiche mondiali. Facile? Per niente, ma il disco riuscì a vendere milioni di copie in tutto il mondo, anche grazie al supporto di grandi hit come Interstate Love Song, Vasoline e Big Empty. Un insieme di scelte commerciali ma, come accennavamo, anche di scelte azzardate, le quali risultano tutt’oggi molto convincenti; in Big Empty e Kitchenware & Candybars possiamo avvertire riferimenti al jazz e ad una psichedelia molto sessantottina, per non parlare della ballad folk Pretty Penny, vicina alle sonorità dei Led Zeppelin più acustici. Insomma, non solo grunge e hard rock anni ‘90.

Aggiungiamoci anche la produzione gestita da Brendan O’Brien, un professionista con ammirevoli esperienze passate alla produzione e al missaggio di album come “Blood Sugar Sex Magik” dei Red Hot Chili Peppers, “Get A Grip” degli Aerosmith e “Vs” dei Pearl Jam ed ecco un disco pienamente godibile, ancora oggi, a 27 anni dalla sua uscita, con un mix interessante di suoni sporchi, hit radiofriendly e citazioni a vari e lontani generi musicali. L’alternatività, tanto ricercata dalla band, sembra addirittura spiazzare alcuni brani più vicini alle origini come Unglued o Lounge Fly, i quali risultano brani godibili ma che non reggono il confronto o non sembrano non trovare posto tra le varie anime della tracklist.

Nonostante il successo ottenuto con “Purple” e gli altri episodi della loro carriera, quella degli Stone Temple Pilots non è stata sempre una storia semplicissima: nel 1999 si arrivò allo scioglimento e successivamente ad una reunion nel 2008 ma nel 2013 venne ufficializzato il licenziamento dello storico frontman Scott Weiland. Da lì la scelta di rimpiazzarlo nel 2015 con Chester Bennington dei Linkin Park. Verso la fine dell’anno Weiland venne ritrovato morto per overdose di alcool e droghe nel suo tour bus, sfumando qualsiasi possibilità di un’ulteriore reunion della formazione originale. La band nonostante tutto non si è fermata e, coraggiosamente, ha ritrovato in Jeff Gutt un nuovo frontman col quale ripartire ancora una volta.

Una lodevole carriera e un percorso inarrestabile, sono le storie come queste che fanno davvero la differenza.

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