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Back In Time

Affinché tutto accada di nuovo: “Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti” dei Raein compie 10 anni

Faremo esplodere il consenso in cielo
E lo guarderemo piovere diamanti in tutte le direzioni.

Lo ammetto, a riascoltarlo oggi, a dieci anni dalla sua uscita, “Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti” dei Raein non mi ha fatto lo stesso effetto autenticamente devastante che mi aveva fatto allora. Per un attimo mi sono perfino chiesto se forse lo avessi sopravvalutato all’epoca, ma no. Il motivo probabilmente è da ricercarsi nel fatto che sono cambiato io in primis, i miei ascolti e tutto quello che ci ruota attorno. O forse è per come vanno inevitabilmente le cose nell’Italia della musica quando una cosa funziona.

La giustificata esaltazione per un disco di molto sopra le righe e sopra la media si tramuta ben presto in una lunghissima e noiosa sequela di imitazioni che va via via scemando sia dal punto puramente numerico che, ahinoi, da quello qualitativo. Vi ricordate quando dopo l’uscita di “Dell’impero delle tenebre” de Il Teatro degli Orrori tutti in giro per l’Italia andavano scimmiottando il buon Capovilla? Ecco, una cosa del genere successe qui, quando i Raein se ne uscirono con questo disco in giro rifioccarono band che gridavano, si ricominciò a parlare addirittura di Scena, sembrava che lo screamo italiano fosse nuovamente pronto a tornare rilevante per l’intero panorama musicale italiano, facendo la voce grossa pure sui palcoscenici internazionali come era stato negli anni precedenti, grazie ai La Quiete, agli stessi Raein, The Death Of Anna Karina, Primadellapioggia e via dicendo.

Per un po’ ci abbiamo creduto tutti, d’altronde tra i tanti dischi che si sono susseguiti negli anni immediatamente a venire – per lo più esercizi di maniera, alcuni anche buoni – c’era davvero qualcosa di interessante, penso ai Distanti, agli Øjne, ai L’Amo e a pochi altri invero. L’incantesimo comunque si è spento ben presto, di quella Scena che in tanti rivedevano nei fatti non c’è stata manco l’ombra, forse piuttosto tutta una serie di amicizie e inimicizie più o meno localizzate che nel tempo si sono sciolte con la stessa velocità con cui si sono create, e oggi i pochi che resistono lo fanno con una tenacia e una passione invidiabili ma, credo, davvero con poche velleità.

Penso che in pochi all’epoca se ne fossero accorti, anzi nessuno. “Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti” non poteva certo essere il disco della rinascita, quanto piuttosto un colpo di coda, meraviglioso, deflagrante, coinvolgente, ma pur sempre un colpo di coda. D’altronde, come si poteva fare meglio di così? I Raein – perfino il loro successivo “Perpetuum” non ha lasciato il segno – erano riusciti a coniugare perfettamente due anime, una nervosa e istintiva e l’altra più riflessiva, in un disco che rifletteva tutta l’inquietudine del tempo e che regalava inni indimenticabili. Era un tour de force teso e drammatico in cui la band romagnola urlava tutto il proprio mondo e sprigionava un enorme e travolgente senso di libertà che in qualche modo all’epoca riusciva a suonare collettivo, universale.

Oggi, dicevo, i tempi sono cambiati e nonostante di album del genere ne abbiamo oggi forse ancora più bisogno rispetto a ieri, quella forza inarrestabile non arriva più così diretta e istantanea. Ascoltando “Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti“, però, l’immagine, ancora nitidissima, che mi si materializza davanti agli occhi è quella di un fascio di nervi che si tende inverosimilmente fino ad esplodere in un lampo accecante e irripetibile di splendore.

Affinché tutto accada di nuovo oltre che nulla vada perduto.

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