Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

La Mala Sementa – La Mala Sementa

2021 - Autoproduzione
folk / punk / noise

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Mujica e il resto scompare
2. Il mostro
3. Nessun amico se non il vino
4. Circo demonio
5. 30 febbraio
6. Il vagone
7. La mano de Dios
8. Il Porto di Rio
9. Sementa di guai / Solchi


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Dopo un anno e mezzo così non è affatto facile trovare nuovi spunti, nuove idee per scrivere un disco nuovo. Informarci. Ok, possiamo farlo tramite il web o i libri, ma nel punk serve andare ai concerti, vivere le esperienze, organizzare, tirarsi insieme.

La Mala Sementa è un gruppo musicale formato da gente che ha già suonato in gruppi come Laghetto, Marnero e Ulan Bator, gravita intorno a Bologna ed è riuscito nell’intento. Studiando, provando e riprovando come se fosse una band navigata: questa mezza dozzina di musicisti ha ideato un modo di suonare che possiamo definire “balera noise”, prendendo spunto dal canzoniere anarchico di inizio secolo, mischiandolo con una solida militanza rock e qualcosa di balcanico ed infine affrontando le tematiche odierne riguardanti la vita agra degli ultimi, degli esclusi e degli irriverenti. Vino, sigarette, unghie sporche, viaggi, militanza, fùtbol.

“Sementa” dà idea di terra, di vita, di odio. Verso Il mostro che impedisce di andare d’accordo e unirsi nella rivolta. Verso il lavoro, al quale preferiamo il vino. Nessun amico se non il vino è il manifesto politico di questo disco, che sembra la colonna sonora dei Wu Ming di “Asce di Guerra” o dell’Evangelisti di “Il sole dell’avvenire”. La Mala Sementa suona per l’opposizione, per la cultura e per la musica, creandola dal nulla, prendendo spunto dal proprio bagaglio culturale e dalle cose sulle quali scherzare è cosa dovuta. Ecco allora l’inizio con Mujica e il resto scompare, palese citazione dalla commercialissima corregionale Lamborghini, La Mano de Dios che ci parla, ovviamente, di Diego Armando Maradona mentre Il porto di Rio gioca sagacemente sulle contraddizioni della nostra pronuncia quando si tratta di blasfemità.

Si viaggia da Genova a Rojava, poi, grazie a Borraccia, vero e proprio inno alla libertà e alla rivolta internazionalista. Fegati pesanti e teste impegnate, arriviamo alla fine stremati, certo, ma con qualcosa in più. I violini sono suonati da Nicola Manzan e Davide Olori e la straziante 30 febbraio è stata scritta per Tuono Pettinato, compagno di mille avventure dei ragazzi che hanno suonato in Laghetto e Marnero, ma soprattutto un amico che ci mancherà tanto. Nove canzoni da ballare e urlare, perché finalmente ce le meritiamo.

Autoprodotto e gratis sulle principali piattaforme musicali, la versione fisica vedrà la luce in autunno grazie ad una coproduzione.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni