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“Closer”, l’eredità di Ian Curtis

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Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza, come nel momento in cui amiamo.”

Se vi siete ma chiesti come sia il suono della sofferenza, del dolore, dell’ignoto, dell’Apocalisse, probabilmente senza indugiare troppo, “Closer” rientra in una di queste categorie, se non tutte. In particolare questo lavoro è uscito già postumo dalla morte del noto frontman della band Ian Curtis, e viene considerato ancora oggi un capolavoro e punto di riferimento della new wave e del gothic rock, il punto più alto della band.

Prima di parlare del disco è bene precisare che è stata enorme l’influenza dei Joy Division nella cultura giovanile degli anni ottanta e novanta, di conseguenza Ian Curtis diventò ben presto un personaggio di culto, addirittura gli U2 dedicarono a Curtis la canzone A Day Without Me dal loro primo album “Boy“, che venne pubblicato di lì a pochi mesi, esattamente il 20 ottobre 1980, mentre i Cure dedicarono al cantante suicida il primo brano del loro terzo album “Faith” il cui titolo è The Holy Hour. Anche gli Alkaline Trio gli hanno dedicato un brano intitolato Help Me, tratto dall’album “Agony And Irony” del 2008. 

Le session si effettuarono tra il 17 e il 30 marzo del 1980, presso i Britannia Row Studios di Londra, anche in questo caso coordinate dal fido produttore Martin Hannett. Durante questo periodo, la band alloggiava in due piccoli appartamenti siti in York Street, nel West End londinese, uno dei quali riservato al cantante Ian Curtis e alla sua amante, Annik Honorè. Nonostante le sonorità ed i testi sempre più lugubri e l’atmosfera malinconica e decadente che connota la maggior parte dei brani dell’album, le session vennero descritte dai vari componenti della band, come molto divertenti, costellato dai numerosi scherzi organizzati dai musicisti, in particolare dal cantante.

Al netto di quello che poi sarebbe successo di lì a qualche mese e fatta eccezione per i problemi di salute di Curtis (afflitto da una sindrome epilettica), infatti, la band stava vivendo un periodo molto positivo che li vedeva in procinto di pubblicare l’atteso secondo album che, nelle intenzioni del gruppo e nelle speranze dell’etichetta discografica sarebbe potuto essere quello della consacrazione della band e in attesa di imbarcarsi per il loro primo tour negli Stati Uniti. Durante le due settimane di lavorazione, Hannett decise di cambiare radicalmente il suo approccio alla produzione rispetto al precedente lavoro della band tramite incisioni con massiccio utilizzo di eco per le tracce di batteria e di chitarra. L’album venne comunque registrato molto in fretta, quasi senza il tempo materiale per elaborare quello che finiva sul nastro perché, di lì ad un mese, nel maggio 1980, i Joy Division avrebbero dovuto iniziare il loro tour americano.

(c) Kevin Cummins

La band incise dodici canzoni di cui solo nove vennero inserite nel disco, e i brani Komakino, Incubation e As You Said restarono fuori dalla tracklist dell’album e, le ultime due, addirittura non vennero nemmeno ultimate, ma registrate nella sola parte strumentale. “Closer” venne pubblicato il 18 luglio 1980 dalla Factory Records e, di fatto, divenne così il primo disco postumo dei Joy Division ed epitaffio di un artista scomparso troppo prematuramente. 

Il suo suicidio cambiò quindi le carte in tavola per la band e, paradossalmente, fece la fortuna di critica e soprattutto pubblico che, in parte attirati da una certa curiosità per la band ed il suo cantante prematuramente scomparso, premiarono le vendite l’album che raggiunse il piazzamento numero 6 nella UK Albums Chart, la classifica inglese degli album più venduti. L’album venne unanimemente acclamato anche dalla critica ed il settimanale NME lo votò come album dell’anno, nella consueta classifica alla fine 1981. 

Per la copertina del disco venne nuovamente contattato Peter Saville che utilizzò una foto realizzata da Bernard Pierre Wolff e raffigurante la tomba della famiglia Appiani, situata presso il cimitero monumentale di Staglieno di Genova. Il soggetto della cover non venne scelto a caso, ma a seguito dei fatti che precedettero l’uscita del disco e, nelle intenzioni della band, doveva riflettere l’atmosfera dell’album. All’indomani della pubblicazione dell’album, Hook, Sumner e Morris rispettano l’accordo originario sciogliendo di fatto la band e, nel 1981, diedero vita ad un nuovo gruppo, i New Order. Il trittico Atrocity Exhibition, Isolation e l’abissale Passover sono da annoverare nella storia musica.

Allo stesso modo come “Unknown Pleasure” le influenze alla Stooges non mancano, e per certi versi non manca anche un certo tipo di glam alla David Bowie e Marc Bolan, insomma, un po’ tutta quella musica che veniva ascoltata in quel periodo storico. Nei Joy Division c’era tanta voglia anche di un certo tipo di musica inglese, un tipo di hard e art rock, il tutto filtrato da un’ottica indipendente, con una produzione che era perfetta, che sta sopra le righe e che era mirata per un punk violento. Una formula che, ahimè, sarà difficile da replicare per i gruppi a venire.

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