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Lingua Ignota – Sinner Get Ready

2021 - Sargent House
sperimentale

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Tracklist

1. THE ORDER OF SPIRITUAL VIRGINS
2. I WHO BEND THE TALL GRASSES
3. MANY HANDS
4. PENNSYLVANIA FURNACE
5. REPENT NOW CONFESS NOW
6. THE SACRED LINAMENT OF JUDGMENT
7. PERPETUAL FLAME OF CENTRALIA
8. MAN IS LIKE A SPRING FLOWER
9. THE SOLITARY BRETHREN OF EPHRATA


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A distanza di due anni dal prezioso “CaligulaKristin Hayter alias Lingua Ignota, la meno californiana tra le artiste californiane, torna a disegnare la sua musica fatta di storie di corpi e corpi fatti di storie. E lo fa con un album assorto e sfocato che stravolge l’idea che ci si era fatti della sua idea di musica travolta dai colpi di machete di una nuova vena polifonica.

L’incontro tra la babele glossolalica del talento cristallino di Hayter probabilmente trova un punto di caduta non estemporaneo nella prima traccia di “Sinner Get Ready” con The Order Of Spiritual Virgins: forse quanto di più vicino ai lavori precedenti ma anche il momento del compimento dell’addio alla visione fusionalista e multi-genere della scrittura musicale di Lingua Ignota attraverso il grande olocausto dei riferimenti musicali agli artisti di volta in volta amati citati, depredati e fatti a pezzi; qui al contrario si dice addio a ogni vena modernista e ogni citazione suona come un addio in favore di uno ieratico avanguardismo etnico.

Nell’ascolto che ho dedicato al disco non ho trovato altra espressione plausibile in grado di descrivere il forte lavoro che Hayter ha condotto sull’uso degli strumenti tradizionali della regione degli Apalachi in un contesto di eversione della classicità melodica, esemplare in questo senso Repent Now Confess Now. In questo senso “Sinner Get Ready” si presenta come una riflessione raffinata e coerente sull’uso innovativo della polifonia e delle armonizzazioni vocali, andando alla ricerca del punto di rottura in cui passato e futuro si fondono rendendosi indistinguibili (The Solitary Brethren Of Ephrata). La cifra stilistica di Lingua Ignota sembra essere rintracciabile proprio qui, in una dialettica che fonde temporalità diverse, stili antagonistici, storie personali e epica sociale verso un punto di indiscernibilità. I riferimenti costanti alla chiesa mennonita e alla spiritualità si inscrivono all’interno delle scariche elettriche che percorrono il corpo pieno di una soggettività straziata e sgraziata (The Solitary Brethren Of Ephrata).

È in questo intreccio che va inteso il monito quasi divino di Perpetual Flame, dedicata ad una città completamente bruciata nel 1962 e poi abbandonata: la città riflette tutte le individualità che contiene, ma le esprime tutte singolarmente. Come il fuoco che brucia allo stesso modo in ogni singola vampa. Dunque proprio come i mennoniti, che rifiutano la teologia dei padri della Chiesa a favore di una spiritualità più originaria, così Kristin Hayter non ha proclami da lanciare, solo frugali emozioni che in questo caso rinunciano anche alle barocche argomentazioni noise-industial (“Man Is Like A Spring Flower”) nelle quali la sua musica ci aveva viziati. 

Per chi, come chi scrive, ha amato senza ritegno “Caligula” sarà un duro colpo non trovare la cupezza doom di atmosfere dolorose e ferali, non è facile rinunciare in un colpo solo allo struggimento e alla violenza di una verità tanto inaudita da sgomentare. Un duro colpo dal quale tuttavia la classe di Lingua Ignota ci fa subito riavere, come un buon cordiale. O come un esorcismo.

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