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The Punk Box

THE PUNK BOX #7: Cocks, Savage Cougars, Tab_ularasa, Body Bag Redemption, Decardinals, City 493, Views, Angeli

Numero estivo per il nostro Punk Box, arrivato al settimo numero. Tante cose uscite negli ultimi mesi, cose più interessanti altre meno, a dimostrazione comunque dell’estrema vitalità della cosiddetta scena punk, italiana e non. Scena, bisogna altresì amaramente constatare, sempre più carbonara e a volte autoreferenziale, sempre più avvitata in sterili “celodurismi” da prime mover (sono punk prima di te). Così è, così (forse) è sempre stato. Fa però abbastanza ridere constatarlo in un momento come questo, dopo un periodo di forzato isolamento (e nulla ci fa pensare che sia tutto fnito, anzi…) e di conseguente inattività live. Sarà forse che la pandemia ha contribuito ad inacidire ancor di più gli animi? Sarà che il non poter bere una birra in compagnia guardando un concerto di qualche scalcinata band australiana ci abbia reso in qualche modo tutti un po’ livorosi e scorbutichelli? Può essere. Ma vogliamo lanciare una nota positiva, noi umili scribacchini di generi musicali sotterranei invalsi ai più. Ci sono ancora tante brave persone lì fuori, che ascoltano, scrivono e suonano la musica che più ci piace. Basta saperli cercare. Non vi accontentate della superficie, scavate nel torbido! E ora sotto con le recensioni fiume!

Cocks – Arena

(Flamingo Records)

Quando abbiamo ascoltato il nuovo EP dei genovesi Cocks siamo saltati dalla sedia; e ormai capita raramente. Incredibile l’evoluzione della band rispetto all’album di esordio: dove là il suono e le idee erano ancora in fase di sviluppo e ancorate a stilemi ben riconoscibili, in questi 5 brani il gruppo prende in mano le redini del gioco e spicca alto in volo. Prendendo come ampia base di riferimento l’Emo del Midwest anni 90, quindi tutta quella serie di formidabili band (Appleseed Cast, Get Up Kids, Sunny Day Real Estate) che facevano della malinconia applicata al punk rock la loro ragion d’essere, i Cocks costruiscono la loro idea di punk in maniera autorevole e personale; non somigliano a nessuno, sono i Cocks. E, azzardiamo cari lettori, forse la migliore realtà del genere attualmente in circolazione: brani dalla melodia circolare e irresistibile come The Secret e Boomers Alert vi sfido a trovarli da altre parti. C’è una costruzione melodica, un senso della misura e una consapevolezza di scrittura da band di livello. A breve dovrebbe uscire il secondo Lp, a questo punto lo si attende trepidanti.

Savage Cougars – Self Titled Debut

(Walkman Records)

Quando abbiamo letto i componenti di questa nuova (e già defunta) band garage punk nostrana ci si sono rizzati i peli delle ascelle: da queste parti siamo assoluti estimatori dei fratelli Omezzolli from Trento, fondatori di una delle migliori bands italiane, i fantasmatici Horrible Snack. Nei Savage Cougars i nostri si occupano di smazzarsi la sezione ritmica, con Samuele Benini alla voce e tale Casalingam alla chitarra. Rispetto agli snack orribili qui c’è meno stravaganza e più sostanza garage punk: in poco meno di 20 minuti si viene assaliti da chitarre caracollanti e ritmi sempre sostenuti, con un suono che è diretto discendente della scuola In The Red/Goner americana. Si fa quindi un salto nel recente passato, dove gente come Black Lips, Davila 666, Oh Sees (quando ancora non si facevano le seghe con lo psych prog) muoveva i primi, ruggenti e sguaiati passi. I Savage Cougars sono degnissimi prosecutori di quella materia bastarda e corrosiva; peccato siano già uccellini di bosco, pronti per nuove e mirabolanti avventure. Noi li aspettiamo.

Tab_ularasa – Due Mani E Una Pipa

(Bubca Records)

Torniamo a parlare di Bubca Records con il nuovo lavoro di Tab_ularasa, alias Luca Tanzini. “Due mani e una pipa”, per ammissione dello stesso autore, è il disco “normale” di Tab; qui non ci sono le sperimentazioni del precedente “Ninne Nanne”, ma la materia resta comunque oltremodo storta. Andiamo ad illustrare per i nostri cari lettori: chitarre acustiche di grana lo-fi costruite su giri ossessivi reggono l’impalcatura; inserti elettronici minimali (curati da Beppe Rossi) arricchiscono l’atmosfera. Su tutto, le filastrocche alienanti, sempre tra il serio e il faceto, di Tab_ularasa, mai come in questo disco perfettamente a fuoco e consapevole dei propri intenti. Facile (e scontato) citare Daniel Johnston, ma è evidente che qui è presente la stessa libertà artistica, la stessa capacità di stare sempre sul confine tra il disagio e lo sberleffo. Ascoltate Sesso Espresso, il crash emotivo provocato da un giro malinconico di chitarra e da una strofa che canta “sesso espresso al distributore Esso”, e ditemi chi c’è, come lui, in Italia e all’estero.

Body Bag Redemption – Pas De Dieux, Pas De Deux

(Autoproduzione)

Body Bag Redemption è l’efficace monicker dietro al quale si nasconde Andrea Valentini, penna musicale ormai storica, autore di libri, collaboratore di varie riviste e fondatore di webzine (la mitologica Black Milk). Dopo le presentazioni di rito, andiamo a scrivere di questa one man band, dove il nostro deus ex machina fa tutto da solo: suona, registra, canta. E a noi piace, perchè ci piace l’idea di rock’n’roll disperato e sfatto che esce da questi solchi (o sarebbe meglio dire file, poiché è disponibile al momento soltanto in formato digitale). Ci sono i santini di Peter Laughner e Johnny Thunders a guidare il cammino di BBR attraverso caracollanti numeri r’n’r mezzo ubriachi, interrotti da frequenze fantasma (Selfie With A Ghost appunto), attacchi all’arma bianca di punk minimale all’odor di canguro (Shame, i Celibate Rifles apprezzerebbero). In generale c’è un senso di sconfitta sporca, di sconfitta all’ultimo minuto, degna di gente come il Bob Mould incattivito e ciccione degli anni 80 (ascoltare Getting Old Is A Bore) e dei Wipers; un po’ tutto l’album infatti si nutre delle atmosfere oscure della seminale band di Greg Sage. Insomma, ci siamo capiti: da queste parti questa roba ci piace assai, e “Pas De Dieux, Pas De Deux” è la sorpresa dell’anno in corso.

Decardinals – American Boy

(Autoproduzione)

Avete nostalgia dell’Hardcore melodico anni 90? Di band come Pennywise, Propagandhi, NOFX e compagnia bella? Se la risposta è affermativa, i Decardinals fanno sicuramente per voi: Stop&go, cambi di tempo, chitarre affilate ai confini col metal, una voce che alterna parti più melodiche ad altre ai confini con lo screamo. Apparentemente tutto negli schemi del genere, ma ad un ascolto attento c’è molto di più, ossia: aperture brillanti all’emocore (la parte finale della title track), una evidente volontà di ampliare il proprio raggio d’azione inserendo sempre elementi inusuali all’interno di (quasi) ogni brano, che sia l’irruenza del metal, la parentesi acustica della conclusiva Sporcarsi o derive più vicine al post hardcore (difficile, ascoltando Giulio Verme, non pensare ai nostri pesi massimi Fluxus). A ciò aggiungiamo la tecnica esecutiva, sempre di buon livello se non ottimo, e possiamo concludere che il power trio da Bari ha sicuramente fatto centro con questo esordio. A voi amanti dei muscoli e del pogo forsennato il compito di scoprirli e farli vostri.

City 493 – Acque Immobili

(Ostia Records)

Efraim Medina Reyes è un ottimo scrittore colombiano, autore di una manciata di libri sofferti e disperati dove si parla di amore con la data di scadenza attaccata dietro, scopate, bevute e ancora scopate. I suoi libri sono ambientati a Bogotà, da lui ribattezzata la “Città Immobile”. Ecco, tutto questo preambolo per dirvi che i City 493 provengono dalla provincia romana, da luoghi altrettanto bloccati, tant’è che appunto titolano il loro album d’esordio “Acque Immobili”. Avranno letto Reyes? Non lo sappiamo, quello che possiamo constatare è che con il loro street punk bello pompato, debitore tanto della cazzimma dell’Oi! Tanto quanto della rabbia da working class hero di Mike Ness e dei suoi Social Distortion, riesce a rendere bene il disagio e la frustrazione che si prova a vivere in posti tanto gretti e desolati. C’è qualche piccola ingenuità a livello testuale, ma la carica e il sound ci sembrano assolutamente genuini e sapranno convincere ed entrare nel cuore dei kids amanti di queste sonorità.

Views – Mother Tapes Anthology 1986/1990

(Area Pirata Records)

L’underground italiano negli anni 80 era estremamente ricco e racchiudeva in sé realtà molto interessanti come i bresciani Views. Confesso che non ne avevo mai sentito parlare ed è doveroso ancora una volta ringraziare i tipi di Area Pirata per la loro attenzione nel riportare alla luce gemme di siffatta fattura: la band di Giovanni Ferrario infatti aveva una qualità notevole di scrittura ed una assoluta credibilità nel riferirsi a quei suoni che fecero le fortune dell’underground a stelle e strisce negli anni ’80. Risulta evidente, infatti, l’amore dei nostri per il filone del Paisley Underground (Dream Syndicate, Rain Parade e True West in particolare), per i REM e per le atmosfere e melodie dei Sixties, sporcate e stranite con abbondanti dosi di psichedelia e con una obliquità memore della lezione dei Television e dei Talking Heads. Insomma, nulla di italiano e di provinciale in questo doppio cd che raccoglie il primo Lp e l’Ep (rispettivamente “Mummycat The World n.2” e “Namby-Pamby“) più una serie di demos e brani tratti da compilation: qui si respira aria di States in brani dal taglio più scanzonato (la magnifica Say It!) passando per infognamenti psych (Patty Flan e Mummycat) e sognanti ballate a due voci (She’s Going Out). Un gran bel gruppo ed una preziosa antologia.

Angeli – Voglio Di Più

(Area Pirata Records)

Altro bel colpo di Area Pirata è la ristampa del secondo album degli Angeli (ormai esaurito da anni), sorta di supergruppo punk anni 90 formato da Roberto Tax Farano dei Negazione e Massimino degli Stinky Rats. Dopo un primo album cantato quasi interamente in inglese, gli Angeli decidono di passare al nostro idioma: il disco (uscito nel 1998) miscela l’Hardcore che i componenti del gruppo contribuirono a diffondere nel decennio precedente con chitarre più robuste e ritmiche squadrate tipicamente anni 90 di gente come Helmet e Therapy; “Voglio di più” fu prodotto non a caso da un peso massimo del noise-rock come Iain Burgess (Big Black, Ministry, Jawbox e Cows nel suo carnet). Il risultato è un concentrato di piccoli inni (Voglio di più, Non contate su di me, Facce sconosciute) che all’epoca purtroppo non ebbe molto successo ma che negli anni acquisì lo status di album culto. Chi scrive se la tira in quanto possessore del cd originale dell’epoca edito da Free Land Records, ma ora potete rimediare anche voi.

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