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Sault – Nine

2021 - Forever Living Originals
nu-soul

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Tracklist

1. Haha
2. London Gangs
3. Trap Life
4. Fear
5. Mike’s Story
6. Bitter Streets
7. Alcohol
8. You From London (feat. Little Simz)
9. 9
10. Light’s In Your Hands


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Ci sono due termini molto in voga in questi anni, che il sottoscritto davvero non ha mai potuto sopportare e che si è sempre rifiutato di usare in una qualunque disquisizione. Il primo dei due è il celebre “daje” di matrice romana. Urticante.

Se pronunciato poi da persona non capitolina l’ho sempre trovato addirittura fuori luogo. Ma perché? Quale è il motivo intrinseco che vi spinge ad esclamarlo? Sono aperto ad un civile dibattito al quale gradirei però la presenza del Professor Francesco Sabatini dell’eminente Accademia della Crusca che ogni volta che vedo in tv mi sa rapire con le sue argute e limpide spiegazioni riguardo la nostra cara, ma a volte bistrattata, lingua italiana…Ma andiamo avanti!

Il secondo dei due termini da me mal sopportati è invece…“figo”! Ok, tra i due, questo è sempre stato un aggettivo molto usato, ma in questi ultimi anni è indubbio che abbia subito una notevole ascesa. Ma voi lo sapete che quando pronunciate questo termine riferito ad un qualcosa, un disco, un film o un libro, in realtà, nel mondo reale, quello vero, non state dicendo assolutamente niente? Quando è che un disco o un libro risulterebbero fighi? Ma soprattutto, con tutti gli aggettivi che la nostra lingua ci fornisce per descrivere un’opera intellettuale ritenuta di elevato spessore qualitativo perché dovete usare proprio questo termine che di per se, a mio avviso, ne sminuisce addirittura il valore?

Fatta questa premessa per me doverosa, l’ascolto del nuovo album della band britannica dei Sault, ha fatto vacillare le mie certezze relative ad una delle due affermazioni sopra indicate. “Nine”, uscito proprio in questi giorni per l’etichetta Forever Living Originals, è uno di quei dischi per cui il termine “figo” si starà sprecando in valanghe orgiastiche fuori controllo da parte di vecchi e nuovi fan di questa misteriosa band nu soul.

L’unica cosa che sappiamo con certezza dei Sault è che la loro produzione ha fin qui meritato consensi a scena aperta. Ogni disco ha visto stropicciare di incredulità tanti di quegli occhi che l’attenzione per questo collettivo di musicisti britannici è salito in maniera consistente, anche se a dire la verità, la qualità della loro musica rimane anche l’unica cosa certificata che sappiamo di loro.

Svariate sono le band fantasma apparse in questi decenni nella scena musicale ed il motivo che ha spinto questi progetti a nascondersi è quasi sempre stato il marketing. Ben poco sappiamo dei musicisti che si celano dietro il nome o acronimo) di questa band, ma l’aver prodotto cinque dischi in 3 anni e averli ogni volta distribuiti con enormi ritardi ci fa affermare con discreta certezza che il marketing non sia proprio la loro arma migliore.

I nomi più probabili fin qui apparsi come artefici di questo meraviglioso collettivo sono quelli del produttore Dean Josiah Cover (Jungle, Little Simz, Michael Kiwanuka) Cleo Sol (Cleopatra Nikolic), Kid Sister (Melisa Young) oltre a svariati featuring, tra cui quello dello stesso Michael Kiwanuka. Tutto il resto è fatto di zero interviste, zero comunicati stampa e zero video, tanto che qualcuno li ha definiti come il Banksy della musica nu-soul britannica.

Nine” è un disco fatto di 10 tracce, di cui una solo parlata, che si ascoltano in un sorso. 34 minuti di puro contemporary art soul in diretta continuità creativa con i primi due lavori discografici della band, “5” e “7”, entrambi del 2019. Haha, London Gangs e Trap Life sono un crescendo sonoro che ci trascina tra vicoli londinesi poco raccomandabili da attraversare senza incrociare lo sguardo di niente e nessuno. Di Bitter Streets non voglio neanche parlare. Meravigliosa. Suadente. Delicata. Ascoltatela e poi mi direte.

La successiva Alcohol è una continua alternanza tra rimandi al passato di un soul di altri tempi e ad una contemporaneità con la quale l’intero disco si confronta traccia dopo traccia. La title track 9 rimanda a quel maniero di Minneapolis abitato da quello strano folletto un tempo chiamato Prince mentre la conclusiva Lights In Your Hands ci riporta a fumosi e impenetrabili locali motown.

Giungendo alla conclusione, anche se con mio grande disappunto perché non avrei mai voluto usare questo termine, devo dire che Nine è un disco veramente figo.

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