1. Inversion
2. Lightning Field
3. Colossus
4. Brushed
5. Katakana
6. Missile Command
7. Phase 90
8. The Philosopher
9. Compacted Reality
10. EMDR
11. Rodan
Se prima di “Interiors” avevamo dato per morti i Quicksand, dopo quattro velocissimi anni finalmente Walter Schreifels e company hanno dato alla luce un altro strabiliante lavoro intitolato “Distant Populations” che, a detta dalla critica ma anche dal sottoscritto, spinge ancora di più sull’acceleratore sonoro e anche vocale. Ma andiamo per gradi. Bisogna premettere subito che il bassista Sergio Vega è stato preso in ostaggio dai Deftones, visto che è entrato permanentemente nella band dal 2010, quindi un po’ di rallentamento c’è stato per questo, ma di sicuro ha giovato per i Quicksand che nel 2017 sono ritornati nelle scene con “Interiors” un graditissimo ritorno, anzi oserei dire…illuminate.
Quindi ora, 2021, la band ci regala l’ultima fatica, sicuramente attesa per la scena, “Distant Populations“. A differenza del predecessore, “Distant Populations” è un disco che a tratti cerca di essere più cattivo, ma senza snaturare la vera natura del gruppo. Non si sta parlando più di post hardcore, ma semplicemente di un agglomerato di emo, noise, post punk e rock alternativo, ma andateci cauti, ogni brano dice la sua. Partiamo dal primissimo singolo Inversion, che ha spiazzato tutto e tutti con questo sound 90’s però introspettivo al massimo.
Lightning Field, Colossus e la semi ballad Brushed sono la parte centrale dell’album, quella che varia di più, e probabilmente i brani tra i più ispirati della band in questo disco. Di conseguenza ripartiamo prepotentemente con la graffiante Katakana, forse il pezzo più sperimentale del gruppo per quanto riguarda la ricerca sonora. Di seguito c’è il secondo singolo Missile Command, che detto in poche parole è il brano più completo dei Quicksand degli ultimi vent’anni, mentre la consecutiva e quietissima Phase 90 ci ridà una boccata d’aria dopo un ascolto quasi funambolico.
The Philosopher detta di nuovo legge e ci ripropone un altro brano denso di distorsioni e ritornelli pop. Compacted Infinity (un breve interludio di un minuto) e EMDR accompagnano verso il termine del disco in maniera non innovativa ma neanche con segni di stanca, mentre l’ultima Rodan chiude questo viaggio molto particolare e colorato, come la copertina, un ascolto che rimane in testa senza troppi punti di domanda.
Qual è il verdetto? “Distant Populations” è un album che si fa apprezzare, che va dritto al sodo senza soffermarsi troppo su momenti melensi, dice la sua senza fare troppi passi indietro. Se “Interiors” in qualche modo coccolava l’ascoltatore, qui aspettatevi qualche strattone.