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Flea – Acid For The Children


Scheda

Autore: Flea
Uscita: 20/05/2021
Editore: HarperCollins
Pagine: 399
Prezzo: € 20

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Delle tante cose che mi mancano del mondo che fu (e fu fino a ben pochi anni fa) ci sono anche le “grandi lotte” che infiammavano i discorsi dei fan di certa musica, e mi mancano proprio perché ridicole e, da spettatore, mi godevo questi scannatoi pieni zeppi di luoghi comuni da una parte e dall’altra. Stando nel mezzo ci si gode molte più cose. Una di queste “guerre dei fan” riguardava, e in alcuni casi imperversa ancora, Red Hot Chili Peppers e Mr. Bungle/Faith No More. Se fossi uno di quei strenui difensori casuali starei ovviamente nella fazione pattoniana, ma mettere da parte in toto i Chili Peppers ho sempre ritenuto fosse sintomo di miopia musicale. E poi Flea e Frusciante sono molto di più della loro band principale.

L’australiano Michael Peter Balzary decide di lanciarsi nell’avventura del memoir e lo fa armato di saggezza e idee che superano il concetto di autobiografia rock, perché Flea è personaggio obliquo, anche ora che il suo gruppo è un classico e non più la fulminante novità che era a metà ’80. La capacità narrativa del bassista è propulsiva e divertente, si prende sul serio il giusto, ma con l’aggiunta di quella stravaganza che gli è propria e non è mai venuta a mancare. Narra la sua storia in maniera tutto tranne che lineare, parte dal presente, per poi riavvolgere il nastro dei ricordi grazie a espedienti letterari mutuati anche dai suoi eroi di penna, uno su tutti Kurt Vonnegut. Racconta sapientemente della sua famiglia, di sua nonna e degli sforzi enormi di donne forti in tempi orrendi, di genitori che lasciano ferite profonde ma anche amore sconfinato, parla di Dio in maniera obliqua e spesso rischia di incartarsi nello spiritualismo che ben conosciamo grazie (o a causa, a seconda) agli album dei RHCP, non è mai indulgente verso se stesso né coi suoi amici, uno su tutti il fratello non-di-sangue che è Anthony Kiedis (sostanzialmente confermandone i lati negativi che tutti abbiamo imparato a riconoscere), riesce anche a non moralizzare né moralizzarsi quando si trova a dover parlare del suo rapporto con la droga, un rapporto in larga parte distruttivo ma che lascia qualcosa di buono, a voler cercare bene.

C’è il mondo dell’hardcore punk e il suo esserne prima schifato e poi parte integrante, seppur per poco, e quello del jazz, visto da osservatore grazie alle compagnie del patrigno, figura difficile e allucinante, che suonava il contrabbasso e lo faceva anche al fianco di personalità rilevanti in quella scena spaziale che fu e che mai più sarà, il suo avvicinarsi alla tromba e diventarne pure ottimo utilizzatore. Parla dei concerti e di amori per la musica che esulano da ciò che gli stessi suoi fan di norma ascolterebbero mai, come Miles Davis, Dizzie Gillespie, Thelonious Monk, tantissimo post-punk e art rock, realtà scomparse, mondi diversi che lui fa suoi e integra all’interno di un bagaglio di esperienze artistiche importanti.

Scanzonato, sboccato e folle, “Acid For The Children”, un libro che ci si ritrova a pensare non voler finisse mai tanto è piacevole.

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