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Evangelion: 3.0+1.01 Thrice Upon A Time


Scheda

Giappone - 2021 - animazione, mecha, fantascienza, drammatico
Durata: 155'
Regia: Hideaki Anno, Kazuya Tsurumaki, Katsuichi Nakayama, Mahiro Maeda

 


“Spazio, ultima frontiera”. Se fossi capitano dell’Enterprise e fossi pronto ad un viaggio verso l’ignoto enuncerei questa tipica frase. Ma questo non è Star Trek e qui di ignoto non c’è un bel niente. Hideaki Anno mette la parola fine (un’altra volta) alla sua magnus opus dopo 25 anni di agonia. Agonia che però coinvolge solo i fan di “Evangelion”. Il tira e molla anime più lungo di sempre. Una fortuna per il co-fondatore dello Studio Gainax.

Dopo i primi tre capitoli di questa “nuova” saga, che nascevano con la promessa di ricostruire l’universo di “Evangelion” (non a caso il nome “Rebuild Of Evangelion”), una promessa mantenuta e anche a livelli considerevoli, “Evangelion: 3.0 + 1.01 Thrice Upon A Time” viene finalmente pubblicato scoprendo le carte in tavola del regista e produttore giapponese. L’attesa ha infervorato il pubblico, che coi primi sei minuti dati in pasto come anteprima, ha cominciato a lambiccarsi su cosa sarebbe potuto accadere mai in questo capitolo finale.

Anno è una vecchia volpe e qui lo dimostra come mai prima d’ora. O meglio, come ha sempre fatto, ma con tutti i power-up del caso. Vuole creare un kolossal anime, ha i mezzi per portare a termine questo sogno e lo fa. Il gradiente tecnico della pellicola, uscita in Italia in esclusiva su Prime Video, è così alto da non crederci, e l’esperienza di Hideaki-sama e della sua squadra di animatori non lascia adito a dubbi di alcun tipo: vuole prendersi tutta l’audience. E con tutta intendo TUTTA. Ogni frame è studiato fino alla follia e lo stile che sbatte sullo schermo abbraccia tutto il ventaglio possibile amato dagli otaku, mischiando stili a più non posso, nella chiara intenzione di accaparrarsi non solo gli aficionados della prima ora, ma anche la nuova generazione. È cannibalismo animato all’ennesima potenza e senza esclusione di colpi che conduce al parossismo, ma senza quel senso di paranoia che ci donò l’OAV originale. Una novità è nuova solo una volta, tutte quelle successive è opportunismo.

Fine delle note positive. Tanto ho creduto che le prime tre parti della “Rebuild” fossero davvero una ventata d’aria fresca, quanto mi sono reso conto, nelle interminabili due ore e mezza di film (e poi ci si lamenta della lungaggine dei film dell’MCU, ma almeno quelli sono comici), che le idee prese in considerazione dal Creatore fossero finite già nel 1996, con la fine di “Neon Genesis Evangelion”, e l’illusione che così tanti anni dopo la cosa potesse essere cambiata, beh, è esattamente un’illusione. Certo, “Thrice Upon A Time” sarà croce e delizia di tutti gli hardcore fan della serie, per intenderci quelli che si sono comprati bibbie tradotte in tutte le lingue correnti e non, vangeli apocrifi, scritti del Mar Morto e chissà quale altra amentià, interpretando fino all’indecenza ogni singola battuta di ogni singola sceneggiatura di ogni singola uscita di “Evangelion”, cosa che mi ricorda la fanbase dei Tool pronta a cercare qualcosa dove non c’è per forza.

Sparate para-psicologiche in un crescendo ipnagogico, situazioni che vorrebbero dare parvenza di disagio emotivo ma che sono state già approfondite ovunque, fosse pure nel più oscuro dei forum oscuri, e che si rivelano deboli e scontate come strade battute un’infinità di volte, percorse da personaggi privati di qualsivoglia tipo di profondità, e che in termini di ritmo cinematografico significano “sfilacciamento autodistruttivo” giungendo alla fine arenandosi come una nave cargo che ha superato il limite di carico e infine si è rovesciata assumendo le sembianze di un metameme colossale, perché questo è, con tutte le catchphrase lanciate in raffiche impossibili da sostenere. Più che una ricostruzione pare di essere alle prese con un fin troppo lungo album dei ricordi (con tanto di Easter Egg a profusione). Manco la musiche sembrano essere al loro posto, ma che volete che sia? Sarà fatto apposta, no?

Il perfetto film per fanboy e fangirl esiste, e porta la firma di Hideaki Anno. Di certo dividerà a metà tanto critica quanto spettatori e ci sarà di che scannarsi per parecchio tempo. Ma ora speriamo che sia davvero la fine, sperando non si azzardi a rimettere mano a “Nadia – Il mistero della pietra azzurra”. Ah, no, l’ha già fatto. Dove? Lascio a voi il gusto della scoperta.

Cos’è che diceva il ragionier Ugo Fantozzi de ”La corazzata Potemkin”?

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