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Goat – Headsoup

2021 - Rocket Recordings
world music / psych

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Tracklist

1. The Sun And Moon
2. Stonegoat
3. Dreambuilding
4. Dig My Grave
5. It’s Time For Fun
6. ‘Relax’
7. Union Of Mind And Soul
8. The Snake Of Addis Adaba
9. Goatfizz
10. Let It Burn (Edit)
11. Friday Pt.1
12. Fill My Mouth
13. Queen Of The Underground


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Il titolo è un evidente omaggio, con un gioco di parole, all’album dei Rolling Stones (“Goats Head Soup“). Che il disco esca proprio nella settimana in cui abbiamo perso Charlie Watts è un brutto scherzo del destino che non fa che riaprire il lutto.

Tuttavia, in quella cosa che una volta chiamavo rock’n’roll e che ora definisco semplicemente musica, c’è sempre speranza. “Headsoup” lo conferma. Diciamo subito che, salvo due inediti, si tratta di un disco di “b-sides and rarities”. In genere, raccolte così si possono evitare, soprattutto se non siete fan acquisiti della band in questione. E in genere, non sono i dischi da cui si consiglia di cominciare ad esplorare una band. Non è questo il caso. Ora, se avete cominciato a leggere questo articolo, potreste già essere dei membri del culto della Capra. Oppure, lo state per diventare; vi basterà mettere su questo disco e pazientare una manciata di minuti. Questo quarto lavoro in studio degli svedesi pur non dicendo nulla di nuovo nello svelare il mistero dei Goat, trasuda la stessa potenza immediata degli altri tre e si fa ampiamente perdonare – anzi fa completamente dimenticare – di essere di fatto un’accozzaglia di roba raccolta nell’arco di una decina d’anni. 

Come sempre, i nostri idoli mascherati mischiano scioltamente la psichedelia, l’hard-rock d’antan, lo stoner-blues, il funk, la poliritmia esotica, la drone-music, il jazz. Come sempre, rimane difficile non farsi prendere totalmente dal loro lavoro come in un viaggio acido di 52 minuti che, peraltro, contro tutte le logiche dell’economia dello streaming musicale, va migliorando traccia dopo traccia, come è giusto che sia in ogni rito satanico o dionisiaco che si rispetti. La successione delle tracce sembra svilupparsi cronologicamente e già alla terza sei in trance: Dreambuilding, lato b di un single del 2013, la riscopriamo qui come il gioiello passato inosservato che era. Lo stesso si può dire per il singolo del 2015 It’s Time for Fun, seguito dal suo lato B, Relax: drone-music e elettronica su cui s’innestano tastiere e chitarra frippiana, con risultati che sfiorano l’ambient a tratti. Union Of Mind And Soul parte a tutto flauto, manco fosse una cosa degli Inti-Illimani. The Snake Of Addis Abeba ha un ritmo super-funky, alla Kool and the Gang, su cui s’innestano armonie e strumenti dal sapore orientale e procede, giustappunto, sinuosa come un serpente.

Goatfuzz è uno stoner che se lo ascolta Josh Homme casca dalla sedia. Friday pt.1 è un jazz minimalista con sax e synth. I due inediti, che sono anche i due singoli, Fill My Mouth e Queen Of The Underground vengono messi in coda alla raccolta, pur essendo i momenti più accessibili e catchy dell’album. Entrambe le tracce presentano un andamento funky, un riff di chitarra bello distorto, un cantato in coro e un flauto. L’ultima esplode poi in un paio di assoli di cui Hendrix andrebbe fiero. 

In riassunto, tanto ci basta per essere rassicurati sul fatto che i Goat esistono e sono ancora tra noi, anche se non sappiamo ancora nulla di loro. Chiunque siano, la loro musica è pura appropriazione: inutili le storielle mitologiche che ci raccontano; dubitiamo che nelle foreste svedesi si pratichi il voodoo, la poliritmia, la psichedelia e il jazz. I Goat non hanno inventato nulla, eppure nessuna band al mondo ha il loro sound. Crediamo invece nella storiella per cui esistono da sempre. E ci rinforziamo, con “Headsoup”, nella convinzione che i Goat ci saranno sempre e non ne potremo mai fare a meno. Lunga vita alla Capra e al suo culto. 

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