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Crisi, droga, ma rock’n’roll: “Rock In A Hard Place” degli Aerosmith

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Era un periodo quanto mai complicato quello alla fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni ’80 per la rock band di Boston capitanata dai Toxic Twins alias Joe Perry e Steven Tyler. Il soprannome, affibbiatogli per le abitudini particolarmente voraci verso il consumo di droghe, è già un indizio della crisi che il gruppo stava attraversando, ma non è il solo; il rock n’ roll duro e crudo portato avanti negli anni precedenti da band come i Led Zeppelin, i Rolling Stones e dagli stessi Aerosmith stava subendo un lento, nobile ma indomabile declino in favore di tre correnti principali; la disco-dance e il funk inebriavano il pubblico delle sale da ballo, ska e reggae aprivano nuovi orizzonti musicali, i ritmi duri e scattanti del metal e del punk rock prendevano sempre più campo.

Inizialmente il quintetto di Boston cerca di seguire fedelmente la propria strada, pubblicando “Draw The Line” (1977) e “Nights In The Ruts (1979), i quali si rivelano album interessanti ma poveri di coinvolgimento, monotoni, rivolti alla solita fetta di fan e in generale poco ambiziosi. Inoltre le sregolatezze sopracitate cominciano inevitabilmente a ricadere sulla qualità musicale dei membri. Steven spesso è assente o sotto l’effetto di droghe, Joe non mostra il men che minimo interesse per la composizione di nuovi brani che non siano i suoi, Joey Kramer, il batterista, rischia la vita in un incidente automobilistico quasi mortale e il resto della band non se la passa altrettanto meglio.

Nel 1979, dopo estenuanti discussioni, Perry lascia il gruppo per seguire una carriera solista e, in seguito, anche Brad Whitford, l’altra chitarra, si allontanerà dal caos in cui la band sta precipitando. Gli Aerosmith, così come il mondo li conosceva, non esistevano più. Prima dell’allontanamento di Whitford viene individuato nel valente Jimmy Crespo, chitarrista degli Anaconda e turnista di studio per Stevie Nicks e i Meat Loaf, un valido sostituto di Perry. Si crea così un nuovo equilibrio arduo da sostenere e difficilmente digeribile dai fan che, pur riconoscendo i meriti del nuovo musicista, inneggiano al ritorno della precedente formazione. La nuova avventura del gruppo durerà poco, il delirio generale provocato dal tunnel della droga in cui i membri si stanno addentrando costringe anche Whitford a separarsi dal gruppo, a sua volta sostituito da Rick Dufay.

Aldilà delle difficili premesse, la scrittura di nuovi brani, dopo una lunga e quanto mai “tossica” lavorazione, si concretizzerà in “Rock In A Hard Place“, pubblicato il 27 agosto del 1982. La traccia di apertura, Jailbait, è un pezzo hard rock molto tirato di cui lo stesso Perry confesserà la propria gelosia per i riff composti da Jimmy Crespo. Le tracce seguenti risentono molto dell’apporto creativo della nuova formazione; Lightning Strikes, con il suo intro di sintetizzatori molto 80’s, è composta da Richie Supa, un collaboratore già affermato del gruppo. Jack Douglas, produttore del disco, compone insieme a Tyler e a Crespo Joanie’s Butterfly (l’impronta più significativa della nuova collaborazione, preceduta da un intro piuttosto interessante) e Rock In A Hard Place (Chesire Cat), un potente brano hard rock ma con un riff quanto mai accostabile ad una delle prime gemme della precedente formazione; Same Old Song And Dance.

Rimangono abbastanza deludenti composizioni come Bolivian Ragamuffin o Bitch’s Brew, forse i brani più vicini agli Aerosmith precedenti ma anche i più insipidi dell’album. Cry Me A River è una cover del brano di Arthur Hamilton, un jazz blues macchiato dalla ruvidezza hard rock della band e dalla voce di Steven Tyler, incattivita e urlata come non mai. Quasi addentrandoci in un mood da club americano al tempo dei Roaring Twenties arriviamo ai titoli di coda del disco, rappresentati da Push To Come And Shove. Anche qui la voce di Tyler si conferma ancora una volta un’importante valore aggiunto al brano, conferendogli un’aria originale e allegrotta.

L’album ricevette un’accoglienza piuttosto tiepida, tutti in fondo speravano in una reunion con Perry e Whitford. La tanto desiderata rinascita e riconciliazione della formazione originaria fu un processo denso ma graduale; Crespo e Dufay si allontanarono presto dalla caotica e burrascosa routine della rock’n’roll band di Boston, consci soprattutto di quella nostalgia per gli amici di lunga data che attanagliava Tyler e soci. Dal 1984 in poi, passo dopo passo, il rock degli Aerosmith tornò a ruggire ferocemente nelle classifiche mondiali, tutto venne rivoluzionato e rivisto, a partire dalle varie dipendenze dei membri, sommergendo definitivamente la già esigua notorietà di “Rock In A Hard Place”.

In fin dei conti non si tratta del miglior album pubblicato dalla band; il lavoro in generale sembra povero di ispirazione, manca ancora una volta la voglia di voler esplorare a pieno il sound del mutamento più recente, quello degli anni Ottanta. Il valore umano, al contrario, si mostra quanto mai importante: l’accostamento tra i due nuovi membri, gli Aerosmith rimasti e il resto del team di lavorazione è tangibile e rende singolare il mutamento del sound, un tassello che non può mancare all’ascolto dei fan e dei più curiosi ascoltatori.

Rock In A Hard Place” è quindi il disco della crisi? Un tentativo di rinascita? La scappatella di una rock’n’roll band? Un po’ tutto questo.

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