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Psico Galera – Le Stanze Della Mente

2021 - Static Age / Beach Impediment Records
punk / lo-fi

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Tracklist

1. Intro ( Sbarre invisibili)
2. Morte apparente
3. Vieni all’inferno
4. Gerarchia non scritta
5. Mani sporche
6. Chiodi & punte
7. Prima del giudizio
8. Dimenticati di me
9. Ancora voci nella testa
10. Sangue al sistema
11. No manifesto


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Circa cinque anni fa mi ero ripromesso di non ascoltare nulla di punk-rock al di fuori del giro Deranged, Static Shock e Grave Mistake. In tal modo, avrei risolto un sacco di problemi nei confronti di un genere che, per forza di cose, non sto più seguendo assiduamente come prima. Confidando perennemente nella cosiddetta vecchia scuola e arrendendomi alla consapevolezza del fatto che oramai sia tutto una “–wave” garage, mi sono fatto l’orecchio sforzandomi di assecondare le nuove voghe, intrise di sperimentazione e suffragi su cosa sia da evitare e cosa sia da supportare.

Morale della favola, i dischi da ascoltare arrivano sempre dalle stesse zone e dalle ceneri degli stessi gruppi di sempre, come il nuovo degli Psico Galera, compagine formata da giovani uomini provenienti dal Triveneto che hanno militato in bands quali La Piovra e Smart Cops e che ora suonano anche, comunque, in realtà come Ninos du Brasil. Nel 2017 gli Psico Galera pubblicarono un EP, uscito forse un po’ troppo in sordina (anche io, colpevolmente ammetto, me l’ero perso), ma quattro anni dopo sono tornati alla grande, sfornando un nuovo lavoro intitolato “Le stanze della mente” per la berlinese Static Age e la statunitense Beach Impediment Records. Pieno di rimandi, schiettezza e distruzione, questo full-length è veramente qualcosa di mental, fondato su quell’attitudine violenta e nichlista che tanto ci piace e attira ultimamente. Musicalmente si pongono, sperimentando assiduamente, tra Cülo e Wretched, creando un suono annaspante quanto ruvido, capace di dare risalto a chitarre apertamente rock’n’roll e ad una parte vocale deliberatamente anni ’80, che sfiora l’hardcore italiano di quel periodo e gli ultimi, clamorosi GBH.

Non mancano, ovviamente, i rimandi alla Bay Area, che possiamo trovare in Vieni all’inferno, per esempio, brano che si appoggia su un’introduzione tutta Dead Kennedys. Confusione e atteggiamento distruttivo la fanno da padrone in Prima del giudizio e Morte apparente, veri punti focali attorno ai quali si può dichiarare ruoti la sostanza dell’intero album. Lo-fi, ok, ma nemmeno troppo: la capacità dei quattro veneti risiede nel plasmare un’apparente ruvidità musicale rendendola più commestibile, tramite una confermata capacità comunicativa.

Lo stato d’animo in cui si piomba, infatti, al primo approccio è riconducibile a quello che si provava quando, per la prima volta e magari da un walkman, si ascoltavano Stiff Little Fingers e Funeral Dress: abbasso la mediocrità. Un disco bello arrogante.

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