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Interviste

Rock senza confini: intervista a Graziano Romani

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Graziano Romani, rocker reggiano che da più di quarant’anni solca i palchi dello stivale inizialmente esibendosi in lingua inglese con i Rocking Chairs, gruppo fondato nei primi anni ’80 da un manipolo di appassionati di rock di matrice americana. Fra i membri originari anche parte del gruppo che a distanza di anni affiancherà Luciano Ligabue nel periodo seguente la fine della collaborazione con i Clan Destino. Musicisti del calibro di Max ‘Grizzly’ Marmiroli al sax, Paolo Poggi alle tastiere, Roberto ’Robby’ Pellati alla batteria, Antonio ‘Rigo’ Righetti al basso e Carmelo ‘Mel’ Previte alla chitarra. Il gruppo inizialmente proponeva un vasto repertorio di classici del rock e blues sia d’oltre oceano che d’oltre manica, fino ad approdare alla casa discografica Ala Bianca, incidendo quattro album in lingua inglese, con collaborazioni con artisti del calibro di Elliott Murphy, Bobby Bandiera, Willie Nile e Robert Gordon.

Mentre il progetto Chairs procede pressoché spedito, all’inizio dei ’90 la fuoriuscita progressiva di vari componenti porta a un quarto LP in cui la formazione si riduce a un trio spartano ma efficace con Romani alla voce e chitarra, Righetti al basso e Pellati alla batteria. Interrotta, con disappunto di chi scrive, l’avventura con le ‘sedie a dondolo’, Romani ha poi rielaborato parte del suo repertorio in lingua inglese trasformandolo in nuovi pezzi che andarono a comporre il suo primo disco omonimo e solista e finalmente in lingua italiana, a dimostrazione che il Rock è sia privo di confini ma anche che l’italiano, per quanto vincolato ad una costruzione musicalmente meno addomesticabile dell’inglese, sa creare sound che nulla hanno da invidiare ai Kinks o gli Stones.

Componendo e cantando in italiano, proponendo dischi di cover dedicati a due suoi idoli, Augusto Daolio, leader e voce dei Nomadi, e Bruce Springsteen, per il quale non ha mai nascosto una passione ancestrale, Romani è riuscito, seppure con una difficoltà iniziale, dopo l’uscita del suo primo LP solista datato 1993 solo dopo otto anni arrivò a registrare il seguente “Storie della Via Emilia“, che la strada intrapresa era giusta. Nel mentre il Piccolo grande uomo di Casalgrande, fra le migliori voci italiane capaci di cantare in lingua inglese, ha attraversato anche altre discipline, dedicandosi al mondo del fumetto, ma anche proponendo i vecchi e mai domi Chairs in un reunion tour datato 2014 e mostrando con i fatti che il rock, anche e soprattutto il più classico, non è mai finito e assolutamente non addomesticabile.

Per chi non ti conoscesse prova ad introdurlo nel mondo di Graziano Romani. Uno che personalmente ho scoperto cantare in inglese e che ancora oggi apprezzo per i dischi in Italiano.

Sono questo qua, nato e cresciuto in Emilia, regione in cui si ama davvero la musica…e certamente anche il rock d’oltremanica e d’oltreoceano. Da ragazzo ho avuto la fortuna di fare esperienza come deejay in alcune delle prime ‘radio libere’, e questo probabilmente mi ha fornito gli stimoli e lo slancio per poi diventare musicista e autore a mia volta. Fondai la mia prima band, che battezzai ‘Rocking Chairs’ nella primavera del 1981. Cantavo in inglese, cosa che mi è da subito riuscita molto naturale. Ma amo molto anche cantare in italiano. Sono come una moneta, ho due facce… 

Quale l’artista, e anche il genere, che maggiormente ti ha formato prima come semplice fan e poi come autore? E quale l’artista con il quale hai duettato anche solo nei concerti che ti ha messo addosso quell’adrenalina capace di farti dire “non ci credo sono qua con lui”. Personalmente ricordo Ian Anderson ma anche Elliott Murphy.

L’esperienza nelle radio dalla metà degli anni 70 agli inizi degli 80 mi ha dato l’accesso a imponenti quantità di dischi da ascoltare e assimilare, e come fan e appassionato ho amato tanti artisti e gruppi, celebri o meno, tanti generi dal rock classico al soul, dal blues, al folk e al prog, e pure la dance e l’easy-listening. Tutto ciò che riusciva ad emozionarmi ha probabilmente contribuito a formarmi, in qualche modo. Elvis, gli Stones e i Beatles, gli Who…poi i grandi songwriters come Dylan, Van Morrison, Elton John, Cat Stevens, Jackson Browne, e ovviamente Springsteen. Vocalmente ho sempre cercato di imparare la tecnica dalla black music, da grandi voci come Otis Redding, Joe Tex, Bobby Womack… Tutti mi hanno influenzato, parallelamente alle opere dei nostri cantautori, e alla canzone pop italiana e alla sua melodia. Credo che il mio modo di comporre e scrivere sia il derivato di tutte queste influenze. Per quanto riguarda i duetti, è una cosa che adoro, e devo dire che negli anni ne ho realizzati di incredibili, sia su disco che in concerto.  Emozioni immense. Tu citavi il grande Ian Anderson dei Jethro Tull e Elliott Murphy, ma io potrei aggiungere Willy De Ville, Buddy Miles, Dirk Hamilton, Carolyne Mas, Willie Nile…e tra gli italiani Elio e Le Storie Tese, i Gang, Cisco ex Modena City Ramblers, i Cheap Wine, i Ritmo Tribale…non riesco a ricordarli tutti, la lista è davvero lunga.

Dall’esordio con i Chairs fino a oggi di acqua sotto i ponti ne è passata e per l’appunto come la giudichi passata? Ovvero sei rimasto soddisfatto della tua carriera o pensi che qualche treno ti abbia sfiorato senza che potessi afferrarlo? Da fan dichiarato credo che l’aver scelto di scrivere e cantare in Inglese un genere che non appartiene alla nostra cifra musicale potrebbe averti penalizzato ma ti ha reso più esclusivo e vicino al tuo pubblico.

Non ho rimpianti né rimorsi. Sono felicissimo e appagato di quello che è stato il mio percorso artistico fino ad ora. Ho sempre amato i treni, ne ho presi tanti e forse qualcuno l’ho anche perso, come succede a tutti. Non si fa sempre centro. Ma con i ‘se’ non si va da nessuna parte, è andata così, e credo possa ritenermi ampiamente soddisfatto…Sono un indipendente, un outsider, non sono in competizione e non invidio nessuno, non riempio gli stadi, non vado in tv e i miei dischi non appaiono nelle classifiche, e semplicemente continuo a comporre e a realizzare i miei progetti nella più assoluta libertà artistica, esprimendomi sia in inglese che nella mia lingua madre. Senza vincoli, forzature, obblighi. E questo lo ritengo un bel privilegio. Sono molto fortunato ad avere musicisti e collaboratori che considero anche grandi amici, e un pubblico sicuramente ‘di nicchia’ ma colto e realmente appassionato alla mia musica…è tutto ciò che mi serve, tutto ciò che desidero. Inoltre da alcuni anni l’etichetta discografica indipendente ‘Route 61 Music’ pubblica le mie opere, e ne sono davvero contento. L’anno scorso è uscito il mio 24° album, e considerando anche tutte le ‘schegge sparse’ ovvero brani inclusi in varie compilation, tributi, collaborazioni eccetera…è ormai una discografia di una certa corposità.  Il mio esordio su disco l’ho avuto con i Chairs nel 1987, quindi ad oggi sono trascorsi 34 anni precisi. In pratica ho pubblicato un album ogni anno e mezzo…mica male come media, no?

A proposito dell’esperienza con la lingua “Inglese” ti faccio una domanda per me sanguinosa e riguardante un passato (ormai) remoto. Cosa spinse i Chairs a intraprendere strade differenti? Ovvero quale la linea di confine oltre la quale il gruppo preferì sciogliersi?

Guarda, i Rocking Chairs li fondai nel 1981, e nelle varie fasi ci furono tanti cambi di formazione. Ovvio che la maggioranza degli appassionati tende a identificare la band con la formazione ‘classica’ dell’album ‘Freedom Rain’, quella che ha voluto ritrovarsi qualche anno fa in una breve ‘reunion’ esibendosi in una quindicina di apprezzati concerti, nel 2014-2015…Mah, forse la band io non l’ho mai realmente sciolta, semplicemente dopo l’uscita del mio primo disco solista in italiano nel 1993, ognuno nel frattempo ha fatto diverse scelte di vita, trovato nuove strade, altre opportunità.  Ricordo che insieme registrammo anche del materiale per un quinto album, che poi rimase nel cassetto per anni e che successivamente io volli ultimare e pubblicare a mio nome, nel 2002, intitolandolo giustamente ‘Lost and Found: songs for the Rocking Chairs’. Lo ritengo a tutti gli effetti il quinto album dei Chairs.

L’ultimo LP riguarda una tua vecchia passione ovvero I Nomadi e in particolar modo Augusto Daolio, come mai un cd di cover per un’artista comunque prolifico come te?

Si, sono abbastanza prolifico, e ho nel cassetto una ventina di canzoni inedite che ho scritto recentemente durante i periodi di lockdown, cose che in futuro potrebbero diventare il mio quarto album in italiano, vedremo…Beh, riguardo ad Augusto, il progetto di un intero disco per omaggiarlo l’avevo in mente da molto tempo. Forse già dal 2001, quando scrissi e registrai la ballata ‘Augusto cantaci di noi’ che venne inclusa nell’album ‘Storie dalla Via Emilia’. Augusto e i Nomadi li andavo a vedere da ragazzino, alle feste popolari del mio paese, mi emozionavano, e posso senz’altro affermare che anche loro furono di grande stimolo per accendere in me il desiderio di diventare musicista, un giorno. E poi di Augusto mi affascinava il suo modo particolare di cantare, la sua vocalità, e condividevo con lui la passione nell’interpretare brani altrui. Nel mio disco ‘Augusto: omaggio alla voce dei Nomadi’ ho voluto reinterpretare proprio alcune delle ‘versioni italiane’ di classici internazionali come ‘Ti voglio’ di Bob Dylan, ‘Ho difeso il mio amore’ dei Moody Blues, ‘Ala Bianca’ di Elton John, ‘L’auto corre lontano’ di Jimmy Webb…oltre a un paio di classiconi di Francesco Guccini!

Hai dedicato numerosi LP al mondo del fumetto. I personaggi Bonelli e le sorelle Giussani, oltre ai tuoi fans, ancora ringraziano. Ci saranno nuovi lavori dedicati ai comics?

Al momento non credo. Zagor, Tex, Mister No, Diabolik…Quattro album di fila dedicati a tre eroi ‘buoni’ e uno ‘cattivo’ credo che al momento possano bastare. Ma il fumetto è per me una passione importante tanto quanto la musica, e non smetto mai di citarlo o omaggiarlo. Nel mio ultimo disco, dedicato ad Augusto Daolio, ho voluto reinterpretare le canzoni ‘Mille e una sera’ e ‘Gordon’, che di diritto si inseriscono proprio in questo contesto. Una era la sigla di una splendida trasmissione tv di cartoni animati che guardavo da bambino, l’altra è dedicata a Flash Gordon, l’eroe delle strip di fantascienza creato da Alex Raymond…E pensa che già in ‘Listen To Your Heart’, brano che scrissi per i miei Rocking Chairs nel 1988, c’era una strofa dedicata all’eroe dei fumetti Marvel chiamato Silver Surfer. Musica e fumetto, rock&comics, per me funzionano bene insieme!

A proposito di prolificità e fumetti ormai ti giudichi più cantautore, appassionato di fumetti, esattamente come il sottoscritto, o traduttore di questi ultimi?  

Un po’ tutto. A volte mi piace definirmi semplicemente autore. Autore della mia musica, delle mie opere, dei miei testi, dei miei saggi e degli art-books dedicati ai grandi artisti del fumetto, delle traduzioni dall’inglese che ormai da anni realizzo per alcune case editrici. La prestigiosa collana del ‘Prince Valiant’ di Hal Foster in primis…ne sono davvero orgoglioso.

Dove sta andando il mondo del rock? Il successo, forse anche un po’inatteso, dei Måneskin può giovare a tutto il movimento? Lo dico nonostante le polemiche che hanno suscitato fra gli addetti ai lavori. Mi riferisco ai Lacuna Coil che non l’hanno mandata di certo a dire a chi snobbava il genere prima del successo di Damiano David e soci.

Bah, io non so se qui da noi attualmente ci sia un ‘movimento’ rock, o se ci sia un ‘mondo del rock’…Ci sono stati dei cambiamenti incredibili, anche drammatici, ultimamente anche la pandemia. La tecnologia, il web, i social hanno cambiato la musica e il pubblico di conseguenza, nel modo di fruirla e percepirla. Sinceramente non so che dirti a riguardo dei gruppi che menzioni, certamente se degli artisti italiani riescono ad avere successo anche all’estero ritengo sia una cosa buona, a prescindere dal genere musicale che propongono. La musica deve restare viva, è e fa parte del linguaggio universale, come il pianto o il sorriso. La musica è espressione, è vita, non si può stare senza. Stiamo accesi…adios!

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