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Dream Theater – A View From The Top Of The World

2021 - Sony Music
progressive metal

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Tracklist

1. The Alien
2. Answering The Call
3. Invisible Monster
4. Sleeping Giant
5. Transcending Time
6. Awaken The Master
7. A View From The Top Of The World


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Da alcuni anni a questa parte bisogna dire che i paladini del prog metal mondiale, nella maniera più debole possibile, cercano a stenti di rinnovarsi ad ogni album, rimanendo però sul punto più alto (non tanto o non solo della musica, ma del genere) come coloro che hanno superato tutto e tutti. I dischi dell’era Mangini erano degli album di ottima fattura produttiva, ma quello che ne veniva fuori alla fine, era il solito compitino riuscito, ma che comunque divideva fan di vecchia e nuova data e la critica. John Petrucci alla fine non si è fatto sopraffare troppo dai progetti che ha avuto sia quest’anno che nel 2020 (Terminal Velocity e Liquid Tension Experiment 3) stessa cosa vale anche per i suoi compagni, Rudess, Myung e Mangini. Ecco, su quest’ultimo (menzione d’onore) ci dobbiamo soffermare sul fatto che, la batteria qui suona più rotonda, spaziale, visto e considerato che nel drumming a livello di mixing e mastering è stato sempre criticato, qui ci sono tutte le accortezze del caso, senza compressare troppo, dagli octoban tanto gettonati agli splash e stax, tutto quanto a volumi più curati.

Tiriamo in ballo pure il lancio della nuova Majesty 8 corde, che faceva presagire anche qui in maniera divisoria, lanciando molti polveroni sul futuro di questo “A View From The Top Of The World“. Detto tutto questo passiamo ai fatti, voi logicamente vi chiederete, com’è questo album? È un disco ingannevole, un lavoro dallo sforzo lodevole, che non è immediato come i precedenti album ci hanno insegnato. “A View From The Top Of The World” cerca di ricalcare le sonorità di “Systematic Chaos“, però a primo e secondo ascolto è un album molto bipolare, che scambia bene il climax tecnico con quello melodico, quindi di primo impatto lo spiazzamento è inevitabile.

Si parte con il singolo The Alien, un brano tiratissimo dove ogni componente del gruppo preme sull’acceleratore in quarta e ci presenta una canzone fulminea, che non si ferma davanti a niente e a nessuno. Da questo momento in poi l’album è nettamente un crescendo, perché Answering The Call e Invisible Monsters sono il trampolino di lancio verso quello che è veramente l’album. Sleeping Giant è un racimolare di riff intelligenti da parte di John Petrucci. Se quest’ultimo negli ultimi anni pareva un po’ svuotato a livello di idee, qui ritorna la fantasia, e ritorna anche in pompa magna Jordan Rudess con dei suoni di tastiera molto particolari dal taglio sci-fi.

Per i più nostalgici, Transcending Time potrà essere il miglior brano di questo album, il motivo è presto giunto. La canzone prende in prestito, o meglio, strizza l’occhio alle sonorità tipiche dei Rush, nonostante le linee vocali un po’ discutibili di James Labrie. Il brano funziona, e non stona le coordinate che sono già prefissate in questo lavoro. La mazzata incredibile ce la dà sempre Petrucci con Awaken The Master, unico brano suonato con la 8 corde, suonata con grande intelligenza e misura, ma che nel complesso rimane un brano non troppo frenetico ma bensì cesellato.

Probabilmente il momento che tutti si aspetteranno è la suite mastodontica di 20 minuti, nonché title track. Ahimè, non è la nuova a Change Of Seasons o Octavarium, ma è comunque una suite che in questa nuova era del gruppo funziona. Molti momenti e molte atmosfere, il pezzo è equilibrato e si divide in “aggressivita”, situazioni un po’ più ambient e soluzioni che si ripetono in varie tonalità. Come sempre lascio a voi l’ascolto e il giudizio, perché ci troviamo dinanzi ad un album contrastante. Andy Sneap (I più metallari lo conosceranno) ha fatto un lavoro stupendo per quanto riguarda la produzione dell’album, quindi l’ascolto è consigliato in cuffia.

Nel complesso, a “A View From The Top Of The World” gli va dato quello che si merita, tutti i brani sono arrangiati nella maniera più complicata possibile se vogliamo, però è un disco intelligente che, inizialmente, giocherà un po’ a nascondino con l’ascoltatore. A differenza dei dischi precedenti qui troviamo tanta roba, ognuna con un valore diverso, quindi la premessa è subito…datevi il tempo necessario per assimilarlo, nonostante il cantato di James Labrie che è arrivato al capolinea.

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