1. Bessie, Did You Make It?
2. The Path Of The Clouds
3. Couldn’t Have Done The Killing
4. If I Could Breathe Underwater
5. Elegy
6. Well Sometimes You Just Can’t Stay
7. From Vapor To Stardust
8. Storm
9. Turned Into Air
10. And I Dream Of Running
11. Lemon Queen
Marissa Nadler cammina lentamente fuori dalle ombre dei sogni, varcando con assoluta calma e malcelata inquietudine il portale della realtà. Vent’anni di carriera, nove album e ad ogni nuovo gradino sembra sempre raggiungere la vetta di una torre immaginifica, fatta di sogni infranti e bagnata dallo scrosciare del malessere degli esseri umani, eppure è solo illusione, perché ogni volta si fa un salto talmente alto da aggiungere almeno altri due piani alla costruzione.
Quanto ancora ci si può dunque ingannare di salire in alto quando, escherianamente, si sta puntando ad un sottobosco di sentimenti che stazione nell’oscurità? Si può rispondere ascoltando “The Path Of The Clouds”, specchiandosi nelle acque limpidamente torbide, cullati dalla voce di Nadler, così morbida, soffiata e toccante. Fa sempre così tanto male, eppure non si può farne a meno, è una necessità viscerale.
Il cuore della dialettica nadleriana risiede al centro di Elegy, nella frase “It’s always midnight in my heart”, ma l’abbrivio è una muder ballad femminea in sospensione aerea, Bessie, Did You Make It? che rovescia il mondo e guarda alla libertà nel mondo fallato degli uomini, ma di altre ballate ricoperte del pulviscolo dell’amarezza si muovono nelle profondità, Storm che è una preghiera di salvezza dalle tenebre disperata e avvolgente, strugge a sua volta Turned Into Air nel cui abbraccio ammette Emma Ruth Rundle e il suo dolore elettrico, un attimo per poi scomparire. Sogni movimentati, la marcia su strade dimenticate, il passato che interpolato al presente, come un loop temporale che si avvinghia a If I Could Breathe Underwater, dardeggia nelle progressioni di And I Dream Of Running e cade dal cielo divelto nella title track, Well Sometime You Just Can’t Stay con le chitarre elettriche che sbeccano il cristallo e Couldn’t Have Done The Killing sulla strada maestra dell’ispido languore della morte.
Marissa canta tutto nel suo incantesimo infinito, come aria fredda che s’insinua nei pochi spazi di libertà, anche in campo aperto. Ogni frase è incisa nella pietra. Ogni passaggio è tremore. Ogni pausa terrore che non torni più.
E invece torna, ancora una volta, a ergersi, con un album che si stende sui tempi allucinanti che ci ritroviamo obtorto collo a vivere.