Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Emma Ruth Rundle – Engine Of Hell

2021 - Sargent House
songwriting

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Return 
2. Blooms Of Oblivion
3. Body
4. The Company
5. Dancing Man
6. Razor’s Edge
7. Citadel
8. In My Afterlife


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Emma Ruth Rundle ha tre anni più di me ma ascoltando “Engine Of Hell” sembra abbia vissuto l’equivalente di cento vite, tutte all’ombra del dolore. Avrei voluto riservare questa frase in chiusura ma è inutile nascondere ciò che è il cuore di un disco, anche se frantumato in una miriade di brandelli abbandonati sul pavimento.

Ultimamente capita che non mi approcci nemmeno ai singoli apripista di un album, perché ritengo che certe opere vadano ascoltate nella loro interezza, dunque prima di metterlo su non sapevo cosa mi sarebbe toccato facendolo, a parte il commento dell’ex-direttore Mascagna che mi svelava la natura acustica di “Engine Of Hell”, portandomi a temere il peggio, ché certe volte un’artista che si lascia indietro certi elementi, come l’elettricità nel caso di Rundle, rischia. Spesso non c’è scelta, è la musica a scegliere il musicista, abbracciandone lo stato d’animo, liberandolo o imprigionandolo definitivamente nella sua condizione. Questa è una prigione senza sbarre.

Un manto di solitudine ricopre tutto, diventa l’unico vestito da indossare di fronte alla sofferenza. La malinconia l’inchiostro in cui intingere la penna per scrivere qualcosa, vergando della propria esistenza e di tutte le sue sfumature di grigio. La voce di Emma è un soffio caldo che fa rabbrividire di freddo, il microfono così vicino da poter sentire il cuore battere al minimo della velocità e le parole sgorgare dall’ugola, viaggiando su montagne della paura la cui vetta è sempre lontana, irraggiungibile, come un racconto votato ad un finale terrificante, spinta di forza in un morboso tepore mnemonico.

Legno e corde toccati, accarezzati, poi straziati che si affiancano all’avorio dei tasti del piano che scricchiolano sotto tutto il peso narrativo e si fanno altare per un sacrificio vocale. Si alternano nel chiarore novembrino al punto da divenire parte del tessuto freddo, come nebbia che cala lentamente fino a lambire il mondo, i ricordi, il vissuto. “A rich belief that no one sees you”, non è solo una frase, bensì il centro nevralgico e fragile come vetro ghiacciato, il battesimo di un intero lavoro d’introspezione e amarezza sconfinata.

[…]I’m taking you with me and it’s very fucked up and imperfect”. Non poteva essere altro che così.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni