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The World Is A Beautiful Place & I’m No Longer Afraid To Die – Illusory Walls

2021 - Epitaph
emo / post-rock

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Tracklist

1. Afraid to Die
2. Queen Sophie for President
3. Invading the World of the Guilty as a Spirit of Vengeance
4. Blank/Drone
5. We Saw Birds Through the Hole in the Ceiling
6. Died in the Prison of the Holy Office
7. Your Brain Is a Rubbermaid
8. Blank/Worker
9. Trouble
10. Infinite Josh
11. Fewer Afraid


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“Our dreams get drowned in a river of present needs.”

Che questa band dal nome chilometrico sia stata nel decennio scorso uno dei nomi di punta dell’emo revival è un dato di fatto. Che siano stati anche un gruppo in grado di plasmare la materia musicale del genere di loro appartenenza più intensamente rispetto a molti loro colleghi è un’opinione del tutto personale di cui mi assumo ogni responsabilità. A loro modo “Whenever If Ever” e il da me amato “Harmlessness” rappresentano in modo diverso il tentativo di mantenere un equilibrio tra un esercizio di stile derivativo e la ricerca sonora ricorrendo a archi, strumenti acustici e tastiere come comprimarie. 

E dopo un disco non necessariamente brutto ma un po’ sicuramente sotto il par e passato in sordina come “Always Foreign” era legittimo aspettarsi che la fiamma si sarebbe spenta un passo alla volta, mentre le stesse ceneri di questa rinascita emo si disperdono con l’inizio di un nuovo decennio che esige nuovi approcci e nuove soluzioni. Del resto se colleghi come i Foxing hanno bisogno di abbracciare l’indie rock e contaminazioni post-wave è proprio perché non ci si può permettere di vivere eternamente nel riflesso di un sempiterno Albatross. Sembrerebbe quindi, sulla base di queste premesse, che nel 2021 difficilmente si possa giustificare un ancoraggio così fedele alla matrice emo senza apportare qualche ritocco. 

E invece con questo “Illusory Walls” si assiste a un colpo di coda inaspettato che non sembra snaturare quanto di buono sia stato fatto in passato. Un disco fedele alla loro identità ma talmente ispirato da consacrarsi, a mio giudizio, come l’apice inatteso di una band che a quanto pare aveva bisogno di cuocere ancora un po’ prima di dare il meglio di sé. 

Un lavoro ambizioso e struggente, eterogeneo ma con un’atmosfera compatta, in grado di sostantivare le angosce dello scenario (post?)pandemico contemporaneo attraverso una miscela di emo, post-rock, punk e slowcore che configura la quintessenza del suono di questo quintetto del Connecticut. 

I testi spaziano dalla malattia mentale – topos della band sin dai loro esordi -  alla religione mantenendo costanti i riferimenti con un immaginario fantasy e epico (il titolo del disco è ispirato al videogioco Dark Souls), interpretati magistralmente da David Bello e Katie Dvorak i cui intrecci vocali raggiungono una chimica assai più determinante rispetto ai dischi precedenti. 

Le tracce sono tutte – tranne forse i due interludi Blank– tra le più alte composizioni del gruppo, con particolare riferimento a tre pilastri per me diventati imprescindibili: Queen Sophie For President che mostra quanto il pop-punk degli anni 90 sia stato un legittimo trampolino affinché nascessero poi cose più ricercate, magari mutuate dal jangle-pop e dall’indie rock come in questo caso; Died In The Prison Of The Holy Office, un meraviglioso esempio di crescendo sonoro, capacità melodica (bellissime le sovrapposizioni vocali) e progressività; Infinite Josh, a mio avviso il pezzo migliore in assoluto mai scritto da loro, che con i suoi 15 minuti consacra il monumento che un gruppo così prolisso aveva bisogno di scrivere col risultato finale di essere estremamente scorrevole e coinvolgente in ogni sua sezione. 

Non che nel resto della tracklist non si voli altissimo, essendoci tante cose per cui gioire: le atmosfere dilatate di We Saw Birds Through the Hole in the Ceiling, i virtuosismi chitarristici vicini al math rock di Invading the World of the Guilty as the Spirit of Vengeance, le ritmiche sincopate nelle strofe di Your Brain Is a  Rubbermaid, la capacità di suonare più diretti in un singolo come Trouble e di lasciare spazio in chiusura, senza appesantire, a un secondo monumento, questa volta da quasi 20 minuti, come Fewer Afraid.

Se siete fan c’è la possibilità vi sia sfuggito non essendoci stato un grande background pubblicitario o più semplicemente perché dopo ”Always Foreign” pensavate come me che non avessero più molto da dire. Vi stupirà scoprire che questo “Illusory Walls” è invece il capolavoro assoluto dei The World Is A Beautiful Place & i’m no Longer Afraid To Die e che a prescindere da quanto siate d’accordo con questa affermazione è il caso comunque che andiate a buttarci un orecchio.

Per tutti gli altri può essere la volta buona per ricredersi su una band non sempre compresa dalla critica o magari, più semplicemente, per scoprire una band mai ascoltata. Per quanto mi riguarda uno dei dischi più belli di un’annata non certo povera di grandi uscite. 

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