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Parquet Courts – Sympathy For Life

2021 - Rough Trade Records
dance / punk / indie

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Tracklist

1. Walking at a Downtown Pace
2. Black Widow Spider
3. Marathon of Anger
4. Just Shadows
5. Plant Life
6. Application/Apparatus
7. Homo Sapien
8. Sympathy for Life
9. Zoom Out
10. Trullo
11. Pulcinella


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A tre anni di distanza dall’acclamato “Wide Awake!“, “Sympathy for Life” è il nuovo album dei newyorkesi Parquet Courts, una delle più belle – e sottovalutate – realtà in ambito (indie) rock degli ultimi dieci anni. Scritto e registrato quasi interamente prima dell’inizio della pandemia, “Sympathy for Life può essere definito come il lavoro più ambizioso e complesso della carriera della band. Per tali ragioni, probabilmente, si tratta anche di quello destinato a dividere come non era mai accaduto prima.

Se, rispetto al passato, già “Wide Awake!” rappresentava un significativo cambio di passo, con un rinnovato ventaglio di influenze e un suono mediamente più pulito, figlio anche della produzione di Danger Mouse, l’ultima fatica discografica del quartetto, nel suo essere anche solo concettualmente più vicina alla dance e al mondo del clubbing, rappresenta un’autentica rivoluzione: musicale, inevitabilmente, ma, in un certo senso, anche politica. Coincideva, infatti, con il lungo tour a supporto di “Wide Awake!” – che purtroppo non ha toccato l’Italia – l’avvicinamento alla musica dance e alla techno di Austin Brown e Andrew Savage: il primo, in particolare, ha confessato di aver avvertito una certa stanchezza rispetto alle aspettative che circondano una rock band, ma anche di non amare l’aura di celebrità dei musicisti rock, mentre Savage ha raccontato di aver frequentato una palestra sotto effetto di droghe psichedeliche e che questa esperienza ha, in qualche modo, ispirato e avviato il processo di scrittura. Non si è trattato, dunque, solo di un mero desiderio di rinnovamento artistico, quanto di un percorso più ampio, che comprende anche ragioni non strettamente musicali.

Sympathy for Life” è stato registrato fra le Catskill Mountains, dove avevano preso forma anche “Sunbathing Animal” (2014) e “Human Performance” (2016), ma stavolta con un approccio completamente nuovo: la band ha lavorato con diversi produttori a lunghe jam improvvisate, ma alla fine ha scelto di conservare soltanto quelle realizzate con Rodaidh McDonald e John Parish. Basta poco per saggiare la portata del cambiamento: Walking at a Downtown Pace, pubblicato anche come singolo, apre su percussioni dal sapore funky e si sviluppa come un ipnotico blues che sembra promettere una virata decisa verso qualcosa di più ballabile. Alla fine non lo farà, ma è un pezzo che piacerebbe moltissimo a Bobby Gillespie e non è un caso che, nelle varie interviste che hanno preceduto la pubblicazione del disco, “Screamadelica dei Primal Scream venga menzionato in più di un’occasione come una delle principali influenze, in termini ideali e operativi ancor più che sonori. Stipato in apertura c’è un altro brano che ha preceduto l’uscita dell’album: Black Widow Spider, un trip acidissimo a cui i fedelissimi dei Parquet Courts non erano particolarmente abituati. Il passo è sostenuto, sciogliendosi soltanto sul ritornello, e nel complesso l’impressione è quella di un’orgia musicale fra i Primal Scream degli esordi, i Rolling Stones e gli Spacemen 3, ma Sympathy for Life” deve ancora svelare le sue pieghe più inattese.

Potrebbe non sconvolgere Marathon of Anger, nonostante il suo afflato dub, perché in grado di rievocare l’esperimento già noto di Before the Water Gets Too High in Wide Awake!. Questa volta, però, il suono è molto più liquido, la chitarra spinge (ancora) educatamente in direzione funky, trasportando in un’atmosfera byrniana che ricorda Slippery People. Ispirato dalle proteste del movimento Black Lives Matter della scorsa estate, Marathon of Anger è il pezzo scritto più tardi dai newyorkesi, di fatto l’unico a essere nato durante la pandemia e non prima. Allo stesso modo, Just Shadows ha qualche vaga affinità con Freebird II: basso irresistibile e reminiscenze Television e Pavement in un percorso dolcissimo, impreziosito da una coda ancora acidula. Plant Life, a metà del percorso, è un dolce danzare su note che arrivano da un ipotetico incrocio fra i primi Django Django, i Jagwar Ma e i Primal Scream: quasi sei minuti che sarebbero stati apprezzati in qualche discoteca di Manchester all’alba degli anni Novanta. Si cambia ancora registro col vortice ipnotico di Application/Apparatus cheincalza e si addentra in lande synth punk scurissime, non troppo distanti dall’etichetta post-.

Il garage punk di Homo Sapien, ultimo singolo estratto dal disco, scivola quasi più leggero, perché rappresenta, tutto sommato, una strada più simile a quelle già battute dai Parquet Courts in passato, ma con le due successive si arriva (o si torna, fate voi) in orbita baggy: le percussioni della titletrack, per esempio, sembrano provenire dagli Stone Roses e tornano a flirtare con il Madchester più funkeggiante, ma non è da meno Zoom Out, altra fulgida manifestazione del desiderio di rincorrere groove fitti e dall’umore danzereccio. Nel calderone di influenze che hanno segnato la gestazione di “Sympathy for Life“, comunque, una menzione d’onore spetta ai Talking Heads, più presenti che in “Wide Awake!“: è anche il caso di Trullo, sospesa fra “I Zimbra” di David Byrne e soci e l’ultimo scampolo di “Sandinista!” dei Clash. A chiudere, un po’ come in “Wide Awake!“, è un pezzo più morbido, una ballad in odore di Pavement più ammansiti, che porta ancora il nome di un simbolo del Sud Italia: Pulcinella.

Come accennato in apertura, il nuovo album dei Parquet Courts andrà incontro a diversi giudizi entusiastici, ma presterà anche il fianco a qualche bocciatura. Presumibilmente, a dividersi sarà il nucleo di chi ne ha seguito il percorso fin dagli esordi, anche più che la stampa di settore, perché, per quanto il quartetto abbia sempre cercato di non essere mai troppo simile a sé stesso, pur conservando un’identità solida e riconoscibile, questa volta l’evoluzione è stata decisamente più radicale e i punti di contatto col passato sono numericamente meno. Forse era un approdo nemmeno troppo prevedibile, se non altro in queste proporzioni, che sono quelle di un disco (quasi) più funk che rock e (quasi) più psych/dance che punk, ma se c’era una strada da percorrere per continuare un percorso di crescita, – a maturazione e, se volete, anche consacrazione già avvenute – probabilmente, era proprio questa.

Alla fine, quindi, i Parquet Courts hanno avuto ancora ragione: è una svolta ambiziosa, ma che affascina, che trasuda un enorme talento compositivo e un’urgenza creativa che appartiene a pochissimi colleghi d’estrazione simile. E allora, in attesa della prossima trasformazione e nella speranza che la band sia finalmente riconosciuta per il suo reale valore, “Sympathy for Life” può addirittura diventare il migliore dei sette dischi fin qui pubblicati.

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