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Me And That Man – New Man, New Songs, Same Shit Vol. 2

2021 - Napalm Records
rock'n'roll / outlaw country

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Tracklist

1. Black Hearse Cadillac (feat. Hank Von Hell, Anders Odden)
2. Under The Spell (feat. Mary Goore)
3. All Hope Has Gone (feat. Blaze Bayley, Gary Holt, Jeff Mantas Dunn)
4. Witches Don't Fall In Love (feat. Kristoffer Rygg)
5. Losing My Blues (feat. Olve Abbath Eikemo, Frank The Baptist, Chris Holmes)
6. Coldest Day In Hell (feat. Ralf Gyllenhammar, Douglas Blair)
7. Year Of The Snake (feat. David Vincent)
8. Blues & Cocaine (feat. Michale Graves)
9. Silver Halide Echoes (feat. Randy Blythe)
10. Goodbye (feat. Alissa White-Gluz, Devin Townsend)
11. Angel Of Light (feat. Myrkur)
12. Got Your Tongue (feat. Chris Georgiadis)


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Va da sé, se c’è un primo volume basterà attendere quel tanto che basta per averne un secondo, e lo stesso vale per “New Man, New Songs, Same Shit”. Adam Darski è di nuovo tra noi, sporco di polvere e sangue, chitarra in braccio e tutti gli altri cliché del caso, che quando si parla di Me And That Man sono tutto tranne che un malus. Si porta dietro mezza Europa (e non solo), Nergal, e la teletrasporta al crocevia del Diavolo, dritto negli Stati Uniti oscuri, e rieccoci catapultati nel putiferio demoniaco di cuori distrutti e deserti a perdita d’occhio.

Questo è il solo ed unico luogo in cui sentirete Krystoffer Rygg intonare gospel ben poco elegiaci, tanto umani e copiosamente sudati e stregoneschi in balia del bluegrass (Witches Don’t Fall In Love), la leggenda vivente Blaze Bayley lasciare da parte l’heavy metal e buttarsi a capofitto in un blues martoriato e martoriante (All Hope Is Gone), quella belva di Abbath che con movimento pelvico e tutto anche rievocare l’anima di Lemmy sputando nel microfono veleno e preghiere rock’n’roll (Losing My Blues è il miglior tributo-non-tributo ai Motörhead che sentirete da qui alla vostra dipartita terrestre, lo dico e non lo nego) e parlando di santificazioni c’è pure il papa, sì, ma quello infernale e spettrale che si nasconde dietro il nome Mary Goore, o Tobias Forge, o Emeritus, come cazzo vi pare, e fa il suo oc-culto rock imponendosi, ergendosi, maledicendo il mondo, alla maniera di Lanegan (Under The Spell) e, restando in tema QOTSA, non è forse Michale Graves quello che prega in ginocchio il Signore per blues e coca (Blues And Cocaine, e come altro avrebbe dovuto chiamarsi ‘sto pezzo)?

Non c’è un secondo di cedimento, ma nemmeno un millesimo di quel secondo in cui la luce attecchisca, tutto trasuda malessere e divertimento oscuro, ci si vede immersi nel Mississipi fino alle ginocchia, con le corde delle chitarre che lentamente stringono le gambe e trascinano a fondo in mezzo a mille diavoli e diavolesse assetate della vostra insana voglia di amarezza. Sul fondale profetesse soul che gridano attraverso la voce di vetro temperato di Alissa White-Gluz che gorgheggia duro in attesa dell’arrivo di sua bassezza Devin Townsend in chiave aurale (Goodbye) incubi outlaw country, a tesserne le trame la voce baritonale di David Vincent (Year Of The Snake) e quella (di)sgraziata di Randy Blythe che gioca a fare Hank Williams reincarnato (Silver Halide Echoes) ma ancor più gelati quando la navata centrale della chiesa diroccata viene irradiata da Myrkur (Angel Of Light) che con la sua presenza diafana spazza via tutto.

Adesso voglio il terzo volume. Lo pretendo. Voglio vedere fin dove si spingerà Darski.

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