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Interviste

Dalle nostre solitudini, musica intima, decontestualizzata e necessaria: intervista a Calci

CALCI è un duo romano composto da Luca Raffaelli e Stefano Buonamico, all’esordio discografico con l’album “Come quando fuori piovve” (qui la nostra recensione). Un disco che si rifà a sigle ingombranti come Slint, Godspeed You! Black Emperor, Radiohead, al kraut-rock e alla scuola di Canterbury, ma che non perde la caratteristica fondamentale di ogni prodotto musicale: l’originalità.

Innanzitutto, chi è CALCI? E da dove venite musicalmente parlando?

(LR) Siamo in due, all’anagrafe Luca Raffaelli (voce, bassi, sint, ritmica, rumori, musiche, testi e tagliaecuci) e Stefano Buonamico (chitarre, synth, rumori e urletti nonché musica in “bubu – settete”). CALCI nasce da una urgenza espressiva coltivata in anni di implosioni personali, a cui dovevamo dare una voce: un bisogno bisognoso, una via d’uscita, una valvola di sfogo.

(SB) Ci conosciamo da tantissimo tempo e a fasi alterne siamo più o meno restati sempre in contatto. Un giorno Luca mi manda dei pezzi folli e mi chiede se ho voglia di metterci la chitarra. In quel momento ero impelagato nello studio del jazz, ero musicalmente in un contesto molto razionale, lontano, per cui ho accettato un po’ scettico, soprattutto per amicizia. Poi invece mi sono divertito e questo è già il terzo progetto che facciamo.

La vostra è una musica complessa che sfugge a facili categorizzazioni. Qual è il processo creativo che vi porta a un risultato così interessante?

(LR) Gran parte della colpa è mia.  Compongo musica e testo in solitudine, arrangio la bozza del brano su garageband nella mia cantina-studio e giro a lui.  Stefano ricama milioni di note con le sue ditine veloci, arricchisce con sonorità magiche e sanguinose aggiungendo spessore al progetto originale. Infine mescoliamo il tutto cercando di non perdere di vista l’idea di             fondo originale; alla fine può anche capitare di ritrovarci su tutt’altro, con un brano partito e tornato più grande.

(SB) Confermo, Luca è piuttosto vulcanico, produce a ritmi forsennati, mi manda delle song fatte e finite. Io le piazzo sulla prima traccia e la mia prima reazione è quasi invariabilmente “ok, è storta e piena di roba, mò che ce faccio!?” Poi mi metto a registrare: registro sempre diverse tracce, rumori, disturbi, chitarre acustiche, elettriche, pulite, distorte e gli rimando indietro il tutto in file separati.

Non è facile nemmeno identificare le influenze e gli ascolti che si riflettono nella vostra opera. L’impressione è che vi siano dentro anni di ascolti di generi e artisti disparati. E’ così? Ci sono artisti o dischi che potete citare alla base di CALCI?

(LR) E’ così.  Siamo cresciuti in un epoca che sembra giurassica. Ricordo ancora la cantina di Stefano foderata di cartoni delle uova dove, tanti capelli fa,  provavamo i pezzi del gruppo dove siamo nati musicalmente (Lost Generation-Mushroom’s Patience –ndr) . Allora i riferimenti erano quelli della scena psichedelica d’oltremanica, il dark, il punk, l’underground, ma anche krautrock, industrial, prog e il post tutto. Il jazz della ECM; la melanconica appagante e sempre accogliente musica sperimentale, qualunque cosa significhi. Costretto a fare un nome? Uno che ne contiene molti: XTC.

(SB) Loro erano più grandi (mi venne affibbiato il nickname di “feto”) e ascoltavano tutta quella roba, mi hanno aperto un mondo. Ero affascinato, avevano un approccio naive, libero da ogni schema, praticamente non avevano idea di cosa stessero suonando a livello tecnico e armonico, era tutto molto istintivo. Io conoscevo solamente i classici del rock e da adolescente che puzzava ancora di latte ho assorbito come una spugna.

Uno dei punti di forza di CALCI sono sicuramente i testi. Mai banali, a tratti assurdi, a tratti inquietanti, di sicuro non facili a decifrarsi. Sono ispirati a qualcosa di preciso? Contengono un messaggio per l’ascoltatore?

(LR) TI ringrazio, a nome mio e del mio ego.  Scrivo testi autobiografici, racconto cose che sento, vedo, sogno o vorrei che fossero. Non ho messaggi per chicchessia, non temi socialmente utili. Sono combinazioni che rimandano a umori nascosti e repressi: suggerimenti d’animo.

Un altro punto di forza, sono le chitarre. Qual’è il background chitarristico di Stefano Buonamico e qual’è la strumentazione che ha usato per il disco?

[SB] Se dovessi unire i puntini del mio percorso chitarristico facendo dei nomi, forse direi:  Keith Richards, Jimmy Page, David Gilmour, Andy Summers, Robert Fripp, Jeff Beck, Bill Frisell, Marc Ribot. La mia ricerca consiste soprattutto nel suonare meno, amo avvertire lo spazio sonoro, non mi fanno impazzire gli arrangiamenti troppo carichi. In “Come Quando Fuori Piovve” ho usato una Stratocaster e una Ibanez come elettriche, una semiacustica Eastman, una acustica Taylor,  e una acustica baritona, sempre Taylor. A volte uso lo slide e spesso l’e-bow, che è un archetto elettronico che appoggiato sulle corde entra in risonanza con il pickup creando un effetto tipo violino. Per registrare le elettriche non uso amplificatori, vado in diretta usando delle simulazioni software per le distorsioni e i plug-in della DAW per gli ambienti. Le chitarre acustiche e semiacustiche invece sono riprese con un microfono a condensatore AKG.

Come Quando Fuori Piovve” suona come un disco “da lockdown”, come si usa dire oggi. Ossia, un disco concepito da individui isolati per ascoltatori isolati. Non certo un’opera destinata al karaoke o alla condivisione nelle discoteche o negli stadi. Quanto ha influito il periodo storico? E cosa ne pensate di un mondo in cui ci ritroviamo sempre di più a fare musica da soli, scambiandoci file con i membri della band, per realizzare prodotti musicali che saranno poi consumati tra quattro mura, oppure addirittura nell’isolamento acustico delle cuffie?

(LR) Tutto è contesto. Sono tempi deboli dal piede di piombo, terreno fertilissimo per coltivare paure deprimenti. Ma contemporaneamente è terreno fertile per scavare in profondità, portare in superficie radici benefiche e tuberi avvelenanti. L’isolamento è una condizione da affrontare comunque, con cui fare i conti a prescindere dal contesto o per merito dello scavo di trincee.

[SB] Luca ha dato una risposta evocativa che emotivamente condivido e non voglio cercare di elevarmi al suo livello narrativo. Rimanendo terra terra direi di sì: l’annullamento delle situazioni in presenza, serate o sala prove, mi ha spinto a ritirare fuori dal cassetto qualcosa che avevo riposto per lungo tempo: la passione per la registrazione e l’arrangiamento. Ho velocemente sistemato una postazione a casa e ho iniziato a coinvolgere amici per registrare qualcosa a distanza, cover e qualche pezzo mio, poi è arrivato Luca … Aggiungo che la dimensione casalinga e solitaria mi appartiene, mi dà tempo di pensare a lungo, provare, essere ridondante per poi alleggerire, sperimentare sul campo insomma; quando sei con gli altri o in una sala a pagamento non te lo puoi permettere, devi arrivare li con le idee già chiare.

In questo scenario, fa una differenza essere a Roma? CALCI è un progetto romano o, in definitiva, sarebbe potuto nascere in qualunque luogo in cui vi sia una connessione internet?

(LR) essere solitario e stufo mi aiuta a decontestualizzare. Non mi sento legato al territorio dove vivo, piuttosto lo subisco. CALCI è un progetto intimo, distratto dall’altrove.

[SB] Per quanto mi riguarda, sarebbe potuto nascere ovunque.

Avete mai pensato di portare CALCI live? È fattibile, magari con l’ausilio di altri musicisti? Pandemia a parte, pensate esista un circuito live per voi a Roma o altrove in Italia? In generale, esiste in Italia una domanda live per un prodotto musicale originale, che non siano le pur rispettabilissime cover band per nostalgici o per turisti stranieri nelle città d’arte?

(LR) Non sono uno scrittore, non sono un musicista, tantomeno un cantante. Non conosco una sola nota di quello che suono, non una che sia una, chiedetelo a Stefano…La mia voce risulta quantomeno sgraziata e la prestanza fisica non aiuta. Quindi posso senz’altro affermare senza dubbio alcuno che la versione live di CALCI sarebbe un successo planetario.

[SB] E chi è cantante, musicista e scrittore, allora? CALCI dal vivo? Sarebbe bello, ma utopico, totalizzante, direi che la dimensione creativo-poltronistica ci si addice di più.

Infine, perché lo fate? Qual è la motivazione per sbattersi a realizzare un prodotto di questo livello qualitativo, togliendo tempo alle cose ”obbligatorie” come il lavoro, la famiglia, ecc…Sapendo che, data la complessità del progetto artistico e la mancanza di un investimento promozionale, saranno in ben pochi ad essere raggiunti?

(LR) Perché no? Viviamo per questo! fare cose senza senso sensato per puro godimento personale. Per tutto il resto c’è Mastercard.

[SB] Io annovero le attività (ri)creative nella rosa delle cose “obbligatorie”; toglile e tutto il resto non funziona più, lavoro o famiglia che sia, più che sbattimento è per me una necessità. Ed è una necessità farlo ad un livello decente. Dove poi sia la soglia che separa il decente dal passabile è diverso per ognuno ovviamente. Ascoltare e fare musica con gli amici è una cosa che mi fa stare bene, la migliore, quindi lo faccio per me, ma quando qualcuno apprezza sono felice, pochi ma buoni va già bene.

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