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CALCI – Come quando fuori piovve

2021 - Autoproduzione
post-rock / sperimentale

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Tracklist

1. Bubu
2. OBtorto
3. Homholland Club Sandwich
4. Ma bene
5. Lascia
6. Mille dita
7. Dì qualcosa
8. Sanguisugo
9. QB
10. Settete


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“Da dove viene la musica? La musica viene dallo stesso posto da cui viene il mondo”. E’ questa frase di Robert Fripp che mi viene alla mente ascoltando la nuova opera di CALCI. Forse per le citazioni frippiane che, qui e là, la chitarra su “Come quando fuori piovve” sembra regalare. Già le possiamo sentire in Bubu, la prima traccia; appaiono dopo un riff acustico che sembra invece ispirato dal Ry Cooder di Paris, Texas e che torna nel finale Settete.

Leggevo recentemente Iosonouncane schernirsi e idealmente arrossire di fronte al florilegio di grandi nomi con il quale viene paragonato e dai quali, i vari recensori giurano che la sua musica deriva. Dovrà far piacere anche al duo romano sentirsi dire Kraut-rock, Canterbury (scuola di), Slint, Radiohead, Godspeed You! Black Emperor, Porcupine Tree, IDLES e ammetto che potrei star buttando i nomi e le sigle un po’ a caso perché mi son perso nei 45 minuti di “Come quando fuori piovve”. Alla fine, è la frase citata all’inizio quella che meglio disegna la situazione: una musica che viene da chissà dove, da anni e anni di ascolti e frequentazioni variegate, nonché da una creatività estrema e da una passione profonda.

Non canta mai davvero Luca Raffaelli, autore di quasi tutte le musiche, dei testi e responsabile di tutti i suoni, tranne che delle chitarre, acustiche e elettriche a cui provvede il suo complice, Stefano Buonamico. Parla o canticchia, buttando lì frasi che rimangono impresse, oppure si dimenticano dopo un istante: di certo, non va preso troppo sul serio e analizzato: “oggi si sta / come carta alla pareti”. Ricorda a tratti la genialità dadaista di Pasquale Panella, come nel titolo dell’album, salvo poi diventare inquietante, in altri momenti, come in un racconto psico-horror: “tu, essere di nessuno / che strano modo hai / di ridere senza argomento”. I testi non mancano di colpire, grazie anche a un mix che tenendo bassa la voce fa in modo di aumentare l’interesse e lo sforzo dell’ascoltatore per cercare di seguirli (vecchia tecnica già perfezionata da Lucio Battisti, tra gli altri).

Per il resto, non è musica che si balla, questa. Non è musica che si ascolta a cuor leggero mentre si cambiano i pannolini al bambino, anzi non è certo qualcosa a cui esporresti un bambino a cuor leggero, nel suo cupo incedere che non va da nessuna parte, anzi che ci riporta sempre al punto di partenza. Ma in questo incedere circolare le idee originali abbondano. È il caso di Dì Qualcosa, forse la traccia più immediata (si fa per dire) del disco insieme a OBtorto e Sanguisugo. Significativamente senza parole (se si escludono dei vocalizzi incomprensibili alla Goblin) malgrado il titolo, gira tutta attorno a un riff di basso semplice e squadrato da arena-rock con batteria in 4/4; il tutto poi muta in 5/4, ammette un po’ di variazioni elettroniche e torna al punto iniziale sfociando in un’apoteosi degna del miglior prog-metal, per non parlare del conclusivo stupendo e straziante assolo di chitarra.

Per parlare di “Come quando fuori piovve” abbiamo scomodato una quantità di sigle e artisti nelle quali non saprei proprio se i due artisti si riconoscono. Poco importa, in quanto serve a confermare la tesi iniziale sul mistero della musica. Un mistero che CALCI ci ricorda e ci conferma: conta solo l’originalità che qui certo non manca.

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