Le classifiche di fine anno vengono spesso viste come un modo per mettere in competizione artisti e produzioni artistiche tra di loro, ma – per quanto ci riguarda – la vediamo come un modo per fare ordine nelle centinaia di uscite mensili e dare menzione a chi secondo noi merita di venire ascoltato, riascoltato e non dimenticato. In parole povere “make classifiche not war”.
Dopo avervi dato la nostra opinione sui migliori album internazionali del 2021, passiamo ora al panorama italiano. Inutile prenderci in giro, per il secondo anno di fila non siamo veramente entusiasti al 100% delle produzioni di casa nostra, o, quantomeno, ce ne aspettiamo sempre più di quante non ne escano poi in realtà e il senso di sorpresa che di solito ci attendiamo è stato leggermente disatteso, ma non disperate, cose belle (a volte pure tanto) ne sono uscite. In questa nostra top 25 troverete quei dischi che invece ci hanno salvato dal periodo “flat” che ci troviamo ad affrontare quando si parla di produzioni italiane “non-allineate”, sempre che questo termine abbia ancora un suo valore (e per noi ce l’ha, fatevelo piacere).
Con la speranza che dall’anno prossimo noi si possa di nuovo gridare fortissimo alla vista di un numero più alto di dischi pazzeschi (magari pure di qualche nome nuovonuovo che male non fa) questa è la nostra classifica. Il solito consiglio che vi diamo è di non prenderla come una vera e propria classifica in senso stretto, ma più come una guida all’ascolto tra quelle che riteniamo essere le migliori uscite discografiche italiane del 2021.
Cosa dice, Spano.? Parla con urgenza, non si perde in fronzoli, dritto al punto, mentre la luce svanisce e la città si fa fredda, è notte e ci sono gli spettri che si aggirano nei vicoli, lui li narra, uno ad uno.
In poche parole: musica da ballare da soli al buio.
“The Giant Nothing” è una missione fatta di tensioni che si propagano nello spazio adiacente in un reticolo sonoro pressante e multiforme, delicato e alieno, pregno di contrasti e visioni nel buio.
Grezzo, elettrico, lascivo, sornione, cattivo, infernale. Le bestie davvero non hanno bisogno di rimpianti, solo di chitarre, batterie e voci affilate come lame forgiate nel girone dei lussuriosi
Il sound dei Mondaze apre orizzonti notevoli e ci porta verso generi sofisticati e di nicchia, parte dallo shoegaze e aggiunge quella vena robusta di post-metal in stile Alcest e Deafheaven, introducendo anche passaggi di grunge.
“Scordato cuore” è un concentrato poetico di leggiadria e suoni stridenti, prende tante lezioni passate modernizzandone l’abito, cucito su misura, bello e calzante a pennello
“SCURO CHIARO” è un album che fa rabbrividire, porta in dote risonanze granulari, massimali e minimali, si spinge in uno spazio cavo e lì comincia la creazione di strutture aritmiche le cui sintetizzazioni distorte rivoltano il cuore come un calzino
I Fine Before You Came si sono ritirati ai margini della vita urbana per registrare il loro ultimo disco. Ma il tutto risulta ugualmente molto più legato ai nostri quotidiani affanni di quanto si possa immaginare.
“Ambienti e rovine” è anche e soprattutto un disco politico, è un quadro chiaro della situazione che illustra un punto che si avvicina al non ritorno. Una raffinatissima ed elaborata ricerca distopica, ambientale, sonora e, non ultima, umana.
In “ØR” prendono vita mondi dissonanti e sono una corsa infinita attraverso la sperimentazione ricercata su paesaggi immaginari con un impatto prezioso e notevole
Non si riesce a star dietro ai Paperoga, che evidentemente vivono nella stessa stralunata dimensione della loro controparte a fumetti, la rendono reale, tirano su una gabbia e ci lanciano dentro un branco di scimmie sbiellate, evocano locuste che escono a sciami da bocca e strumenti, piazzano mille cariche di dinamite laddove nessuno si oserebbe di metterle, fanno un macello vero, che cazzo di macello è “Santa”
Troppo tardi per sognare, già, per immaginare il futuro, perché eccolo qui, ci è entrato in casa e ha reso reali gli incubi di coloro che a loro lo descrissero come l’Inferno in Terra, un luogo immerso in un incendio che non si estingue mai, alimentato dalle persone, avide, grette, indifferenti al fatto che il luogo in cui vivono si stia sgretolando. Simm lo guarda andare in mille pezzi e anziché idealizzarlo lo dipinge per quel che è
Un disco caciarone e sbracato come solo Napoli sa essere e che, a conti fatti e pur con il sorriso, è il miglior disco di musica estrema uscito nel 2021 in questa Italia che non sa più far male.
Non è solo un album, va da sé. È un modo per rafforzare la memoria, in un mondo in cui l’anelito alla perfezione è prodromo dell’esclusione. Esclusione di tutto ciò che è considerato “diverso”. Esclusione di quel che non sta al passo con la velocità supersonica del tutto. Ricordare, invece, è importante.
“II” è un album commovente, sotto certi aspetti, perché è un po’ come la continuazione naturale, evoluta e rimarcata al tempo stesso, di un periodo vivido e magnifico per il punk hardcore italiano
La ricerca sonora e la voglia di scavare a fondo nella propria creatività è estremamente presente, “Quale futuro?” alza decisamente l’asticella, unendo suoni aggressivi tipici del punk all’eleganza e alla raffinatezza degli elementi elettronici più vicini alla new wave anni ’80
La voce di Augustine è deliquio di dolcezza oscura, un guanto di seta nera che carezza ogni brano e ne innalza le qualità e ne sottolinea la forte natura dicotomica, di prigionia e libertà assoluta. Il castello melodico è diafano, un soffio, le chitarre passano di stanza in stanza senza riposo
“Cargo Cult” è un’allucinazione, nell’Italia non allineata del 2021. Ascoltandolo non ti pare vero sia un esordio, eppure è proprio così
Una traccia tira l’altra, l’ascolto è sicuramente impegnativo, non adatto a tutte le orecchie, ma l’ascoltatore che si approccia con la dovuta curiosità e la giusta dose di silenzio intorno a sé trova un prodotto che non delude
Viscerale, crudo e fragoroso, “Avalanche” appare oggi quasi un’apparizione spettrale nel panorama italiano, un disco di rock granitico che toglie il fiato e che da queste parti mancava da un po’.
Se guardi fuori dalla finestra ti accorgi che piove apocalisse e a scatenarla è questo disco qui
L’afflato di Cristina Donà è sempre divino, così come la sensualità e le movenze che si celano in una voce unica nel nostro panorama e che è bellissimo poter riabbracciare oggi in questo diamante da possedere, ascoltare e riascoltare per capirne a pieno l’essenza.
C’è tutto il peso del dolore, di una solitudine disarmante e armata, in questo disco che racconta la vicenda del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro. Sembra di essere lì, un attimo prima del crollo di tutto, tra i volti di chi c’era in un modo o nell’altro
Nessuno fa più dischi che fanno paura. Nessuno tranne i Carver.
Com’era accaduto in passato, Iosonouncane confeziona un’opera mastodontica, tanto in termini di dimensioni, quanto di valore