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Snail Mail – Valentine

2021 - Matador Records
indie / songwriting

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Tracklist

1. Valentine
2. Ben Franklin
3. Headlock
4. Light Blue
5. Forever (Sailing)
6. Madonna
7. c.et.al.
8. Glory
9. Automate
10. Mia


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Partiamo subito da una premessa necessaria: “Lush” è stato uno dei miei dischi preferiti in assoluto tra quelli usciti lo scorso decennio. 

Non ho assolutamente l’arrogante pretesa di sapere tutto quello che passa nella testa di Lindsey, tanto complessa quanto sofferta (uso il participio passato confidando in scenari futuri più rosei per lei), ma rivendico una personale idea di chi stiamo parlando. Perché quando dai un pezzo come Deep Seaal mondo la ragione principale è l’urgenza di mettere a nudo una partedi te alle orecchie di chi è in grado di coglierne lo spessore. Sopratutto se fai musica del genere così giovane e a questi livelli. 

Per chi non sapesse di chi stiamo parlando basta assumere come pietra di paragone quella scena cantautoriale di giovani donne americane, alcune perfettamente a proprio agio in contesti tanto pop quanto alternative (Phoebe Bridgers), altre più riservate e che tendono a puntare tutto sulla visceralità (Julien Baker). 

Ecco, Lindsey Jordan, in arte Snail Mail, dalle due cugine maggiori succitate in parentesi riesce sicuramente a cogliere alcuni elementi essenziali dal punto di vista musicale così come dal punto di vista tematico, ma sopratutto ne eredità l’attitudine di frontwoman pura.

E con “Valentine” ci viene chiesto di adattarci. Cambiano le atmosfere, la supporting-band è più presente e visibile in ogni occasione e tutto sembra andare nella direzione di un termine che in molti non vedono l’ora d’usare per un sophomore album: “maturità”. Basterebbe confrontare lo sguardo da ragazzina quasi perso nel vuoto e sbiadito nell’artwork di Lush alla posa frontale, elegante, quasi da copertina di un magazine, di questo secondo disco. 

All’immediatezza emotiva di Lush viene fatto spazio a favore di un’indie pop tanto orecchiabile quanto ricercato negli arrangiamenti. Automate da sola dovrebbe spiegare il concetto vantando un progressione armonica lontana anni luce da tutto ciò che abbiamo definito come pop negli ultimi anni, così come la soffusa Forever (Sailing) – sicuramente uno degli apici del disco – che è in grado di innescare atmosfere melanconiche puntando anche su synth e campionamenti. La ricerca sonora non rinuncia però a strumenti più classici quali chitarre acustiche (si pensi alle atmosfere folk di c.et.al) o tappeti d’archi come nella conclusiva Mia, dirette epigone dell’alternative novantaniano. 

Ciò nonostante non manca un potenziale radiofonico più o meno coscientemente intercettato e prima d’ora inespresso, emergente in singoli come la title-track o le ottime Ben Franklin e Madonna.

Sull’ultimo versante ci sono rimandi nominali al disco d’esordio (cos’è Light Blue se non una Let’s Find An Out più evoluta?) attraverso riconfigurazioni della forma-canzone emo con un approccio degno della nostrana Any Other (primo disco) in brani bellissimi come Headlock (testo importante) o Glory.

Non credo sia da dare per scontata la forza di un’artista le cui fragilità e sensibilità sono confluite in 10 tracce a seguito di un periodo tormentato, costellato da pensieri suicidi e riabilitazioni obbligatorie e che rappresentano elementi tematici centrali di questo “Valentine”, a seguito della cui pubblicazione Lindsey ha dovuto necessariamente affrontare un’altra sfida consistente in un intervento chirurgico alle corde vocali. Sembrerebbe che per certe anime di vetro la maturità musicale abbia sempre un prezzo da pagare. E che nessuno tocchi l’anima che ha già pagato a sufficienza. 

“Valentine” conferma il talento di una delle songwriters più talentuose degli ultimi anni e lo fa con quell’onestà e quella genuinità che non sempre si riesce a ravvisare facilmente in dischi di questo tipo. 

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