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Boris – W

2022 - Sacred Bones
heavy new age / shoegaze

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Tracklist

1. I Want To Go To The Side Where You Can Touch…
2. Icelina
3. Drowning By Numbers
4. Invitation
5. The Fallen
6. Beyond Good And Evil
7. Old Projector
8. You Will Know (Ohayo Version)
9. Jozan


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Lo spettro musicale dei Boris è risaputo essere il più ampio possibile e, ancor più risaputo, senza una linea logica visibile. Per scovarla bisogna scavare nei meandri di una discografia sterminata, forse anche studiarla, perché potrebbero essere facilmente materiale accademico per chi confini musicali non ha.

Terminata la sbornia violenta di “NO”, un disco che recupera le origini pesanti del trio giapponese e dai battiti più che accelerati, arriva il tempo per tornare a respirare sottacqua, il bisogno di rallentare nuovamente l’incidenza del rumore e traslarlo in altre forme si fa pressante e così vede la luce “W”, creatura che sta benissimo nel roster Sacred Bones, fedele ad un suono ragionato, all’opposto di un mondo fatto di esplosioni di rabbia e ferocia.

Nemmeno nell’arco di un singolo album Wata, Astuo e Takeshi sanno restare fermi in un solo punto, sotto il cono di luce che dovrebbe caratterizzarne la presenza sul palco. Come già fu per “Attention Please” il materiale in lavorazione è tutto nelle corde (vocali) della chitarrista, che acquisisce ulteriore spettrale umore e, al contrario dell’album di undici anni fa, risucchia il senso del ritmo in un vortice ascensionale. Se il rumore è sempre stato marchio di fabbrica, qui si fa tratto distintivo melodico rappresentato da riverberi infiniti che si traducono in malinconiche estensioni, quasi tramutandosi in new age per viaggi cosmici il cui tempo di percorrenza è scandito da rintocchi chitarristici fantasmatici, senza appoggio vero e proprio nel mondo reale.

La lentezza caratteristica è qui concepita nella seconda parte del lavoro come sottrazione in cascate shoegaze, batterie che si fanno vive per spezzare il lento fiume degli effetti, apparendo soffuse e, in rari casi, quasi lambenti spire post-rock care ai conterranei Mono, ma solo poche le pillole di durezza, ma non i totale assenza, perché il fiume per biforcarsi necessita di una pesante pietra doom (The Fallen), atta a smuovere acque gelate nel corso di un noise estremamente equilibrato.

Un altro passo nell’oltremondo unico di un gruppo incapace all’inazione che anche quando congela il tempo in una fredda morsa riesce a far detonare le particelle della propria realtà, sensuale e spaventosa.

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