1. Beach
2. Jellyfish
3. Photograph
4. Flies
5. Father
Di cantastorie non se ne vedono spesso ai giorni nostri, in realtà è difficile incontrare artisti che sappiano raccontare una vicenda reale suscitando emozioni forti. Alek Hidell, nome d’arte di Dario Licciardi, artista sardo già collaboratore di IOSONOUNCANE, sa evocare ricordi dando prova di saper tirar fuori emozioni dallo spettatore. Perché non si può che assistere da spettatori di fronte a dinamiche sonore tanto complesse nella costruzione quanto semplici nell’assimilazione.
Il precedente lavoro “Ravot” riprendeva una tematica cara al compositore, una vicenda ispirata ad una tragica storia vera, quella di un bimbo scampato ad un siluro vagante schiantatosi in una spiaggia di Sardegna nei lontani anni 40. Ebbene, in “Ravot“ Alek Hidell si fa cantastorie con gli occhi e il cuore del bambino, in “R“ si assiste al flusso di coscienza generato dagli eventi.
L’EP, quindi, si snoda attraverso cinque momenti che rispecchiano stati emotivi che incedono uno dopo l’altro, come se si fosse osservatori della mente del protagonista. In Beach la grammatura ambient condita da xilofoni vagamente spettrali rievoca attesa, noia, ma anche sensazioni fisiche, tattili, uditive, olfattive. In Jellyfish ci si immerge sott’acqua e si percepisce uno stimolo ulteriore che va a coprire solo brevemente le sensazioni precedenti. Photograph, coi suoi tessuti drone, spalanca il palcoscenico degli eventi e fa da apripista alla successiva Flies; da qui l’ascoltatore, abbandonando il mondo reale, viene scaraventato nell’Inconscio fatto di ansie, allucinazioni, paure e fantasie.
La parte finale, la più lunga dell’EP, è un susseguirsi di filamenti drone molto complessi e articolati che Hidell padroneggia con grande cura e maestria. Con Father, forse l’episodio più evocativo del lavoro, si assiste ad un galleggiamento ambient che a tratti ricorda un certo Tim Hecker degli esordi, un’onda soffusa che ci vuole derealizzare e spiazzare, sempre cavalcando la mente del protagonista bambino.
Alek Hidell con questa interessante opera riesce a coinvolgerci nel suo viaggio intrapsichico e maestosamente dinamico. “Ravot“ era una coscienza liberata e danzante, “R“ è inconscio deliberatamente scardinato da ogni limite.