Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

KICK – Light Figures

2022 - Anomic Records / Dischi Sotterranei / Sour Grapes
desert rock / noise pop

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Rubberlover
2. Sirens Never Sleep
3. Eleven
4. Setting Tina
5. Sparks
6. 24-Hour Delivery Club
7. Viole
8. Benvegnuda
9. Atlantide


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Cosa sarebbe accaduto se PJ Harvey avesse continuato a frequentare le Desert Sessions? Chiedetelo ai KICK e sapranno rispondervi. Ma non facciamone una questione derivativa, perché Chiara Amalia Bernardini e Nicola Mora, pur trovandosi chiaramente a proprio agio in quel deserto avvolgente riescono ad uscire dalla facile trappola dello stereotipo.

Spesso i gruppi seguono un “copione” che li porta dal disco più “di peso” ad altri di più facile fruibilità che in taluni casi significa pure irrilevanza (non sempre, non siamo così scontati), a seguire un cliché o un film in effetti visto e rivisto, questo però non riguarda affatto il duo bresciano, che fa la strada a ritroso, con un primo album seppur intrigante non certo imprescindibile, quantomeno non d’impatto emotivo quanto lo è “Light Figures”. Si parla spesso di maturità artistica, a volte pure a sproposito, e invece ad usare quest’altro, di cliché si azzecca.

Bernardini (e la sua voce morbidamente inquieta) e Mora hanno quel pregio non da tutti, quello di poter navigare senza timori e con cognizione di causa nella vastità di quell’oceano ormai troppo affollato che è conosciuto da tutti come rock ma che non tutti conoscono sufficientemente bene. È tutto un destreggiarsi tra schizzi di quella voglia di ritmiche outsider e deliranti che fecero la fortuna di un album chiamato “Mellow Gold” (l’irresistibile stortura a tratti city-pop 24-Hour Delivery Club), spirali violacee e garage dure come schiocchi di frusta (Benvegnuda, la languida Setting Tina con ospitata monstre per noi inveterati kyussiani di Scott Reeder), bordoni carichi di rock desertico con i bassi a mangiare sabbia e ora a sputare fiamme (Rubberlover, Sirens Never Sleep) ora a cullare tra ondate di spezie illusorie (Atlantide), senza perdere mai la rotta, anche quando il sole cala e le tinte si fanno pop noir (Viole).

La qualità del tutto – dato che sono un fissato di certe cose e non lo dirò mai abbastanza – passa anche dal produttore. Fissa personale o no, Marco Fasolo ha un suo peso nel risultato finale, capace di dare a questo flusso unico un suo ambiente riconoscibile, una cosuccia non trascurabile, dato che rende un disco che già base sarebbe stato delizioso come lo è “Light Figures” qualcosa in più. Ed è anche questo che dovrebbe portare ad intrigarvi, mettendoci mani, orecchie e quel cazzo volete, insomma, ad ascoltarlo a ripetizione.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni