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Alice Glass – PREY//IV

2022 - Eating Glass Records
elettronica / pop / industrial

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Tracklist

1. Prey
2. Pinned Beneath Limbs
3. Love Is Violence
4. Baby Teeth
5. Everybody Else (ft. Keyes, Illangelo, Matt Radosevich)
6. The Hunted
7. Fair Game
8. Witch Hunt (ft. Keyes, MØ)
9. Suffer and Swallow
10. Suffer in Peace
11. Animosity
12. I Trusted You
13. Sorrow Ends


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Non è possibile avvicinarsi a “Prey//IV” senza tener conto della vicenda personale di Alice Glass, giovanissima voce del duo elettropunk Crystal Castles che nel primo decennio del secolo ha preso d’assalto il mondo della musica alternativa con una miscela memorabile di EDM, chiptune, stregoneria e urla efferate. Duo che, come ormai sappiamo, era tanto fresco e trascinante in pubblico quanto marcio e malato nel privato. È impossibile arrivare fino in fondo alla dichiarazione di Glass in merito agli abusi e alle violenze da lei subite in quegli anni senza provare un groppo in gola. Esperienze del genere segnano per sempre, ed è già difficile superarle restando in piedi; figuriamoci andare avanti. Oltre che un disco “Prey//IV” è la testimonianza di una sopravvivenza, un processo di guarigione, nonché un enorme “vaffanculo”.

Tutto ciò era abbastanza chiaro già al momento della comunicazione del nome dell’album, riuscitissimo, che mette insieme predazione, preghiera e rivendicazione di un percorso (quello dei Crystal Castles appunto, e dei tre album, distinti solo dal numero ordinale, in cui ha cantato Glass) che, nel suo versante artistico, ha prodotto alcune delle cose migliori a cavallo del 2010. Poi c’è stato il singolo, dall’eloquente titolo Love Is Violence, con il suo video che traduce in una sequenza horror le dinamiche tipiche di una relazione altamente disfunzionale. Per la sua intera durata “Prey//IV” tematizza ed elabora un vissuto di profonda fragilità, isolamento e sofferenza, legato a doppio filo a sentimenti di auto-annichilimento e odio di sé (nonché per un’altra persona, che è facile identificare nell’ex-sodale e partner Ethan Cath). Compare anche, per fortuna, l’orgoglio di stare ancora in piedi a testa alta, nonostante le ferite ancora aperte e sanguinanti.

La cupezza dei testi si riflette in un’elettronica dark e cybergotica, che però si mantiene sorprendentemente orecchiabile: nell’intento di mettere al centro le parole Glass tiene a bada le urla destrutturate e isteriche, finendo su un terreno pop futuristico e immaginifico. La cosa funziona fino a un certo punto, perché la sua voce dà il meglio di sé quando si rompe, e il grido scaturisce senza mediazioni; ma quando canta rischia di passare per una fra le tante.

In tutto ciò, purtroppo, la produzione non convince completamente. C’è un bell’utilizzo di effetti, synth reversati e pad atmosferici che evoca efficacemente un paesaggio post-apocalittico, soprattutto nei momenti di respiro; ma la sezione ritmica è troppo spesso monolitica, priva di sfumature e giochi di accenti. A volte la cassa si prodiga in mitragliate e singhiozzi ingenui che finiscono addirittura per remare contro il buon lavoro sui suoni. Il cantato non sembra sempre trovare una sua collocazione in questo contesto, né mette a segno melodie memorabili. Nella leziosa Witch Hunt, o nella più raffinata Suffer In Peace, questo va ancora bene; ma altrove il tutto risulta piatto e monotono. Emblematica in questo senso la cantilena rarefatta, con accompagnamento di carillon ossessivo, di Everybody Else, una canzone che non sembra davvero andare da nessuna parte.

Per fortuna, nonostante il tentativo di smussare gli aspetti più rumorosi e intransigenti della sua passata carriera, di fiato per gridare Alice Glass ce ne ha ancora. È in questo modo che il contenuto di sofferenza e riscatto dei brani ci arriva, e infatti i ritornelli, almeno per quanto riguarda i versi più emblematici, non siano cantati, e nemmeno salmodiati, ma quasi tutti urlati.

È difficile dare un giudizio netto di “Prey//IV proprio perché è così intimamente intrecciato alla storia personale della sua autrice. E anche se dal punto di vista musicale si tratta di un lavoro non del tutto riuscito, è lo stesso importante come autoaffermazione di una giovane artista che ha subito ferite terribili, che è sopravvissuta per raccontarle e raccontarsi, che ha ripreso controllo della sua vita e che, grazie alla sua resilienza e al suo coraggio, ha ancora una voce.

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