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Back In Time

“Life After Death”, la vita dopo la morte di Notorious B.I.G.

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È evidente che un cerchio si fosse chiuso nella primavera del 1997 con il rilascio di “Life After Death”, primo album postumo del rapper The Notorious B.I.G., tragicamente (e misteriosamente) scomparso in quello stesso anno in seguito ad una sparatoria da auto in corsa avvenuta a Los Angeles. L’mc dalla perenne preparazione alla morte non c’era più, uscito sconfitto da un drammatico scontro tra due differenti coste dello stesso Paese. D’altro canto, la sua opera sarebbe senz’altro continuata sotto l’attenta direzione dell’allora amico e manager Sean “Puffy” Combs, in arte Puff Daddy. E, in particolare, avrebbe ripreso proprio dall’ultima traccia contenuta nell’acclamato “Ready To Die” – intitolata Suicidal Thoughts –, in cui Biggie per la prima volta confessò senza alcuna vergogna i suoi demoni più reconditi alle orecchie dell’ascoltatore, inscenando un finto suicidio in sala di registrazione. “Life After Death”, allora, si riproponeva, sempre secondo i precisi disegni del rapper – il quale si premurò di lasciare indicazioni ben precise prima della sua dipartita –, di proseguire nel racconto della propria storia personale. Una storia che sarebbe continuata anche dopo la morte del suo personaggio, fittizia o reale che fosse.  

Sì, perché è evidente che il personaggio disegnato da Biggie – protagonista di racconti contornati da sesso, spaccio, denaro e armi – non caratterizzasse del tutto la personalità del rapper statunitense. Il personaggio da lui creato, in fondo, altro non era che un semplice antieroe di quartiere, perseguitato dai propri idoli e dai propri vizi che – come dimostrato dal tragico finale di “Ready To Die” – non si riveleranno mai essere la soluzione al suo evidente malessere esistenziale. Biggie questo lo sapeva bene. Lui che aveva vissuto sulla sua pelle la strada, la galera, la fortuna di un’istruzione scolastica ed il calore materno allo stesso tempo.  Lui che – pervaso da una perenne atmosfera di disillusione – aveva cominciato a denunciare il degrado in cui la sua gente era costretta a versare da decenni. E partendo dal racconto di veri e propri ghetti come quello di Bed-Stuy (diminutivo di Bedford-Stuyvesant, nel quartiere newyorkese di Brooklyn, nonché quartiere di provenienzadel rapper) a metà degli anni ’90. Christopher – questo il suo vero nome – raccontava di come nei suoi anni, in quegli stessi luoghi, non fosse assolutamente cambiato nulla rispetto ai precedenti: negli anni ’80, infatti, il suo quartiere era tristemente noto alla cronaca statunitense per il massiccio spaccio di sostanze quali il crack. Uno scenario drammatico in cui, d’altro canto, il rapper – forte delle sue esperienze personali legate al mondo del drug dealing – maturò il complesso character di Biggie Smalls, che di lì a poco avrebbe cominciato a narrare quella stessa realtà con estrema cura, rima dopo rima.

Con “Ready To Die” – primo album in studio dell’mc –, Notorious fu (da solo) capace di far risorgere dalle proprie ceneri (musicalmente parlando) il buon nome della costa orientale, rimasta a lungo priva di talenti particolarmente imponenti da poter competere con nomi quali Tupac, Dr. Dre e Snoop Doggy Dogg, in quegli anni autorevoli esponenti della musica rap proveniente dalla costa opposta. E la Bad Boy Records di Puff Daddy, con sede a New York, – contrapposta alla Death Row Records di Suge Knight con sede a Los Angeles – poteva dire di averci visto lungo riguardo a quel prodigio di quartiere, la cui sola preoccupazione – da quel momento in poi – avrebbe dovuto essere quella di sputare rime letali da convertirsi in autentiche hit da classifica, grazie all’ausilio di un flow inconfondibile ed impeccabile nel contempo.  

Questo clima così concitato, d’altronde, – alimentato da scontri di natura mediatica, musicale e criminale uniti alle proprie vicissitudini personali – portò alla genesi di “Life After Death”, un doppio album che avrebbe dovuto presentarsi come un capitolo molto più maturo rispetto al precedente, mettendo in luce la crescita personale ed artistica nel frattempo vissuta dall’mc. Quasi come a voler promuovere un’immagine più solare e pacata di Christopher, come quella che per esempio può emergere da brani quali “I Got A Story To Tell”, che tra le altre cose contribuirà ad allargare i già ampi consensi ricevuti in materia di storytelling. Intendiamoci: la strada, il successo (ormai raggiunto e non più inseguito), le donne, il denaro e la droga sono temi che rimarranno comunque al centro della narrazione di Notorious, ma come se essa fosse rivolta ad un passato da cui il rapper è riuscito a sfuggire, con la lussuosa consapevolezza di aver vinto contro una realtà spesso avversa. Più introspezione, più profondità, più analisi sono le parole d’ordine che dominano il contesto in cui cresce “Life After Death”: non più la “semplice” narrazione nuda e cruda di una realtà spietata, bensì la continua ricerca di risposte a problemi derivanti dal nuovo stile di vita del rapper, con un occhio sempre rivolto al passato da cui proviene. Insomma, lo spacciatore di “Ready To Die” – dopo un lungo e naturale processo di maturazione – adesso si ritrova ad affrontare la propria resurrezione, e con tutte le conseguenze che possono derivarne. Non dimentichiamoci, infatti, che il Christopher di “Life After Death” è un uomo reduce da un matrimonio – quello contratto con la cantante Faith Evans – e con ben due figli a carico; che dopo il successo ottenuto non ha più bisogno dei proventi della droga per sopravvivere, ma che piuttosto deve imparare a gestire una nuova vita piena di agi e responsabilità.  

Da un punto di vista puramente tecnico, autentiche hit di successo come “Hypnotize” e “Mo Money Mo Problems” – le quali denotano ancora una volta l’impareggiabile abilità di Puff Daddy nel trasformare brani degli anni ’80 in indimenticabili successi del decennio successivo – si contrappongono a violenti momenti boom bap – benedetti da un flow in totale stato di grazia –, come per esempio classici del calibro di “Kick In The Door” o “Ten Crack Commandments”. E questo continuo dialogo tra il pop/R&B e il rap procederà per tutta la durata del disco: pensiamo a “Fuck You Tonight” in compagnia di R. Kelly, a “Last Day” con gli LOX o ancora a “I Love The Dough” con il fido adepto JAY-Z, che tanto avrebbe fatto parlare di sé in futuro. I numerosi featuring, infatti, corrispondono all’elemento necessario all’abile combinazione dei molteplici generi che sono alla base di questo iconico progetto. Una perfetta sintesi, insomma, che porterà il cosiddetto mafioso rap a trasformarsi nel terreno più indicato per la lucida narrazione di Biggie Smalls, e che proprio con questo disco riuscirà a raggiungere il suo apice.  E dopo quasi due ore di riproduzione è praticamente impossibile non rendersi conto di quanto l’anima di Christopher Wallace finisca per prevalere sul personaggio interpretato da The Notorious B.I.G., probabilmente conscio della piega che di lì a poco – al momento delle registrazioni del disco – avrebbe preso la sua vita. La conclusiva “You’re Nobody (Til Somebody Kills You)”, infatti, suona ancora oggi come una spaventosa profezia, con un riverbero piuttosto attuale se pensiamo ai numerosi omicidi che tuttora continuano a consumarsi nel mondo dell’hip hop a stelle e strisce. Pensiamo, ancora, alla storica “What’s Beef?” – da molti considerato come il brano che ne firmò la drammatica condanna a morte, dove il Biggie narratore ci spiega senza mezzi termini che cosa significhi ritrovarsi al centro di una vera e propria faida fra gangsters.

Ma, al di là di ciò, è importante sottolineare quanto l’essenza più calzante di Christopher vada ancora oggi ricercata in quel ragazzo profondamente innamorato della musica e dei propri rap, che era solito leggere le pagine di Word Up! magazine e riempire di poster le pareti della sua stanza. Un ragazzo che, dopotutto, fu capace di costruirsi una vita dopo la morte – e grazie ad un unico album – ben prima della sua effettiva scomparsa. E, in conclusione, di poterla raccontare ai suoi discepoli con la stessa grazia di cui potrebbe essere dotato il più umano fra gli dei.  

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