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Gomma – Zombie Cowboys

2022 - V4V / Controcanti
alt-rock / post-punk

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Tracklist

1. Santa Pace
2. Guancia a Guancia
3. Louis Armstrong
4. Ottaviano
5. Mamma Roma
6. Gigante Di Ferro
7. 7 
8. Sentenze
9. Iena
10. Venezia
11. Mastroianni
12. Sceriffo 

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Ci saranno altri giorni, altro sangue, altra guerra

Com’era la storia del terzo album? Il più difficile? No aspè, quello forse era il secondo. Mi sa che il discorso è che il terzo è quello della conferma. Ah ecco, sì sì. In effetti è da un po’ che non mi capita di leggerla in giro. Se ci pensate in realtà nessuno ce l’ha mai davvero spiegata.

In ogni caso il limite di questa frase non sta tanto nella sua tendenza all’approssimazione, inevitabile quando condizioni di rappresentatività non sono realizzabili, ma più che altro è che non vengono considerati i fattori esogeni: la creatività di un’artista è solo ansia da prestazione di riconfermare quanto di buono (o meno buono) sia stato fatto in passato? e in tutto ciò che peso ha il contesto storico? Ad esempio, se nel passaggio dal secondo al terzo disco ci sta di mezzo una contingenza inedita per il mondo intero che ridisegna il quotidiano di ogni essere umano, ci porta ad adattarci solo dopo avere sperimentato nuove ansie e nuovi cinismi, spoglia la resilienza mostrandola come una delle tante retoriche del neoliberismo, cosa resta da fare all’artista?

Può darsi che siano tutti interrogativi privi di senso ancor prima che privi di una risposta perché del resto non è detto che tutti i tizi con una chitarra in mano sentano l’esigenza di intercettare le sensibilità che emergono da fenomeni complessi come quello pandemico, così come l’intervento del contesto storico può subentrare anche all’esordio o al decimo disco, risultando più o meno genuino a seconda del caso. 

Resta il fatto che i Gomma il successore di “Sacrosanto ce l’avevano e l’hanno accantonato; vuoi per senso di responsabilità o per l’urgenza di comunicare cose più allineate alla contemporaneità. Questa cosa faccio fatica a darla per scontato perché, soprattutto dopo un disco che ho amato tantissimo come “Sacrosanto”, le connessioni emotive che personalmente nutro verso i Gomma diventano vere e proprie affinità elettive. Giovani campani, a metà strada tra la generazione Y e quella Z, con un’idea tutta propria di cosa siano il punk e le province e che da una città come Caserta che alcuni nemmeno sanno dov’è sulla cartina riescono a interpretare il proprio tempo con l’overdrive sempre acceso.

Se “Sacrosanto” mirava principalmente a scandagliare l’interiorità e le sfumature personali, ciò che ci ritroviamo a distanza di esattamente 3 anni è quello che in molti in questo momento, compresa la band, stanno sventolando come il disco politico dei Gomma. Personalmente, salvo alcuni momenti, la scrittura lirica non mi sembra che abbia a che fare in modo troppo esplicito con quanto dichiarato in recenti interviste dai membri della band. Pertanto, lascio che siano loro a spiegarvi il significato dei testi essendone sicuramente più in grado. Probabilmente, le metafore che Ilaria usa nei testi richiamano in più di una circostanza rapporti di forza verticali e gerarchici tipici dell’eredità marxista, ma la coordinata teorica che invece io leggo sullo sfondo di “Zombie Cowboys” è più prettamente sociologica e richiama la società del rischio di Ulrich Beck.

La pandemia ci ha mostrato quanto la tarda modernità sia caratterizzata da rischi globali tecnici, ecologici, politici o come nel caso di specie relativi alla salute che non possono essere controllati o eliminati dalle politiche nazionali ancor più se considerate come torri d’avorio arroccate nella propria discrezionalità. I testi di quest’album, un po’ come l’immaginario dei film di Romero a cui dichiaratamente si ispirano, mi hanno dato in più di una circostanza l’impressione di rievocare la distopia Beckiana: il rischio globale è sempre più attualizzato e colpisce la società in generale senza selezionare i suoi bersagli in modo sistematico perché tutti siamo potenziali vittime più o meno inconsapevoli. Tutti zombie. Ancor più con la sovraesposizione del conflitti nell’est dell’Europa, i testi di questo album ci portano a sospendere la sospensione del dubbio: nulla sarà come prima. Ascoltare oggi a distanza di mesi un pezzo come Guancia a Guancia è chiarificatore a tal proposito. 

L’evoluzione musicale che risiede in “Zombie Cowboys” va osservata a partire dall’evoluzione del guitar work di Giovanni Fusco, il quale incorpora una serie di nuovi elementi, dalla leva vibrato al tremolo (di la verità: per Sentenze hai pensato un po’ ai Fontaines D.C.?), che portano la band su lidi prettamente più alternative e vicini al post-hc. L’emo del resto non vive di solo emo. Sopratutto se fuori dal palco, nell’intimo di camera tua, ti nutri di Jesus Lizard e Scratch Acid. 

La messa è finita, andate in pace”. Così si è chiuso il 2019 dei Gomma. E pace sarà infatti. L’open track parte incendiaria, accendendo il fiammifero che arde il manichino in copertina. Santa pace è tipo “Dell’impero Delle Tenebre” ma 15 anni dopo e mostra subito che tra tiro e melodia, a questo giro, si punta più sul primo. Prospettiva che durante tutta la tracklist troviamo confermata e ancora più esacerbata in bellissime stilettate punk come Mastroianni Iena, tra i brani più d’impatto che i Gomma abbiano mai scritto. Meno spazio all’intensità melodica che comunque arriva fortissima in brani come Venezia o la commovente Sentenze.

Le atmosfere cercano di mutuare un immaginario western ravvisabile nella seconda anima del titolo (i Cowboys per l’appunto), a tratti legate a un certo tipo di roots rock che non sempre si è riuscito a configurare efficacemente in questo tipo di musica ma che qui suonano estremamente efficaci. Ascoltate le chitarre nelle strofe di Louis Armstrong, l’intro di Gigante di Ferro o l’immensa Mamma Roma, nella quale si affronta anche il tema della gentrificazione, per capire cosa intendo. In generale, tutti i membri perseguono la direzione della maturità, con Ilaria che a parità di timbro evolve il suo cantato e cerca di spingersi oltre con l’estensione vocale e con i fratelli Matteo e Paolo Tedesco che investono su una sezione ritmica molto più groovaiola che in passato. Tutto ha l’effetto di suonare più stratificato e compatto.

Infine, pur non diventando un ensemble, nuove comprimarie emergono dallo sfondo e arricchiscono il suono in momenti come 7 o Louis Armstrong: signore e signori, vi presento gli ottoni. La chiusura con Sceriffo, con tanto di cori, riassume tutto ciò che si è ascoltato in precedenza, in una summa musicale e poetica del disco: una riflessione sulla detenzione del potere, come logoramento non tanto di chi non lo detiene ma di chi ce l’ha e non è posto nelle condizioni di esercitarlo coercitivamente. 

Qualcuno forse rimpiangerà la visceralità imberbe di “Sacrosanto” (io, lo ammetto, un po’ si ma è perché quel disco è stato per me troppo importante); altri ancora invece loderanno le coordinate più mature verso cui i 4 casertani si sono spinti nel 2022 con questo Zombie Cowboys. Siamo davanti a un disco senza riempitivi, testimonianza di una crescita artistica che rappresenta una boccata d’aria fresca e genuinità nel panorama alternative italiano.

Gomma restano una band a cui sono felice di avere regalato un pezzo di cuore e ai quali, per quello che può valere, chiedo grazie ogni giorno di avere contribuito a spiegare al resto della nazione come la provincia campana possa suonare: forte ma fragile, colta ma con i piedi per terra, giovane ma consapevole, malinconica ma spiritosa. 

Tutti sanno che oggi è un mal giorno
senza stranieri appesi al collo 
e il colpo in canna pronto a sparare
Lo sceriffo appeso al collo 
non sa che farsene 
di una pistola carica 
puntata al vuoto


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