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Interviste

Rinnovarsi rimanendo se stessi: intervista ai Feeder

Photo: Steve Gullick

I Feeder sono recentemente tornati in scena con l’ultimo album “Torpedo“, (qui la nostra recensione) undicesimo album di una carriera lunga ormai venticinque anni. Grant Nicholas e Taka Hirose, veterani della scena alt-rock britannica, con il nuovo album hanno saputo riflettere su luci ed ombre delle nostre esistenze, soprattutto a seguito di questi anni complicati. Ne abbiamo parlato con il cantante Grant Nicholas, che si è concesso ai nostri microfoni direttamente da Londra.

“Torpedo” è stato realizzato dopo tre lunghi anni, come mai così tanto tempo?

Il motivo è stato il lockdown. Stavamo programmando il tour del precedente album “Tallulah“, ma è stato cancellato. Così abbiamo deciso di aspettare, ed ecco perché è trascorso cosi tanto tempo. Durante il lockdown abbiamo prodotto cosi tanto materiale che pensavamo di produrre un doppio album, ma poi abbiamo pensato di realizzarne solo uno per avere più impatto. Il prossimo (dopo “Torpedo“) avrà lo stesso stile nell’artwork, ed è collegato a quest’ultimo disco, perché è come se ci fossero due fasi.

Quali sono le differenze tra “Tallulah” e “Torpedo”?

Torpedo” è molto più incentrato sul rock. L’album precedente forse era un po’ più indie, ma c’erano anche delle canzoni abbastanza rock come Kyoto, Windmill. Certo su “Torpedo” ci sono anche pezzi molto più melodici, ma di base è un disco rock.

Perché il disco si chiama “Torpedo”?

Sai, ci piaceva avere un titolo con una sola parola, un po’ stile old school Feeder, come i nomi dei primi album: “Swim” e “Polythene“. Quando stavo scrivendo i brani, volevo un titolo di impatto come i vecchi album rock del passato. Ho pensato che “Torpedo“, stranamente, non è mai stato utilizzato da nessuna band. Avevamo in mente altri nomi, ma poi quando abbiamo trovato l’artista che ha realizzato l’artwork, abbiamo pensato che il titolo sarebbe veramente stato perfetto con quello stile.

Molti dei brani sono stati composti durante il lockdown. Questo ha sicuramente trasformato parte del processo creativo. Che cosa è cambiato e quali erano le tue inspirazioni? Il lavoro da remoto ha influenzato in qualche modo il risultato?

Non penso che lavorare da remoto abbia in qualche modo influenzato il risultato, perché ho un piccolo studio di registrazione a casa. Poi Taka vive a nord (dell’Inghilterra) per cui già precedentemente avevamo lavorato da remoto. Certo, sarebbe stato molto bello vedersi di più e in qualche caso è stato un po’ complicato spiegarsi virtualmente, specialmente in che direzione andava quello specifico brano. Poi è stata una bella sfida organizzare le sessioni di registrazioni, soprattutto con gli ingeneri del suono e il batterista, per via delle restrizioni e dei test Covid. Un po’ una sfida, ma alla fine ne è valsa la pena. Sicuramente la situazione che stavamo vivendo ha influenzato l’album, ma penso che le canzoni parlano di tematiche abbastanza universali come vita, salute mentale, situazioni, cambiamenti climatici e futuro.

Penso che il lockdown sia stato molto produttivo per i Feeder. Ricordo ancora il video Just a day per supportare il sistema sanitario inglese. Come è venuta quella idea?

Volevo aiutare e ho fatto diverse cose con un mio amico. Volevo aiutare in qualche modo tutto il personale sanitario durante la pandemia. Mi piaceva l’idea di dare consapevolezza e allo stesso tempo contribuire all’acquisto di nuove mascherine e protezioni. Era un brano che ha dato tanta speranza, e anche il video è piaciuto molto.

[Nota personale, il lavoro dei Feeder per NHS è veramente emozionate e genuino. La loro intenzione non era quella di sponsorizzare una nuova uscita, ma di aiutare direttamente il personale sanitario con mascherine e attrezzature di protezione.]

Photo: Steve Gullick

Ritornando a “Torpedo”, penso che sia un classico album dei Feeder, con un evidente contrasto tra luce e ombre (la voce a volte molto pulita e la parte musicale più sporca e pesante). E’ un’interpretazione corretta dell’album?

Sì, non ho mai avuto quella voce rock aggressiva, non è proprio il mio stile. Ma mi piaceva usare la mia voce in un modo interessante e c’è molta parte vocale. La pesantezza proviene più dalla band, e io poi non voglio comunque perdere la melodia. La melodia è molto importante per noi, in tutti i pezzi dei Feeder c’è una componente melodica molto forte. Ogni canzone per me inizia in un modo molto semplice, suonando con la mia chitarra in cucina. Poi se ho bisogno di un arrangiamento più complicato, posso sempre servirmi del mio studio. È un processo molto naturale.

Domanda difficile, qual è la tua preferita canzone e come mai?

Molto difficile sceglierne una. Forse alcuni pezzi più melodici, e so che non sono canzoni ovvie come Submission, Slow Strings. Ma sul fronte rock, forse Magpie è una canzone molto interessante perché è classica, old school, ma molto diversa rispetto a tutto quello che abbiamo fatto in passato. La voce è lenta e un pochino dark. Ma è difficile sceglierne una. Ti dico un po’ quali sono le più popolari: sono The Healing, ma tra le più commerciali non ci aspettavamo proprio Born To Love YouWall Of Silence e The Healing già sapevamo che sarebbero state le più apprezzate per le radio.

Molte band a volte cambiano genere oppure mettono in piedi collaborazioni con determinati artisti per avere più visibilità, soprattutto con le nuove generazioni. Questo non accade con i Feeder. Hai mai sentito la pressione di cedere a qualcosa del genere?

No, no veramente noi non abbiamo mai avuto grandi etichette, abbiamo la nostra e sicuramente questo ci garantisce più libertà. Magari a volte ho sentito la pressione di fare qualcosa per la radio. Ogni tanto ho l’impressione che alcune radio maggiori ci guardino un po’ come una band rock “pesante” quando in realtà non lo siamo. Forse qualche stazione radio ha perfino pensato che ci sono troppe chitarre, ma non è così [ride, ndr].

Anche alcune riviste di settore a volte parlano di heavy metal e post grunge, forse post grunge è calzante come descrizione, ma heavy metal mi sembra un po’ inappropriato per la vostra musica…

Sono nato ascoltando un po’ di heavy metal, ma definirci tali è sbagliato perché sì, è vero che siamo un po’ pesanti, ma c’è anche molta melodia. Poi sai, i Feeder sono nati nel 1992, anche se ufficialmente nel 1994 e a quel tempo c’erano moltissime band grunge, e se pensi a quello, c’è molto da capire dietro.

Mi fa piacere che hai detto di voler scrivere un album classic rock perché quando ho visto la cover ho esclamato: “sembra un artwork di impatto alla Pink Floyd, molto anni Settanta”. So che avete lavorato con un interessante artista russo, Sergei Nehaev: vuoi aggiungere qualcosa?

Beh in genere amiamo lavorare con artisti, se hai visto le precedenti copertine. Poi sai alcuni artisti non vogliono realizzare gli artwork per band, altri invece assolutamente sì. In genere ho sempre lavorato con amici, o talentosi artisti. Per me l’artwork è un pezzo di arte. È arte ed è veramente importante per noi. Rappresenta la nostra musica anche visivamente. Durante la realizzazione di “Torpedo“, stavamo cercando qualcuno, e volevo un po’ una cover come i grandi classici del rock: Pink Floyd, e Roxy Music. Abbiamo trovato questo artista che vive a Mosca. In realtà lui è anche un fan e un musicista rock. Gli abbiamo chiesto se fosse interessato, ed era entusiasta. Stiamo lavorando con lui anche per il secondo album. Precedentemente avevo trovato un altro artista di Parigi, molto bravo, ma alla fine abbiamo deciso per Sergei. Quando ho visto le prime versione della cover era bellissima e visivamente molto forte. Alla fine questo è un po’ il nostro stile, essere spontanei, e quello che noi volevamo fare era un disco che rispettasse chi siamo. Alcune canzone parlano diversamente, alcune sono più pesanti, altre più indie, ma quando abbiamo realizzato la copertina, avevo in mente questi artwork anni ’70, e volevo solo realizzare un gran album rock che i fan potessero veramente apprezzare.

Ho visto che state organizzando il tour in UK. Immagino che siete molto contenti. Probabilmente è un sollievo dopo anni di lockdown, come ti senti?

Sono contento ma sono consapevole anche che c’è tantissimo lavoro da fare. Per esempio sulle versioni acustiche. Forse hai ascoltato Magpie – acustica che in realtà ha funzionato molto bene, poi stavo lavorando su Hide And SickWall Of Silence, la traccia bonus, Desperate Hour e The Healing. Se fosse stato per me avrei fatto tutto l’album in acustico [ride, ndr]. Vogliamo fare qualche brano acustico durante i live forse, che ne so, una sera Hide & Sick, un’altra volta Wall Of Silence. Poi non sono sicuro ma vorremmo anche suonare qualche nostra vecchia canzone. Penso che le vecchie canzoni siano perfettamente compatibili con il nuovo disco, tipo My Perfect Day. Cioè alla fine ci sarà moltissimo lavoro e sarà parecchio faticoso anche vocalmente. Speriamo di venire a suonare in Italia. Sappiamo che ci sono moltissimi fan (c’è perfino un gruppo su Facebook che ci supporta). Abbiamo saputo che Virgin Radio Italia ha passato The Healing e sinceramente ci ha fatto molto piacere. Amiamo l’Italia.

Ultima domanda, so che abiti in Crouch End, e ci sono parecchi negozi di vinile, cosa stai ascoltando recentemente? E quali sono le tue quotidiane inspirazioni dopo la realizzazione del disco?

Sto ascoltando il nuovo album e tutte le vecchie canzoni dei Feeder. Ovviamente conosco tutti i pezzi, ma alcune non le suono veramente da molti anni e a volte i fan ci chiedono di suonare alcuni pezzi che avevo composto quando c’era Jon, e che non suono da moltissimi anni. Poi ti dico sono stato veramente impegnato nella promozione del disco e non ho trovato proprio tanto tempo per ascoltare nuove band, ma sto ascoltando le vecchie rock band del passato come Black Sabbath, Led Zeppelin, Neil Young, PJ Harvey, anche se ci sono ovviamente anche tantissime e bellissime band recenti. Ultimamente sono stato così impegnato che a volte ho bisogno di fermarmi. Adesso penso che la priorità è quella di riascoltare le vecchie canzoni dei Feeder e capire cosa suonare durante i concerti.

Photo: Steve Gullick

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