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Dälek – Precipice

2022 - Ipecac Recordings
hip hop sperimentale

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Tracklist

1. Lest We Forget
2. Boycott
3. Decimation (Dis Nation)
4. Good
5. Holistic
6. The Harbingers
7. Devotion (when I cry the wind disappears)
8. A Heretic’s Inheritance
9. Precipice
10. Incite


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Anche nel caso non conosceste i Dälek e “Precipice” fosse il primo album del duo del New Jersey a finirvi sotto mano vi basterà l’opener Lest We Forget per capire di non essere nel mondo hip hop che avete bazzicato finora. Come tante altre volte nella loro discografia, importante dal punto di vista musicale che sociale, MC Dälek e Mike Manteca dimostrano che la materia di cui dispongono a loro piacimento è diversa da tutte le altre. Un album formalmente rap che si apre con un bordone drone, cattivo e nebuloso, noise che spiana, e quasi vi servirà un attimo per capire che quello che state ascoltando non è un album dei Sunn O))).

Siamo sull’orlo del precipizio e guardiamo sotto. Lo facciamo di nostra iniziativa, perché vogliamo sapere quanto lunga sarà l’agonia quando supereremo il limite e finiremo per caderci dentro. Questa la sostanza, questo lo spirito, questo il DNA del duo, che sembra dare uno scossone alla propria natura, rimescolandola. Rende l’idea il fatto che viviamo in tempi tanto merdosi che non ci è concessa la possibilità di stagnare, un po’ come accadeva nel 2019 con l’EP “Respect The Authors”, tutta la rabbia accumulata è infine esplosa. Henry Rollins scrive nelle linear notes di “Surrender”, la raccolta dei Suicide uscita da poco, che Alan Vega non si fosse mai calmato, da nessun punto di vista, e lo stesso vale per Will Brooks, la cui penna torna ad essere tagliente e furibonda, le rime bruciano e danno la misura dell’odio e del disincanto:

Cause this world is no GOOD
Most these heads is no GOOD
And the cops is no GOOD
On the block we all GOOD

Il ritornello di Good si fa megafono dell’immobilismo che si continua a vivere negli Stati Uniti, nelle comunità afroamericane e oltre, ché si è tutti nel mirino se qualcuno spara alla cieca dall’alto verso il basso. Il brano è, oltretutto, il collante spazio-temporale tra il 2022 e il 2002 di “From Filthy Tongue Of Gods And Griots”, rap allo stato primordiale che danza su una base di meraviglia ritmica e di rara amarezza e abbandono che si riversano nella successiva Holistic, ancor più classica e diretta come a voler dividere l’astratto musicale dalla concretezza delle parole che si fanno via via sempre più dirette, per poi riunirsi altrove. Quell’altrove sono Boycott, con i suoi strati di metallo pe(n)sante a gravare sulle teste e The Harbingers (“We an abscess, we ain’t equip to exist / Barricade the entrance, let’s snuff out existence! / Suffocate all the misogynists, racists and narcissists / Force feed these diseased minds arsenic”) che fiorisce su un’incedere zoppicante che caracolla in melodie grigio fumo.

Adam Jones fa calare la pressa della sua chitarra toolcentrica sul palcoscenico ipnotico di A Heretic’s Inheritance, un crescendo di tremendo disagio cosmico che si fa carne flagellata, un dito puntato ai potenti del proprio Paese, alla loro follia e poco importa se sono incazzati (“I don’t give a fuck if your gods are angered!”), se meditano vendetta, il punto è chiaro e viene sputato sul microfono come veleno trattenuto troppo a lungo ma non più disposto a restare celato e basta ascoltare la violenta Incite per capirlo e lasciarsi andare sospinti dal vento della rivolta.

Va da sé che “Precipice” non sia sorpresa nell’armamentario di una band che tanto ha cambiato le regole del gioco, resta un ritorno alle origini di un movimento di rottura di cui c’è ancora necessità. È una dichiarazione d’intenti tanto sporca quanto chiara. Ce n’è ancora parecchio bisogno.

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