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“Rio” dei Duran Duran compie 40 anni: così iniziarono gli anni Ottanta

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Chiamateli pop star, visitatori della new sensations music o altri termini che non significano niente ai meno esperti. I Duran Duran conosciuti come la band più elegante e sensuale della scena Wave sono riusciti ad evadere dalla sottocultura dei club con a ruota David Bowie e Roxy Music in sottofondo e ad esplodere in pieno periodo post-punk. Siamo a metà maggio del 82, “Rio” era uscito da poco più di una settimana e come un proiettile si inseriva direttamente ai primi posti nelle classifiche mondiali non raggiungendo il podio, ma dando comunque inizio al mito Duran Duran.

Ero con mia moglie Linda nello stesso studio dove si stava registrando “Rio”. Una sera li andai a trovare e mi fecero ascoltare questa nuova canzone “Save a Prayer”. Subito dissi a loro che con quel pezzo avevano un successo tra le mani che gli avrebbe assicurato una carriera.

– Paul McCartney

Facendo un breve salto temporale, la band quando approdò a Londra per suonare dal vivo quelli che per il momento erano solo pochi brani, entrò in contatto con la scena notturna che ruota attorno alle serate “Club for Heroes“, e questa scena aveva un nome: New Romantic. I Duran Duran finiscono per diventarne gli esponenti più in vista, con buona pace di Steve Strange, che li accuserà di aver copiato tutto da lui, e della band che nel frattempo ha fondato, i Visage. La loro storia in quel periodo non era molto diversa dalle altre realtà, però questo evento alquanto singolare li portò ad essere la band di quel panorama più screditata per almeno una decade.

Photo: Lynn Goldsmith

Si sa, i veri intenditori musicali facevano riferimento al look o a influenze particolari, ma è stata proprio quella luce intrappolata dal cinismo punk a portare non solo il quintetto nelle più prestigiose riviste di tutto il mondo, ma per certi versi ad essere anche visionari di quel genere e nessuno come i Duran Duran è riuscito a non farsi giostrare dalle lobby discografiche e dalle critiche.

Rio” è il disco del sole, delle spiagge, dalle barche a vela e delle belle donne, ma è anche un disco fatto di ombre e di templi, che sprigiona tutto quanto passava per la mente dei Duran Duran: dalle chitarre, alle batterie fino alle tastiere acquatiche e luminescenti di Nick Rhodes, dando vita ad una bella stagione musicale che ancora è attualissima. Non è un disco che ha doppi fini, che colpisce il lato più debole degli ascoltatori, ma è un lavoro che rispetta una perizia musicale che va in questo caso a colpire proprio lo stato più raffinato. Un lavoro che è nato per far sognare, per amare e per integrare. Da lì in poi solo dei grandi traguardi. Buon quarantesimo anniversario.

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