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“Fear Of The Dark” degli Iron Maiden compie 30 anni: come combattere le proprie paure

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Quando la vergine di ferro si manifestò nel mondo dei comuni mortali nel 1980, quello che era un proto metal non ancora consolidato dai Black Sabbath (con il loro omonimo album uscito dieci anni prima) tutto ciò finalmente si inserì in una categoria in maniera definitiva. Quarantadue anni fa fu non solo l’inizio di una passione ma anche di un movimento mediatico e il genere venne catalogato come NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal).

È vero, c’erano state già in passato delle voci di corridoio che già parlavano di musica “estrema”, tra i cui esponenti i nomi che spiccavano di più erano Led Zeppelin, Deep Purple, Blue Cheer, The Move, Blue Öyster Cult e già i sopracitati Black Sabbath, e il tutto ebbe origine negli anni Sessanta a Birmingham. Ma questo non basta: l’heavy metal è anche lo spirito ribelle e l’odio per una società perbenista, la voglia di differenziarsi da tutto quello che appariva come monotono. E fu agli inizi degli anni Ottanta che tutto ciò divenne un vero e proprio sostantivo, un genere codificato e riconoscibile non solo dal tipo di sonorità, ma anche dall’aspetto e dal modo di vestirsi.

In tutto questo, gli Iron Maiden sono i più importanti, i più riconosciuti e probabilmente anche i più pagati, la band che nel corso del tempo ha cambiato tante di quelle vesti da cambiare il genere heavy metal regalando nuove sfaccettature ogni volta (letterarie, filosofiche, religiose…) e dando dignità e ragion d’essere ad un vero e proprio business. Dall’esordio punk rockeggiante dei primi due album, passando per l’heavy metal più tradizionale e il momento neoclassico, il punto di svolta progressivo e infine il ritorno sui propri passi nell’album simbolo che oggi compie 30 anni, ovvero “Fear Of The Dark“. I Maiden sono stati un esempio istituzionale da sempre e “Fear of the Dark” sanciva un altro punto di svolta, in questo caso collettivo. Infatti, questo è stato l’ultimo disco di Bruce Dickinson prima di lasciare temporaneamente la band, per poi ritornare otto anni dopo nell’album “Brave New World“.

Nel 1990 con l’uscita di Adrian Smith e con il relativo innesto di Janick Gers, già la critica aveva mosso molti dubbi sul futuro degli Iron Maiden facendo intravedere ingiustificatamente una crepa e prefigurando uscite infelici. Nel 1992 invece, questo attesissimo album spazzò via tutto quanto si era detto a vanvera nelle testate giornalistiche. Le paure dell’uomo, le sue insicurezze e la sua rabbia nei confronti di un mondo opinabile sono gli argomenti fondanti di “Fear Of The Dark” che sciorina un campionario di orrori e fobie da impallidire: Be Quick or Be Dead condanna i numerosi scandali politici legati al mercato azionario verificatisi in quel periodo; Afraid to Shoot Strangers tratta la paura di partire per la guerra; Fear Is The Key, scritta poco dopo la morte di Freddie Mercury, è il contributo dei Maiden al tema dell’AIDS, mentre The Fugitive, ispirata all’omonima serie TV, mette in scena l’angoscia kafkiana di un uomo ingiustamente condannato per omicidio che deve fuggire e al tempo stesso smascherare i veri colpevoli; infine la title-track, manifesto del disco e testimonianza lucidissima dell’immortale paura dell’uomo per il buio.

Festeggiando il trentennale di “Fear Of The Dark” ci si accorge che le tematiche su cui è incentrato sono ancora attualissime: il nono album degli Iron Maiden condanna ogni tipo di anticonformismo e ingiustizia sociale ed è uno spirito guida da tenere vicino ancora oggi.

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