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Merzbow & Lawrence English – Eternal Stalker

2022 - Room 40
noise

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Tracklist

1. The Long Dream
2. A Gate of Light
3. The Visit
4. Magnetic Traps
5. The Golden Sphere
6. Black Thicket
7. A Thing, Just Silence


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Nella loro prima collaborazione ufficiale, il sacerdote giapponese del noise Masami Akita, aka Merzbow, e lo scultore sonoro australiano Lawrence English presentano un ritratto straziante e surrealista, “Eternal Stalker”, dell’attività industriale notturna, generato da registrazioni sul campo effettuate in un complesso industriale tentacolare a sette ore a nord della casa di English, a Brisbane. English descrive l’area come “inquieta e inquietante”, inondata dal bagliore malato delle fonderie e dei macchinari per la raffinazione, in qualche modo non appartenente a questo mondo – una qualità liminare vividamente catturata nella tentacolare opera purgatoriale di Andrei Tarkovsky, Stalker, a cui il titolo allude. Anche Akita ha descritto le prime bozze di “Eternal Stalker” come “la colonna sonora di un’opera di fantascienza distopica”. Un’atmosfera di terrore meccanico e di futuro in rovina permea ciascuna delle sette potenti composizioni dell’album. English fornisce i campioni e la forma generale del brano mentre Merzbow, analogamente al suo ruolo recente nelle collaborazioni con Boris o con il trio jazz che comprende lui, Mats Gustafsson e Malazs Pandi, ne regola l’atmosfera. La combo, quindi, è irresistibilmente inquietante. O forse no. L’ascolto richiede presenza, attenzione al dettaglio sonoro e, in questo caso, anche scultoreo. E nella presenza, nell’attenzione c’è della delicatezza.

“Eternal Stalker” è una storia fatta di lamiere industriali, di fragori, di bagliori. È una storia raccontata da capannoni industriali vivi e morti, vittime senza colpa del progresso o regresso industriale, dipende da che punto si vuole vedere la storia. L’apparente compattezza del sound wall non stanca, nei miei mille ascolti fatti per entrate nel vivo dell’immaginario di Merzbow e English mi sono persino emozionata. Non credo abbia senso decostruirla ed analizzare la potenza dell’album traccia per traccia. Il dialogo tra i due genera continue tensioni dinamiche, come se un vento marcio minacciasse, sbattendo contro le finestre, ma senza eruttare. Non perde mai, per tutto l’album, la sua voglia di esplodere, di urlare e distruggere. La minaccia indugia, indietreggiando come se si preparasse all’esplosione fatale di un rumore violento, prima di riassestarsi nel sibilo insensibile e intorpidito di una pioggia immonda. Anche quando un’esplosione di suono arriva verso la fine del disco, non sembra l’eruzione minacciata. Anche questo sembra intenzionale. Piove e piove e piove. Da The Long Dream a A Thing, Just Silence. Piove e il vento fischia, grida attraverso le macchine, attraverso i vetri rotti, attraverso quel che resta dell’umano.

Il riscaldamento globale è la morte più lenta, ci siamo costruiti l’inferno con le nostre stesse mani, fino all’attimo, non il giorno, ma l’attimo inafferrabile e nella nostra mente intangibile, in cui non ci sarà più niente per vivere, nemmeno l’aria. La raffinatezza di “Eternal Stalker” riflette un senso di violenza molto più cupo e nichilista di quanto potrebbe mai fare uno sfogo petulante, fine a se stesso come una banale lamentela. Questa non è l’arte di bambini arrabbiati che colorano il foglio di nero o scaricano rifiuti nei musei pensando di porre l’attenzione verso qualcosa che non è se stessi. Questa è la sobria, e per questo lucida e spietata, profezia di sventura di persone che hanno visto le generazioni prima di loro e dopo di loro tentare e fallire nel tentativo di alterare il corso di un pianeta morente.

Facciamo un gioco: mettiamo su un “bel” disco jazz, di quelli lounge che vanno di moda agli apericena pieni di spritz e risvoltini, abbassiamo il volume di “Eternal Stalker” e osserviamo quanto accade nel momento in cui la realtà patinata e quella vera si sovrappongono. Bello, eh?

Il riferimento esplicito al film di Tarkovskij ha senso; anche quello era uno sguardo lento e terrificante su come le scorie nucleari del mondo moderno rispecchino un senso di ineluttabile sventura, una spirale in cui sembriamo essere bloccati dalla Prima Guerra Mondiale, se non dalla rivoluzione industriale. Il fatto che si possano fare collegamenti di questo tipo di arte attraverso il tempo è di per sé terrificante, un’indicazione che queste cose sono in qualche modo ineluttabili.

Potrei stare qui ore a descrivere quanto è devastante l’ascolto di “Eternal Stalker”, quanto risulta commovente ed emozionante, ma chiudo lasciando aperto qualcosa, per citare lo Stalker di Tarkovskij, “come per miracolo, la musica penetra l’animo umano. Che cosa risuona in noi, in risposta al rumore elevato ad armonia?”

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