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Brian Jonestown Massacre – Fire Doesn’t Grow On Tree

2022 - A Recording LTD
alternative rock / psych

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Tracklist

1. The Real
2. Ineffable Mindfuck
3. It’s About Being Free Really
4. What’s In A Name
5. Silenced
6. Before And After land
7. You Think I’m Joking?
8. #1 LUCKY KITTY
9. Wait A Minute (2:30 to be exact)
10. Don’t Let Me Get In Your Way


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Avete presente quelle band che già dalla prima nota ti sembrano uscite dalle coste californiane dell’estate dell’amore della fine degli anni 60? E vi è mai successo di venir sommersi da un’ondata di colori psichedelici fuoriusciti da un disco appena fatto partire sul piatto (…sul lettore cd o su qualunque altro cavolo di player dello smartphone)?

Ecco a me è successo più volte, salvo poi scoprire che la band in questione non era affatto californiana e il disco in oggetto era uscito tipo il mese precedente. La band di Anton Newcombe, i Brian Jonestown Massacre, qui al loro 22esimo album in studio invece è proprio californiana verace. Magari non ha mosso i primi passi esattamente nell’estate del 1967 e verace non è proprio l’aggettivo corretto, ma il DNA è di quelli geneticamente modificati a suon di Jefferson Airplane, Grateful Dead, Love e tutto ciò che in quegli anni seguiva la scia dei trip lisergici collettivi.

Dal 1991, anno delle prime sperimentazioni sonore del suo fondatore, quel pazzo/folle/controverso/egomonster/mistico/guru di Newcombe, la band ha visto l’avvicendarsi di un numero consistente di musicisti tra cui i soli Ricky Maymi, Matt Hollywood e Jeff Davies sono stati membri (quasi) in pianta stabile.

Da quei primi dischi sono passati più di 30 anni, ma i colori non hanno perso né saturazione né intensità. La nave ha mantenuto la stessa rotta senza mai operare virate improvvise e nessuna nuova direzione musicale è stata ricercata o intrapresa. I Brian Jonestown Massacre erano e sono rimasti i Brian Jonestown Massacre.

Poderoso rock underground era e altrettanto poderoso e granitico rock è rimasto. Chitarre psichedeliche, occhi rivolti verso il basso a fissare il dancefloor, noise-pop mistico e folk-rock con il vento tra i capelli. Di alti e bassi ce ne sono stati, questo è vero, ma sono riferibili più al volubile umore e alle varie dipendenze tossiche di Anton Newcombe che alla qualità della pregevole musica prodotta in questi anni.

Non sono mancati bui creativi, pause di riflessione e trasferimenti più o meno fruttuosi nel vecchio continente, ma ogni volta il ritorno alla musica è stato luminoso e mai deludente. “Fire Doesn’t Grow On Tree” non fa eccezione.

Cavalcate ipnotiche, melodie eteree, atmosfere sognanti e lisergiche al limite tra il prog, la psichedelia e il paisley sound. Non c’è canzone del disco che ne abbassi il livello. The Real, Ineffable Mindfuck, It’s About Being Free Really e poi What’s In A Name, Silenced e ancora Before And After land,You Think I’m Joking? e via via fino alle conclusive #1 LUCKY KITTY, Wait A Minute (2:30 to be exact) e Don’t Let Me Get In Your Way. Come posso non citarle tutte una dietro l’altra? Mi è impossibile. Se voi ne siete capaci fatemi pure sapere! Il livello emotivo ed emozionale rimane intatto dal primo all’ultimo minuto senza mai virare verso momenti di minore intensità.

Chi li ha amati fino ad oggi continuerà ad amarli visceralmente, chi li ha scoperti solo adesso passerà intere serate a riascoltarsi tutti i loro dischi precedenti e chi non li ha mai amati sarà in giro in qualche festival estivo ad ascoltare qualche cantante con l’autotune.

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