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Norma Jean – Deathrattle Sing For Me

2022 - Solidstate Records
metalcore / sludge

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Tracklist

1. 1994
2. Call For The Blood
3. Spearmint Revolt
4. Memorial Hoard
5. Aria Obscura
6. Any%
7. Parallela
8. WWAVVE
9. A Killing Word
10. Penny Margs
11. el-roi
12. Sleep Explosion
13. Heartache


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La band metalcore americana Norma Jean torna con il nono album in studio intitolato “Deathrattle Sing For Me” e già dai primi tre singoli possiamo capire quanto la band sia carica e arrabbiata come non mai.

Dopo aver portato alla luce uno stile inconfondibile con “O God, The Aftermath” nel 2005 e aver avuto come partner creativo l’iconico produttore Ross Robinson in “Redeemer” (2006) e The Anti-Mother (2008), quest’ultimo lavoro arriva acclamatissimo dalla critica con molte novità compositive rispetto al passato. Il nuovo suono dei Norma Jean, come pure l’artwork, ha preso ispirazione soprattutto dagli anni ‘90, prendendo come esempio band del calibro di Alice In chains, Smashing Pumpkins e White Zombie.

Questa volta hanno i nostri ampliato le armonie lavorando di sovraincisioni con la bellezza di oltre 200 tracce tra voce, chitarre, archi e campioni su tagli selezionati. È lo stesso Cory Brandan, voce del gruppo, a definirlo un lavoro estremamente denso: “Volevamo veramente offrire all’ascoltatore l’esperienza di sdraiarsi sul pavimento con le cuffie e assorbire tutti questi strati”. Qui la post-produzione ha assunto un gran significato e un’importanza totale, diventando essa stessa più di uno strumento suonato. In effetti appena iniziano le tracce pare di aver la sensazione di percepire attorno un muro di suono invalicabile che ti blocca il respiro. E ci piace.

La traccia di apertura 1994 inizia con colpi, suoni e rumori vari come se da un momento all’altro potesse accadere un cataclisma, ed è proprio all’attacco di tutti gli strumenti insieme che una bomba ad orologeria scoppia nel cervello. Prepariamoci, perché i Norma Jean hanno affilato per bene le lame delle loro motoseghe e noi non abbiamo scampo. Il brano è una rievocazione, un’immagine della scena di quei anni ’90 in cui il gruppo dalla Georgia è cresciuto: i live in case abbandonate, la storia della vecchia scuola fatta di sangue e sudore.

Ma parliamo ora del primo singolo Call For The Blood, che vanta chitarre uniche dal suono digitale. Potremo definirla come l’urlo di battaglia dell’album, è una canzone che rappresenta la personalità dell’intero lavoro. Anche se è stata tutta “costruita” in studio da idee precedentemente manipolate, ha un’energia e una cattiveria viva e molto cruda, con la performance alla voce di Cory che si dimostra ancora tra i migliori della sua generazione. Subito abbiamo la dimostrazione del lavoro digitale in studio con ronzii di feedback e campionamenti disturbati che accompagnano i versi della voce estenuante e maniacale, quasi corrosiva all’unisono con le chitarre, con un ottimo ritornello sorprendentemente orecchiabile. Una delle canzoni più strane che abbiano mai scritto, e che nessuno si aspetterebbe a detta della band.

La terza Spearmint Revolt, originariamente concepita e scritta da Grayson Stewart, prima chitarra del gruppo, è imperniata su di un ritmo carico e un groove altalenante, dove all’esatto minuto 2.27 si arriva al livello di sopportazione del dolore in si accetta tutto così com’è e si lascia andare la propria esistenza. Memorial Hoard è una (ri)scoperta di se stessi mentre si vaga inconsapevolmente nel vuoto alla ricerca di un appoggio, di una luce che nel finale si intravede sempre di più, ma molto soffusa e ancora via via va a scomparire nel nulla.

In Aria Obscura e Any% esce quel metalcore che tutti noi conosciamo, tracce che rimandano a breakdown, parti più melodiche e ancora intermezzi veloci Hardcore. Da notare in Any% l’inserimento di violini e risate di bambini che rendono il tutto più ansiogeno. Particolare è invece Parallela, che potrebbe ricordare un po’ i tempi hip hop alla Limp Bizkit o ancora l’industrial di Marilyn Manson (no, non è la cover di Tainded Love) che non rientra proprio nella discografia della band dalla Georgia.

WWAVVE inizia con un giro di chitarra con sonorità stoner/sludge, quest’ultimo molto caro al gruppo, fino ad esplodere in assoli schitarrosi e metallossi con la voce di Cory che scandisce il tempo. Ancora una volta un po’ di distorsioni contorte e suoni alla Nintendo in A Killing Word, che cambia subito lo stile dal Southern Rock della chitarra fino a reindirizzarsi subito con brutalità sulla retta via. Notevole il doppio pedale di Matt Marquez che meriterebbe un approfondimento e una monografia a parte su come un batterista riesca sempre a essere perfetto per una band, potentissimo, originale nei tempi e allo stesso tempo sporco nello stile, che non guasta mai.

Penny Margs potremmo dire che sia composta da due parti, ossia una prima di calma apparente che sfocia poi nella metà in pura rabbia Noise da distruggere e dare fuoco al palco. Sleep Explosion invece tempera un violento esaurimento conclusa la precedente el-roi, con una melodia oscura e psichedelica che viene scandita dalle varie stratificazioni della voce, ruggente e viscerale. I controtempi tra chitarra e batteria fino allo spasimo del Breakdown, che prima ti spezza le gambe e immediamente ti fa saltare in aria anche se il tuo corpo è pesante come un macigno.

Il tutto si esaurisce lentamente e Heartache chiude “Deathrattle Sing For Me”. Questi ultimi otto minuti sono composti da una chitarra pulita e un basso robusto, circondati da echi sognanti che offrono l’ultima espirazione intrisa di pura verità. Traccia che non può essere più ideale di così per concludere un album che dona sempre un abbraccio soffocante e che accompagna mano a mano fino all’ultimo respiro.

Anche se non sono presenti hit importanti, quest’ultimo è un album solido, fresco, passionale che si discosta anche dal genere metalcore da classifica standardizzato e un po’ appiattito che ha compiuto ormai vent’anni. I Norma Jean invece, in ogni lavoro riescono sempre ad accendere la miccia e illuminare il nostro creato con il loro stile inconfondibile, nonostante i continui cambi di line-up che in quanto poco ti obbligano sempre a trovare nuove strade.

Inoltre secondo me, al contrario di altri, ogni canzone contenuta in questo e passati album, come i precedenti All Hail , Polar Similar, Wrongdoers e Meridional posso benissimo essere mischiate e rientrare a caso in uno di essi. Questo perchè il mondo cambia, ma la sostanza rimane la stessa. Ed è in questo che i Nostri si differianziano dal resto delle band.

Sicuramente un album esplosivo ma con la speranza che la nostra Deathrattle ci mantenga ancora in vita grazie al suo canto malefico tenendoci appesi asd un filo. Non è un album da fighetti.

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