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Olhava – Reborn

2022 - Avantgarde Music
dark ambient / black metal

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Tracklist

1. Mirror
2. Reflection
3. Reborn I
4. Reborn II


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Dopo i primi due album autoprodotti, “Olhava” e “Never Let Me Alone”, e i due con l’etichetta Slowsnow Records, “Ladoga” e “Frozen Bloom”, gli Olhava sono giunti al loro terzo lavoro ufficiale, “Reborn”, il primo con l’etichetta Avantgarde Music. Perché questo preambolo sulle label? Semplice, perché grazie alla casa discografica italiana, il duo russo composto da Andrey Novolizhov e Tumur Yusupov ha finalmente compiuto il grande salto, sia a livello di produzione sia a livello musicale.

Arrivati alla corte di Mammarella, gli Olhava sono passati da paesaggi prevalentemente ambient naturalistici e a tratti confortevoli a sonorità dark ambient, la natura cessa di essere un luogo passivo da preservare, da difendere, per consentire a noi comuni mortali di perdercisi, rilassarsi e meditare, ma diventa il nostro giustiziere, e per l’ uomo il mezzo per confrontarsi con le nostre profondità più oscure.

Reborn” è la storia dell’ uomo che volta le spalle alle sue stesse radici, alla Terra, causandone danni irreversibili, ma l’unica vittima di tutto ciò sarà l’uomo stesso, non la Natura che tornerà a prosperare eternamente.

C’è molta analogia con l’uomo che tende ad autodistruggersi e che cerca una via di salvezza. Emblema di questo cambiamento è Mirror, lo Specchio, il primo brano, che come abbiamo visto in tanti lavori letterari e cinematografici, rappresenta una sorta di passaggio tra la nostra superficie e il nostro Io più intimo.

Mirror inizia proprio come finisce il disco precedente, “Frozen Bloom”, sinth a tappeto a crearti una sensazione di tranquillità, ma stavolta non siamo all’epilogo di una storia bensì ne siamo al suo inizio, cosi succede che dopo circa quattro minuti di etereo, ci ritroviamo di fronte allo Specchio, e inizia il tumulto interiore, entrano i drums, i synths si fanno più intensi, e gli screams ti indicano che il luogo dove ti stanno conducendo gli Olhava, è tutt’altro che un posto confortevole. Da questo momento in poi hai circa un quarto d’ora per scavarti dentro, distruggerti e provare a rimettere insieme i pezzi.

Reflection, il secondo brano, è la Natura che ci viene incontro sotto forma di soundscape frippiana, ci tende la mano, è la linfa vitale che sta a noi accogliere e assorbire, per dare vita a un nuovo inizio, in cui Uomo e Natura potranno coesistere. Reborn I ha tutti i prodromi di un risveglio da un incubo, sinths in crescendo e screams che si riaffacciano all’ascoltatore, ma stavolta le urla, piu’ che di terrore, sembrano uno sfogo, una liberazione, con un’apertura finale che può significare che finalmente c’è luce, speranza. Reborn II però ci ripiomba nell’ angoscia, e forse nella fine.

A questo punto il binomio degli ultimi due brani, Reborn I e Reborn II, lo possiamo analizzare in due ottiche ben distinte. Nel primo caso, i due brani sono consequenziali, quindi nonostante la Natura cerchi di venire incontro all’ uomo, sarà vano provare a ricongiungersi ad essa, in quanto l’uomo è creatura imperfetta, nel secondo caso, mi piace pensare che i due ultimi brani rappresentino una sorta di finale alternativo, il primo con esito positivo, il secondo con esito negativo, e starà a noi scegliere

In conclusione posso ben dire che raramente ho trovato così tanta sintonia tra il titolo di un brano e la musica espressa, gli Olhava hanno fatto un gran lavoro e “Reborn” è un gioiellino del genere dark ambient, da avere sicuramente nella propria collezione e da ascoltare nei momenti da dedicare a noi stessi per rifocillarci di energie vitali, e magari anche per inculcarci maggiore consapevolezza del nostro posto nel mondo.

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