Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Diamanda Galás – Broken Gargoyles

2022 - Intravenal Sound Operations
sperimentale

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Broken Gargoyles I. Mutilatus
2. Broken Gargoyles II. Abiectio


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Quando nel 2017 mi recai alle Lavanderie a Vapore di Collegno per immortalare il concerto di Diamanda Galás mi resi conto di quanto lo spazio dell’atto performativo, anche nel caso di un “concerto” (se così possiamo chiamarlo) possa essere malleabile. Di come la distanza tra pubblico e artista possa mutare nel corso di una manciata di minuti, come fosse un elastico metafisico. Il tutto non solo grazie a voce e pianoforte, ma anche al corpo, lo spazio che occupa nella performance e nel mondo possa estendersi fino al soffitto e farsi minuscolo. Questo è il potere di colei che negli anni è stata soprannominata la “blueswoman satanista”.

Spesso gli album come quelli di Galás sembrano uscire “zoppi”, poiché manca tutta una parte visuale a completarne l’esperienza e, a tutti gli effetti, “Broken Gargoyles” è nato avendola, essendo un’installazione sonora nata per vivere nel Santuario dei Lebbrosi di Hanover, in Germania, nel 2020, quando la pandemia dei nostri tempi era al massimo del suo orrorifico potere. Il Santuario fu eretto nel 1250 per accogliere coloro che avevano contratto la peste nel Medioevo. La Storia si ripete sempre uguale, in Eterno Ritorno. Galás si insinua tra le pieghe nel tempo e assieme al sound designer Daniel Neumann ne prende i risvolti fino a tradurli in un presente di pura e semplice oscurità, rendendo assolutamente non necessario vedere con gli occhi, lasciando fare tutto il lavoro all’apparato uditivo.

Nei due lunghi movimenti che compongono l’album (Mutilatus e Abiectio) la voce dell’artista californiana si trasforma in continuazione, gettando l’ascoltatore in un labirinto spaventoso e privo di uscite. La tortura sonora passa da gutturali deformazioni spaziali a grida disumanizzanti, declamazioni stentoree e sfiancanti, in cui Diamanda taglia e cuce due composizioni del poeta teutonico Georg Heym (“Das Fieberspital” e “Die Dämonen Der Stadt”), stillandone ogni goccia di dolore rendendole maleficio, oscurità eterea che si dipana in forme oltre l’umana comprensione.

Rumore e disgregazione elettronica, bordoni drone che atterriscono, strati sintetici che sanno di zolfo e archi digrignanti zanne di onice, la pelle accapponata e un senso di perdizione assoluta e ineluttabile si fanno strada nel cuore. La malattia presente e passata si incontrano nel buio e generano un demone che osserva le città dall’alto della sua statura ciclopica, con la corona di dolore calcata in testa, mentre la voce di Galás si sdoppia e torna una, una moltitudine di voci e poi il silenzio e ancora rumore fino a far esplodere le coronarie.

L’anima che non tutti percepiscono si tinge così di un nero senza fondo, donando a “Broken Gargoyles” una patina di delirante bellezza che si sgretola piano, fino al crollo finale.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni